Mikhail Bulgakov - Il Maestro e Margherita

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— Se la prende con Puskin, e urla di continuo: «Kurolesov, bis, bis!» — diceva l’ospite sussultando inquieto. Poi si calmò, si sedette, disse: — Del resto, dio sia con lui, — e continuò la conversazione con Ivan. — Be’, perché è capitato qui dentro?

— Per colpa di Ponzio Pilato, — rispose Ivan, fissando cupo il pavimento.

— Come?! — gridò l’ospite, dimenticando la prudenza, e si coperse la bocca con la mano. — Che coincidenza sconvolgente! La supplico, la supplico, racconti!

Ivan, che, senza saperne il perché, sentiva fiducia nello sconosciuto cominciò a raccontare la storia degli stagni Patriaršie dapprima pieno di timidezza, tartagliando, poi con coraggio. Sí, nel misterioso ladro di chiavi Ivan Nikolaevič trovò un ascoltatore nobilissimo. L’ospite non trattò Ivan come pazzo, manifestò il piú grande interesse per tutto quello che gli veniva narrato e, a mano a mano che il racconto si snodava, il suo entusiasmo cresceva. Ogni momento interrompeva Ivan esclamando:

— Sí, sí, e poi, e poi, la supplico! Ma la scongiuro, non tralasci niente!

Ivan non tralasciava proprio niente, gli riusciva piú facile raccontare a quel modo, e gradatamente arrivò al momento in cui Ponzio Pilato, col mantello bianco foderato di rosso, uscí sul balcone.

L’ospite allora congiunse le mani come quando si prega e mormorò:

— Oh, come avevo indovinato! Oh, come avevo indovinato!

La descrizione della spaventosa morte di Berlioz fu accompagnata dall’ascoltatore con un’osservazione enigmatica, mentre i suoi occhi ebbero un lampo di rabbia:

— Mi spiace solo che al posto di quel Berlioz non ci fosse il critico Latunskij o il letterato Mstislav Lavrovič! — e gridò con voce afona ma frenetica: — E poi?

Il gatto che voleva pagare il biglietto del tram divertí molto l’ospite. E soffocava dalle risa, mentre guardava Ivan che, agitato dal successo della sua narrazione, saltellava accoccolato per raffigurare il gatto con la monetina tra i baffi.

— È tutto, — concluse Ivan, con la faccia triste e offuscata, dopo aver raccontato gli avvenimenti al Griboedov: ed eccomi qui.

Con compassione, l’ospite mise la mano sulla spalla del povero poeta e disse cosí:

— Infelice poeta! Ma è lei, caro amico, che ha colpa di tutto. Non doveva comportarsi con lui con tanta disinvoltura, per non dire insolenza. Adesso la sconta. E può ancora dir grazie se se l’è cavata relativamente a buon mercato.

— Ma insomma, chi è? — chiese Ivan scuotendo i pugni con eccitazione.

L’ospite lo fissò e rispose con un’altra domanda:

— Lei non perderà la calma? Noi tutti qui dentro siamo gente infida… Non ci vorrà un intervento del medico, una puntura, o altri fastidi del genere?

— No, no! — esclamò Ivan. — Mi dica, chi è?

— Bene, — rispose l’ospite, e disse in tono autorevole e staccando le parole: — Ieri, agli stagni Patriaršie, lei ha incontrato Satana.

Ivan non perse la calma, come aveva promesso, però rimase sbalordito in sommo grado.

— Non è possibile! Non esiste!

— Per carità! Proprio lei me lo viene a dire?! È stato lei no, uno dei primi a rimetterci per colpa sua? Lei, come ben sa, se ne sta rinchiuso in una clinica psichiatrica, e continua a dire che non esiste. E davvero strano!

Ivan, sconcertato, tacque.

