Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7: краткое содержание, описание и аннотация

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Ma passò appoco appoco la necessità del lavoro manuale. Il novizio inducevasi a trasferire le sue sostanze ne' santi, in compagnia de' quali avea risoluto di consumare il rimanente della sua vita; e la perniciosa indulgenza delle leggi permetteva a lui di ricevere, per loro uso in futuro, qualunque accrescimento di legati, o d'eredità 53 53 Il Tommassino ( Discipl. de l'Eglis. Tom. III. p. 118, 145, 146, 171, 179 ) ha esaminato le vicende delle leggi civili, canoniche e comuni. La moderna Francia conferma la morte, che i Monaci si son dati da loro stessi, e giustamente li priva d'ogni diritto d'eredità. . Melania donò loro la sua argenteria del peso di trecento libbre: e Paola contrasse un immenso debito, per sollievo de' favoriti suoi Monaci, che benignamente compartivano i meriti delle orazioni e penitenze loro ad una ricca e liberal peccatrice 54 54 Vedi Girolamo Tom. 1. p. 576, 183 . Il Monaco Pambo diede questa sublime risposta a Melania, che desiderava di specificare il valore del suo dono: «L'offri tu a me, o a Dio? Se a Dio, quello, che sospende le montagne in una bilancia, non ha bisogno d'essere informato del peso del tuo dono». (Pallad. Hist. Lausiac. c. 10. in vit. Patr. l. VIII. p. 715 ). . Il tempo accresceva di continuo, e gli accidenti rare volte facevan diminuire i beni de' Monasteri popolari, che si sparsero sulle addiacenti campagne e città: e, nel primo secolo della loro istituzione, il pagano Zosimo ha maliziosamente osservato, che, per vantaggio de' poveri, i Monaci cristiani avevan ridotto una gran copia di persone alla mendicità 55 55 Το πολυ μερος της ω̃κειωσαντο, προφασει των μεταδιδοναι παντα πτωχοις, παντας (ωσοιπειν) πταχους καταστησαντες. Zosimo L. V. p. 325. Pure la ricchezza de' Monaci orientali fu di gran lunga oltrepassata dalla principesca grandezza de' Benedettini. . Finattantochè però mantennero il primitivo loro fervore, si fecero un dovere di esser fedeli ed amorevoli amministratori della carità, che veniva affidata alla loro cura. Ma la disciplina loro fu corrotta dalla prosperità: essi appoco appoco assunsero l'orgoglio de' ricchi, ed alla fine ammisero il lusso nel lor trattamento. Si sarebbe potuto scusare il pubblico loro lusso con la magnificenza del Culto religioso, e col decente motivo d'erigere durevoli abitazioni per una società immortale. Ma ogni secolo della Chiesa ha accusato la rilassatezza de' Monaci degenerati, che non si ricordavan più dell'oggetto del loro istituto, abbracciavano i vani e sensuali piaceri del Mondo, che avevano abbandonato 56 56 Il sesto Concilio generale ( il Quinisesto in Trullo Can. 47. ap. Beverid. Tom. 1. p. 213 ) proibisce alle donne di passar la notte in un Monastero di maschi, e agli uomini in uno di femmine. Il settimo Concilio generale ( il Niceno II. Can. 20. ap. Bevereg. Tom. I. p. 325 ) vieta i Monasteri doppi, o promiscui di ambidue i sessi; ma si rileva da Balsamone, che tal proibizione non fu efficace. Sopra i piaceri, e le spese irregolari del Clero, e de' Monaci, vedi Tommassin. Tom. III. p. 1334, 1368 . , e scandalosamente abusavano delle ricchezze, che si erano acquistate dalle austere virtù de' lor fondatori 57 57 Io ho udito, o letto in qualche luogo questa sincera confessione d'un Abbate Benedettino: «Il mio voto di povertà mi ha dato centomila scudi l'anno; il mio voto di ubbidienza mi ha inalzato al grado di Principe Sovrano.» Mi son dimenticato delle conseguenze del suo voto di castità. . Il loro natural passaggio, da tal penosa e pericolosa virtù, a' vizi comuni dell'umanità, non ecciterà forse grande avversione o sdegno nella mente d'un Filosofo.

