«Che ora era?»
«Non credo che fosse molto dopo l'una. All'una e mezzo ero con un altro cliente sull'Alameda.»
«Cinquantamila», disse Ramírez. «Non male come tariffa oraria.»
«Per guadagnare altrettanto a lei ci vorrebbe un bel po' di tempo», ribatté la ragazza, e risero tutti e due.
«Qual è il tuo numero di cellulare?» domandò Falcón e di nuovo gli altri due risero finché non si accorsero della sua serietà: Eloisa snocciolò subito il numero.
«Bene», osservò Ramírez, ancora di buonumore, «mi pare che sia tutto, tranne… sono sicuro che ha tralasciato qualcosa, non è così, Inspector Jefe?»
«Vi ho detto tutto quello che è successo», protestò lei.
«Eccettuata la cosa più importante», disse Ramírez. «Non ci hai detto quando lo hai fatto entrare nell'appartamento.»
Le occorsero alcuni secondi per afferrare le implicazioni delle parole pronunciate in tono blando, poi la sua espressione si indurì, il viso simile a una maschera funeraria.
«Mi sembrava che lei fosse troppo perfetto per essere vero», osservò.
«Non sono perfetto», affermò Ramírez, «e non lo sei nemmeno tu. Sai che cosa ha fatto quel tizio, quello che hai fatto entrare nell'appartamento? Ha torturato un vecchio fino alla morte, ha fatto soffrire il tuo Don Rafael nel modo più atroce, non abbiamo mai visto niente di simile in tutta la nostra carriera. No, non l'ha ucciso con un colpo di pistola alla testa e nemmeno con una pugnalata al cuore, è stata una tortura lenta… brutale.»
«Non ho fatto entrare nessuno nell'appartamento!»
«Hai detto che aveva lasciato la chiave nella serratura», intervenne Falcón.
«Non ho fatto entrare nessuno.»
«Hai detto di aver visto qualcosa», disse Ramírez.
«Siete stati voi a farmi pensare di aver visto qualcosa, ma non ho visto nulla.»
«La luce era cambiata», insistette Ramírez.
«Le ombre si erano mosse», disse Falcón.
«Non ho fatto entrare nessuno», affermò la ragazza parlando lentamente, «è andata come vi ho detto.»
Conclusero l'interrogatorio verso le 16.30 e Falcón mandò Ramírez con la ragazza da una donna poliziotto, perché la scientifica potesse poi identificare il pelo pubico trovato nello studio. Mentre uscivano udì Ramírez parlarle come se fossero vecchi amici e stessero andando a farsi una cervecita , anche se le parole erano diverse.
«No, lascia che te lo dica, Eloisa, se fossi in te lascerei perdere quel tipo, lo scaricherei come una patata bollente. Se può uccidere un uomo in quel modo, può far fuori anche te. Può ammazzarti senza il minimo scrupolo. Perciò, stai in guardia. Se ti viene un sospetto, un dubbio, chiamami subito.»
Tornato nel suo ufficio, Falcón telefonò a Baena e a Serrano per vedere se avessero trovato un testimone all'esterno dell'Edificio Presidente. Nessun testimone. Poca gente in giro, negozi chiusi, la maggior parte degli abitanti della zona in centro per le processioni.
Riagganciò e fece scrocchiare le dita l'una dopo l'altra, un'abitudine che Inés detestava ma che era un gesto inconsapevole utile a schiarirgli le idee. A sua moglie metteva i brividi.
Chiamò il Comisario Lobo, il quale gli disse di passare dal suo ufficio, e mentre si dirigeva all'ascensore Falcón vide Ramírez e gli disse di preparare le scartoffie per l'incontro con il Juez Calderón. Salì all'ultimo piano. La segretaria di Lobo, una sivigliana dai modi spicci che teneva da parte qualsiasi giovialità per il tempo libero, gli comunicò con un battito di ciglia che poteva entrare.
