Entrò Pérez, informò Falcón sulla stanza in cui si trovava la prostituta e gli diede il cambio nell'interrogatorio di Lucena.
La ragazza, seduta al tavolo, fumava impilando due pacchetti di Fortunas l'uno sull'altro, a ritmo continuo come in uno strano gioco. Aveva i capelli corti, sembrava che se li fosse tagliati da sola e senza uno specchio. Fissava lo schermo spento della TV, ombretto azzurro, labbra rosse. Una parrucca bionda era appesa alla spalliera di una sedia non occupata. Indossava una minigonna scozzese, una camicetta bianca e stivali neri. Era minuta, aveva l'aria di una scolaretta, ma gli occhi scuri rivelavano tutta la depravazione che avevano visto in quella specie di prolungata assenza dai banchi di scuola.
Ramírez accese il registratore, identificò la ragazza come Eloisa Gómez e presentò se stesso e Falcón.
«Sai perché sei qui?» domandò l'ispettore capo.
«Non ancora. Hanno detto che era per qualche domanda, ma io vi conosco voialtri, ci sono già stata qui, conosco i vostri giochetti.»
«Noi siamo diversi», disse Ramírez.
«D'accordo. Siete diversi. Chi siete?»
Falcón scosse la testa in modo quasi impercettibile in direzione di Ramírez.
«Eri con un cliente la notte scorsa…» riprese.
«Sono stata con un sacco di clienti la notte scorsa. È la Semana Santa», ribatté la ragazza. «Per noi è il momento di maggior lavoro dell'anno.»
«Più ancora della Feria?» domandò Ramírez, vagamente sorpreso.
«Certamente. Specie gli ultimi giorni, quando arriva la gente da fuori.»
«Uno dei tuoi clienti si chiamava Raúl Jiménez. Sei stata da lui ieri sera nel suo appartamento all'Edificio Presidente.»
«Lo conoscevo come Rafael. Don Rafael.»
«Lo avevi incontrato altre volte?»
«È un cliente fisso.»
«A casa sua?»
«Ieri sera è stata forse la terza o la quarta volta nel suo appartamento. In genere lo facciamo in macchina.»
«E questa volta com'è andata?» domandò Ramírez.
«Mi ha chiamato sul cellulare. Il mio gruppo di ragazze ha comprato tre telefonini l'anno scorso.»
«A che ora?»
«Non ho preso io la telefonata, ero con un altro… ma dev'essere stato verso mezzanotte. La prima volta.»
«La prima volta?»
«Voleva parlare solo con me, perciò ha richiamato verso mezzanotte e un quarto. Mi ha chiesto di andare a casa sua. Io gli ho detto che stavo facendo un sacco di soldi sulla plaza e lui mi ha chiesto quanto volevo. Gli ho detto centomila.»
Ramírez scoppiò in una gran risata.
«Semana Santa davvero!» esclamò. «È un prezzo assurdo.»
Rise anche la ragazza, rilassandosi un poco.
«Non dirmi che l'ha pagato», disse Ramírez.
«Ci siamo accordati per cinquanta.»
« Joder! »
«Come sei arrivata fin là?» domandò Falcón, cercando di tornare al punto.
«In taxi», rispose lei, accendendosi una Fortuna.
«A che ora ti ha lasciato davanti all'edificio?»
«Mezzanotte e mezzo, o poco dopo.»
«Non c'era nessuno in giro?»
«Io non ho visto nessuno.»
«E nel palazzo?»
«Non ho visto nemmeno il portinaio e mi ha fatto piacere. Non c'era nessuno neanche in ascensore o sul pianerottolo e lui mi ha fatto entrare prima ancora che suonassi il campanello, come se stesse guardando dallo spioncino.»
«Non lo hai sentito girare la chiave?»
«Ha aperto e basta.»
«Ha chiuso a chiave la porta dopo averti fatto entrare?»
«Sì. Non mi è piaciuto, ma lui ha lasciato la chiave nella serratura, perciò non ho protestato.»
«Che cos'hai notato nell'appartamento?»
«Che era praticamente vuoto. Mi ha detto che stava traslocando. Gli ho chiesto dove, ma non mi ha risposto. Aveva altro per la mente.»
«Raccontaci tutto perbene.»
La ragazza sorrise divertita, scuotendo la testa, come a dire che gli uomini erano uguali in tutto il mondo.