I primitivi Monaci consumavan la loro vita in penitenza e solitudine, senza esser disturbati dalle varie occupazioni, che impiegano il tempo, ed esercitan le facoltà degli enti ragionevoli, attivi e sociali. Quando veniva loro permesso di andare fuori del Monastero, due gelosi compagni erano sempre vicendevoli guardie, e spie delle azioni l'uno dell'altro; ed al loro ritorno erano condannati a dimenticare, o almeno a sopprimere tutto ciò, che avevan veduto, o udito nel Mondo. Si ricevevan ospitabilmente in un quartiere separato i forestieri, che professavan la fede ortodossa; ma non si permetteva la pericolosa loro conversazione, che ad alcuni scelti vecchi di approvata discretezza e fedeltà. Il Monastico schiavo non potea ricever le visite de' suoi amici, o congiunti, che in loro presenza; e si stimava sommamente meritorio, se affliggeva una tenera sorella, o un vecchio padre coll'ostinato rifiuto d'una parola, o d'uno sguardo 58 58 Pior, Monaco Egiziano, permise alla sua sorella di vederlo; ma durante la visita tenne sempre gli occhi chiusi. Vedi vit. Patr. l. III, p. 504 . Potrebbero addursi molti altri simili esempi. . I Monaci stessi passavan la loro vita, senz'alcun attacco personale, in mezzo ad una folla, che si era unita insieme per accidente, e si riteneva nella stessa prigione dalla forza e dal pregiudizio. De' solitari fanatici hanno poche idee, o sentimenti da comunicarsi: una special licenza dell'Abbate regolava il tempo, e la durata delle famigliari lor visite, ed alle loro tacite mense stavano nascosti ne' propri cappucci, inaccessibili, e quasi invisibili l'uno all'altro 59 59 Gli articoli 7, 8, 29, 30, 31, 34, 57, 60, 86 e 95 della regola di Pacomio impongono le leggi più intollerabili di silenzio e di mortificazione. . Lo studio è il conforto della solitudine: ma non aveva l'educazione preparati, e resi capaci d'alcuno studio liberale gli artigiani ed i contadini, che riempivano le comunità monastiche. Potevano lavorare: ma la vanità della perfezione spirituale era tentata a sdegnar l'esercizio del lavoro manuale; e dev'esser languida e debole quell'industria, che non è eccitata dal sentimento d'un personale interesse.

Secondo lo zelo e la fede loro, potevano impiegare il giorno, che passavano nelle proprie celle, in orazione vocale o mentale: s'adunavano la sera, ed erano svegliati la notte pel comune ufizio del Monastero. Se ne determinava il preciso momento dalle stelle, che rare volte son coperte dalle nuvole nel sereno cielo dell'Egitto; ed una trombetta, o corno pastorale, segnale della devozione, interrompeva due volte il vasto silenzio del deserto 60 60 Le preghiere diurne e notturne de' Monaci vengono lungamente discusse da Cassiano ne' libri terzo e quarto delle sue Instituzioni; ed egli costantemente preferisce la liturgia, che un Angelo avea dettata a' Monasteri di Tabenna. . Anche il sonno, che è l'ultimo refugio degl'infelici, era misurato rigorosamente; le ore vacanti del Monaco scorrevano gravemente senz'occupazione, e senza piacere; e prima di giungere al fine del giorno, egli accusava più volte il noioso e tardo cammino del Sole 61 61 Cassiano descrive per propria esperienza l' acedia o torpidezza di spirito e di corpo, a cui trovavasi esposto un Monaco, allorchè sospirava trovandosi solo: Saepiusque egreditur, et ingreditur cellam, et solem velut ad occasum tardius properantem crebrius intuetur ( Instit .) . In tal misero stato la superstizione perseguitava sempre e tormentava i suoi meschini devoti 62 62 Le tentazioni, ed i tormenti di Stagirio furono da quell'infelice giovane comunicati a S. Gio. Grisostomo, suo amico. Vedi Middleton Oper. Vol. I, p. 107, 110 . In simile guisa presso a poco principia la vita d'ogni Santo, ed il famoso Inigo, o Ignazio fondatore de' Gesuiti ( Vit. di Inigo di Guiposcoa Tom. I, p. 29, 38 ) può servire di memorabil esempio. . La quiete, ch'essi avevan cercato nel chiostro, veniva disturbata da un tardo pentimento, da profani dubbi, e da colpevoli desiderj e risguardando essi ogni naturale impulso come un imperdonabil peccato, tremavano continuamente sull'orlo d'un ardente ed infinito abisso. La pazzia, o la morte liberava talvolta quelle misere vittime da' penosi travagli dell'inquietudine e della disperazione; e nel sesto secolo fu eretto in Gerusalemme uno spedale per un piccolo numero di austeri penitenti, che avevan perduto l'uso della ragione 63 63 Fleury Hist. Eccl. Tom. VII. pag. 46 . Ho letto in qualche luogo delle Vite de' Padri , ma non ho potuto ritrovarlo, che vari, e credo molti de' Monaci, che non manifestavano all'Abbate le loro tentazioni, divenivano rei di suicidio. . Prima che giungessero a quest'ultimo, e indubitato termine di frenesia, le loro visioni hanno somministrato ampi materiali d'istoria soprannaturale. Erano pienamente persuasi, che l'aria da essi respirata, fosse popolata da nemici invisibili, da innumerabili demonj, che spiavano qualunque occasione, e prendevano qualunque forma per atterrire, e sopra tutto tentare, la loro virtù non guardata. L'immaginazione, ed anche i sensi erano ingannati dalle illusioni dello sregolato fanatismo; e l'eremita, la cui notturna orazione veniva interrotta da un involontario assopimento, poteva facilmente confondere i fantasmi d'orrore o di diletto, che avevano occupato i suoi pensieri nell'atto di dormire, con quelli della vigilia 64 64 Vedi le Collazioni 7 ed 8 di Cassiano, ch'esamina gravemente, perchè i demonj eran divenuti meno attivi e numerosi dopo il tempo di S. Antonio. Il copioso indice di Rosweyde alle Vite de' Padri somministra una gran varietà di scene infernali. I diavoli erano più formidabili in forma di donne, che in qualunque altra. .

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