Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6
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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6: краткое содержание, описание и аннотация
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8 8 Quest'odiosa legge vien riferita e confermata da Arcadio (an. 396) nel codice Teodosiano lib. IX. Tit. XXXVIII. leg. 9. Il senso della medesima come viene spiegato da Claudiano ( in Ruffin. I. 234 ) e dal Gotofredo (Tom. III p. 279), è perfettamente chiaro. … Exscindere cives Funditus, et nomen gentis delere laborat. Gli scrupoli del Pagi e del Tillemont non posson nascere che dal loro zelo per la gloria di Teodosio.. I più rei fatti però non impedivano al nuovo Prefetto dell'Oriente (poichè Ruffino immediatamente successe agli onori vacanti del suo avversario) di eseguire quei religiosi doveri, che in quel tempo si risguardavano come più essenziali per la salute. Aveva fabbricato nel sobborgo di Calcedonia, chiamato la Quercia, una magnifica villa, alla quale aveva devotamente aggiunto una splendida Chiesa consacrata agli Apostoli S. Pietro e S. Paolo, e continuamente santificata dalle preghiere e dalla penitenza di una regolare società di Monaci. Si convocò un numeroso e quasi general concilio dei Vescovi dell'Impero Orientale per celebrare nel medesimo tempo la dedicazion della Chiesa ed il Battesimo del Fondatore. Si fece questa doppia ceremonia con pompa straordinaria; e quando Ruffino fu purgato nel sacro fonte da tutte le colpe, che aveva fin allora commesse, un venerabil eremita dell'Egitto imprudentemente si presentò per mallevadore di un altiero ed ambizioso politico
9 9 Amonius… Ruffinum propriis manibus suscepit sacro fonte mundatum . Vedi Rosweyde Vit. Patrum p. 947 . Sozomeno (l. VIII c. 17) fa menzione della Chiesa e del Monastero, ed il Tillemont ( Mem. Eccl. Tom. IX. p. 593 ) rammenta questo sinodo, in cui S. Gregorio Nisseno fece una cospicua figura..
A. 395
Il carattere di Teodosio obbligò il suo Ministro all'ipocrisia, che mascherò, ed alle volte impedì l'abuso del potere; e Ruffino temeva di sturbare l'indolente sonnolenza di un Principe tuttavia capace di far uso dell'abilità e della virtù, che innalzato l'avevano al trono 10 10 Montesquieu ( Espr. des Loix l. 12 c. 12 ) loda una legge di Teodosio indirizzata al Prefetto Ruffino (lib. IX. Tit. IV. leg. unic.) per incoraggiare l'accusa delle parole contro il Principe o contro la Religione. Una legge tirannica prova l'esistenza della tirannia; ma un editto lodevole può solamente contenere le speciose proteste, o le inefficaci brame del Principe o dei suoi Ministri. Ho paura, che questo sia un giusto, sebbene mortificante, canone di critica.
. Ma l'assenza, e poco dopo, la morte dell'Imperatore confermò l'assoluta autorità di Ruffino sulla persona e gli stati d'Arcadio, giovane debole, che l'orgoglioso Prefetto considerava come suo pupillo, piuttosto che suo Sovrano. Non curando la pubblica fama, soddisfaceva egli le proprie passioni senza rimorso e senza resistenza; ed il maligno e rapace suo spirito rigettava qualunque passione che avesse potuto contribuire alla propria gloria, o alla pubblica felicità. L'avarizia di lui, 11 11 … Fluctibus auri Expleri ille calar nequit · · · · · · · · · · · · · · Congestae cumulantur opes, orbisque rapinas Accipit una domus… Questo carattere (Claudian. in Ruffin. 2. 184-220 ) vien confermato da Girolamo, testimone disinteressato ( dedecus insatiabilis avaritiae Tom. I ad Heliodor. p. 26 ), da Zosimo ( l. V. p. 286 ) e da Suida, che copiò l'istoria d'Eunapio.