Lobo, rivolto verso la finestra, teneva le mani incrociate dietro la schiena e piegava ritmicamente le ginocchia contemplando al di là della strada la vegetazione lussureggiante del parque de los Príncipes. Basso e tarchiato, aveva mani grandi, agricole, collo taurino e capelli grigi. Aveva sempre portato occhiali pesanti dalla montatura nera, reperti di un'altra era, fino all'anno prima quando sua moglie lo aveva convinto a passare alle lenti a contatto: un tentativo di migliorare la sua immagine che si era rivelato un fallimento perché aveva gli occhi color del fango e la mancanza della cornice aveva reso il naso ancora più adunco, scoprendo anche troppo la faccia grossolana. Le labbra sottili erano poco più scure della carnagione color cumino. Una faccia poco raccomandabile, ancor meno di quelle rinchiuse in cella, ma l'uomo era un bravo capo, che parlava chiaro e sosteneva sempre i suoi sottoposti.
«Sa di che cosa si tratta?» disse senza voltarsi.
«Di Raúl Jiménez.»
«No, Inspector Jefe, si tratta del Comisario León.»
«Era nelle fotografie appese nello studio di Jiménez.»
«Con chi era a letto?»
«Non era quel genere di…»
«Sto scherzando, Inspector Jefe», lo interruppe Lobo. «Probabilmente lei ha visto molti altri funcionarios in quelle foto.»
«Sì.»
«Ha visto anche me?»
«No, Comisario.»
«Perché io non ci sono, Inspector Jefe», disse Lobo avvicinandosi rapidamente alla scrivania.
Sedettero, e Lobo strinse le mani come se volesse schiacciare una piccola testa.
«Lei non era qui al tempo dell'Expo del 1992, non è vero?»
«Ero a Saragozza.»
«La situazione qui all'epoca dell'Expo del '92 era molto diversa da quella delle olimpiadi di Barcellona. Là, sono sicuro che lo ricorda, i catalani ne hanno tratto profitto, mentre qui per gli andalusi è stata una perdita paurosa.»
«Si era parlato di corruzione.»
«Parlato!» ruggì Lobo infuriato. «Non si trattava di chiacchiere, Inspector Jefe, la corruzione c'è stata, tanta che a non fare i milioni c'era da sentirsi imbarazzati. Così imbarazzati che quelli che non erano riusciti a gonfiarsi le tasche noleggiavano Mercedes o BMW per far sembrare vero il contrario.»
«Non lo sapevo.»
«E non soltanto la gente di qui. Arrivavano in forze anche da Madrid. Si era capito che a Siviglia prevaleva un certo comportamento, una certa negligenza, una mancanza di attenzione ai particolari che poteva essere sfruttata economicamente.»
«Che importanza può avere dopo dieci anni?»
«Ricorda quante persone sono state incriminate per questo?»
«Non ricordo, Comisario.»
«Nessuna!» sbottò Lobo, battendo sulla scrivania le mani intrecciate. «Nessuna.»
«Hermanos Lorenzo», disse Falcón. «Settore edile.»
«E allora?»
«Raúl Jiménez era in rapporti di affari con loro, rapporti finiti nel 1992.»
«Vedo che comincia a capire. Raúl Jiménez faceva parte della commissione dell'Expo de Sevilla, era tra i responsabili dello sviluppo edilizio dell'area. Hermanos Lorenzo non era la sola impresa edile con cui Jiménez fosse in contatto.»
«Non sono ancora sicuro di aver capito che cosa abbia a che vedere tutto questo con un omicidio avvenuto dieci anni dopo.»
«Forse nulla. Dubito anzi che esista qualche rapporto tra le due cose, ma se lei rimesterà nella merda, Inspector Jefe, verranno a galla cose sgradevoli.»
«E il Comisario León?»
«Non vuole brutte sorprese. Lei deve informare me su ogni punto 'delicato' e… nessuna fuga di notizie, Inspector Jefe, o ci faranno a pezzi.»
Lobo piaceva ai suoi uomini anche per l'eccezionale bravura nel far loro capire la gravità di una situazione. Falcón si alzò e si diresse alla porta, sapendo però che non era finita lì, perché Lobo amava dare una pacca finale ai suoi quando stavano per andarsene. Lasciava loro un'impressione più duratura.
«Probabilmente avrà pensato, con tutta la sua esperienza a Barcellona, Saragozza e Madrid, che il suo trasferimento in una città come Siviglia, una città di secondo piano in quanto a omicidi, sarebbe stato ben accolto.»
«Io non do niente per scontato, Comisario. La politica entra in tutte le nomine.»
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