«L'ho seguito nel corridoio fino al suo studio. C'era la TV in un angolo, davano un vecchio film. Lui ha preso una cassetta dalla scrivania e l'ha messa su, poi mi ha chiesto di indossare una gonna blu che mi arrivava al ginocchio e un maglione blu sopra la camicia. Mi ha detto di farmi i codini. Portavo una parrucca nera, lunga», spiegò. «Preferisce le brune.»
«Lo hai visto prendere una pillola?»
«No.»
«Non hai osservato niente di strano a parte la mancanza di mobili?»
«Strano come?»
«Niente che ti abbia innervosito?»
La ragazza rifletté, desiderosa di collaborare, alzò un dito e i due si sporsero in avanti.
«Non aveva le scarpe», disse, «ma non è che questo mi abbia terrorizzato.»
I due si accasciarono sulla sedia.
«Ehi! È colpa vostra! Mi fate vedere cose che non ci sono!»
«Vai avanti», disse Ramírez.
«Gli ho chiesto i soldi e lui mi ha dato un po' di biglietti da cinquemila che io ho contato, poi ha preso il telecomando e ha avviato un film porno. Si è tolto i calzoni. Voglio dire che li ha lasciati cadere a terra e li ha scavalcati. E abbiamo cominciato.»
«Che cosa mi dici delle finestre?» domandò Ramírez.
«Che cosa c'entrano le finestre?»
«Eri girata verso le finestre.»
«Come fa a saperlo?»
« Presume che tu fossi girata verso le finestre», disse Falcón.
«Le tende erano tirate», rispose la ragazza, ormai insospettita.
«E così avete fatto sesso», riprese Ramírez. «Quanto è durato?»
«Più del previsto.»
«Per questo ti giravi a guardare?» domandò Ramírez.
Gli occhi bruni si fecero duri. Quelli non erano i soliti giochetti.
«Chi siete ?» domandò sospettosa.
«Inspector Ramírez», disse l'uomo, secco come uno sherry.
«Siamo del Grupo de Homicidios», spiegò Falcón.
«L'hanno ammazzato ?» esclamò lei, guardando ora l'uno ora l'altro dei due uomini, che annuirono.
«La persona che l'ha ucciso si trovava nell'appartamento mentre eri là.»
La ragazza si strappò la sigaretta di bocca e soffiò via il fumo con forza.
«Come lo sa?»
Ramírez, che in precedenza aveva inserito la cassetta nel videoregistratore, premette il tasto del telecomando, così che lo schermo fu istantaneamente riempito dal corridoio vuoto, dal gancio sul muro, dalla luce proveniente dalla porta dello studio mentre l'audio emetteva i suoni delle due finte estasi di piacere mescolati assieme. Falcón si sentì rizzare i capelli sulla nuca. La telecamera voltò l'angolo e la ragazza, che fissava lo schermo ipnotizzata, vide se stessa inginocchiata davanti a Raúl Jiménez, il viso rivolto verso le tende, mentre l'uomo guardava lo schermo. Vide se stessa girare la testa, poi la telecamera sobbalzò all'indietro nell'oscurità.
Mandata la sedia a sbattere sul pavimento, la ragazza si mise a passeggiare avanti e indietro. Ramírez spense il televisore.
«È allucinante!» esclamò lei, indicando lo schermo con le dita che stringevano la sigaretta.
«Non hai notato nulla?» domandò Falcón.
«Non so se siete stati voi a mettermi certe cose in testa, ma ora mi sembra di ricordare qualcosa», rispose lei, chiudendo gli occhi. «È stato solo un cambiamento della luce, un'ombra che si muoveva. Nel mio lavoro questo mi spaventa… quando le ombre si muovono.»
«Quando le tenebre hanno una vita propria.» Le parole sfuggirono di bocca a Falcón e gli altri due lo guardarono perplessi. «Ma non hai reagito… a queste ombre che si muovevano?»
«Ho creduto di averle immaginate e comunque lui ha raggiunto il culmine proprio allora e mi sono distratta.»
«E dopo?»
«Mi sono lavata in bagno e me ne sono andata.»
«Ha richiuso la porta a chiave quando sei uscita?»
«Sì. Come aveva fatto prima. Cinque o sei mandate. L'ho sentito anche sfilare la chiave. Poi è arrivato l'ascensore.»
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