che sembra esser prevalsa nella corrotta sua mente sopra ogni altro sentimento, tirò a sè la ricchezza dell'Oriente per mezzo dei varj artifizj di una particolar e general estorsione, come di tasse oppressive, di scandalose corruzioni, di smoderate pene pecuniarie, d'ingiuste confiscazioni, di testamenti forzati o fittizi, coi quali il Tiranno spogliava i figli degli stranieri o dei suoi nemici della lor legittima eredità; e per mezzo della pubblica vendita della giustizia e del favore; infame traffico ch'ei stabilì nel palazzo di Costantinopoli. L'ambizioso candidato a spese della miglior parte del suo patrimonio ardentemente sollecitava gli onori ed i vantaggi di qualche provinciale governo; s'abbandonavano al più liberal compratore le vite ed i beni dell'infelice popolo; e la pubblica scontentezza alle volte veniva quietata dal sacrificio d'un delinquente non popolare, di cui la pena era sol vantaggiosa al Prefetto dell'Oriente, complice e giudice di esso ad un tempo. Se l'avarizia non fosse la più cieca fra le umane passioni, i motivi di Ruffino potrebbero eccitar la nostra curiosità; e saremmo tentati a cercare per qual fine violasse ogni principio d'umanità e di giustizia onde accumular quegl'immensi tesori, che egli non poteva spendere senza follia, nè possedere senza pericolo. Forse vanamente s'immaginava d'affaticarsi per l'utilità d'una sua figlia unica, alla quale aveva intenzione di dare in isposo il suo real pupillo, e l'augusto grado d'Imperatrice dell'Oriente. S'ingannò forse coll'opinione, che l'avarizia fosse l'istrumento della sua ambizione. Aspirava egli a stabilire la sua fortuna sopra una base indipendente e sicura, che non fosse più sottoposta al capriccio del giovane Imperatore; pure trascurò di conciliarsi la benevolenza de' soldati e del popolo mediante una generosa distribuzione di quelle ricchezze, che aveva acquistate con tanta fatica e con tante colpe. L'estrema parsimonia di Ruffino non gli lasciò che il rimprovero e l'invidia d'una male acquistata dovizia; i suoi domestici lo servivano senz'affezione; e l'odio universale dell'uman genere non era frenato che dall'influenza d'un timore servile. Il destino di Luciano mostrò all'Oriente, che il Prefetto, l'industria del quale era molto diminuita nella spedizione degli ordinari negozj, era instancabile ed attivo nel procurar la vendetta. Luciano, figlio del Prefetto Florenzio, oppressor della Gallia e nemico di Giuliano, aveva impiegato una parte considerabile del suo patrimonio, frutto della rapina e della corruzione, a comprar l'amicizia di Ruffino e l'alto uffizio di Conte dell'Oriente. Ma il nuovo Magistrato imprudentemente abbandonò le massime della Corte e di quel tempo, disonorò il suo benefattore col contrasto d'una virtuosa e moderata amministrazione, e pretese di ricusar di fare un atto d'ingiustizia, che avrebbe potuto tendere al vantaggio dello zio dell'Imperatore. Arcadio facilmente fu persuaso a punire il supposto insulto; ed il Prefetto dell'Oriente risolvè di eseguire in persona la crudel vendetta, che meditava contro quell'ingrato ministro del suo potere. Fece con gran fretta il viaggio di sette o ottocento miglia da Costantinopoli ad Antiochia, entrò in tempo di notte nella capital della Siria, e sparse una costernazione universale nel popolo, che non sapeva il disegno di lui, ma ne conosceva l'indole. Il Conte delle quindici Province dell'Oriente fu tratto, come il più vil malfattore, avanti all'arbitrario tribunal di Ruffino. Non ostante la più chiara evidenza della sua integrità, che non fu alterata neppur dalla voce d'un accusatore, Luciano fu condannato, quasi senza processo, a soffrire una crudele ed ignominiosa pena. I Ministri del tiranno, per ordine ed in presenza di esso, lo batteron sul collo con strisce di cuoio armate di piombo; e quando per la violenza del tormento incominciava a mancare, fu chiuso in una lettiga, ed allontanato per nascondere le sue agonie di morte agli occhi della sdegnata città. Appena ebbe Ruffino eseguito quest'atto inumano, che era l'unico oggetto della sua spedizione, tornò fra le segrete e profonde maledizioni d'un tremante popolo da Antiochia a Costantinopoli; e fu accelerata la sua diligenza dalla speranza di celebrar senza dilazione le nozze della sua figlia coll'Imperator dell'Oriente 12 12 … Caetera segnis; Ad facinus velox; penitus regione remotas Impiger ire vias… Quest'allusione di Claudiano (in Rufin., I. 241.) parimente si spiega dalla circostanziata narrazione di Zosimo, lib. V. p. 288.
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