— Non appena si è messo a descrivermelo, — continuò l’ospite, — ho subito cominciato a indovinare con chi ha avuto il piacere di conversare ieri. Però mi sorprende Berlioz! Lei, naturalmente, è una mente vergine, — l’ospite si scusò di nuovo, — ma Berlioz, a quanto ne ho sentito dire, almeno qualcosa aveva pur letto! Le prime parole di quel professore hanno dissipato ogni mio dubbio. Non si può non riconoscerlo, amico mio! Del resto lei… mi scusi ancora, ma, se non mi sbaglio, lei è un ignorante?

— Senza dubbio, — ammise l’irriconoscibile Ivan.

— Vede… Ma perfino la faccia che mi ha descritta, gli occhi disuguali, le sopracciglia!… Mi perdoni, ma lei magari non ha neppure visto l’opera Il Faust ?

Ivan si vergognò terribilmente e, con il volto in fiamme, borbottò qualcosa circa un viaggio in una casa di riposo…a Jalta…

— Ecco, lo dicevo… non c’è di che stupirsi! Ma Berlioz, ripeto, mi sorprende… Non solo aveva letto molto, ma era anche molto furbo. Anche se, a sua difesa, devo dire che Woland è in grado di buttare polvere negli occhi a gente ancora piú furba.

— Come?! — gridò a sua volta Ivan.

— Piano!

Di slancio Ivan si diede una manata sulla fronte e sibilò: — Capisco, capisco. Aveva una «W» sul biglietto da visita. Ahi-ahi-ahi, che roba! — Tacque per qualche istante sconvolto, fissando la luna che galleggiava oltre l’inferriata, e riprese: — Allora poteva essere stato per davvero da Ponzio Pilato? Era già nato allora? E mi danno del pazzo! — soggiunse Ivan, indicando sdegnato la porta.

Una piega amara si formò agli angoli della bocca dell’ospite.

— Guardiamo la verità in faccia — . Voltò il viso verso l’astro notturno che correva attraverso una nuvola. — Sia lei che io siamo pazzi, inutile negarlo. Vede, lui l’ha sconvolto, e le ha dato di volta il cervello, perché lei, evidentemente, aveva una predisposizione. Tuttavia ciò che lei racconta è accaduto davvero, non c’è alcun dubbio. Ma è talmente fuori dal comune che perfino Stravinskij, psichiatra geniale, naturalmente non le ha prestato fede. L’ha esaminato? — (Ivan annuí). — Il suo interlocutore è stato da Pilato, ha fatto colazione con Kant, e adesso visita Mosca.

— Ma chi sa che diavolerie combinerà! Bisogna pur acchiapparlo in qualche modo — . L’Ivan vecchio, non ancora del tutto vinto, sollevò la testa nell’Ivan nuovo, anche se con qualche incertezza.

— Lei ha già provato, e le basta, — replicò ironico l’ospite. — Neanche agli altri consiglierei di tentare. Ma che ne combinerà delle belle, può star sicuro! Eh, eh! Come mi dispiace che si sia incontrato con lei e non con me! Anche se nel mio animo tutto è bruciato e incenerito, giuro che in cambio di quell’incontro avrei dato il mazzo di chiavi di Praskov’ja Fëdorovna, poiché non possiedo null’altro. Non ho niente.

— Che bisogno ne ha?

Per un po’ l’ospite, scosso da un tremito, si chiuse nella sua tristezza, ma infine disse:

— Vede che caso strano: sono qui per lo stesso suo motivo, cioè per colpa di Ponzio Pilato — . Si voltò impaurito e riprese: — Il fatto è che un anno fa ho scritto un romanzo su Pilato.

— Lei è scrittore? — chiese con interesse il poeta.

L’ospite incupí e minacciò Ivan col pugno, poi disse:

— Io sono un Maestro [12] In russo master , nel senso di chi eccelle in una data sfera d’attività, Per designare il «maestro» nel senso di «insegnante» il russo usa un’altra parola: učitel’. Esiste infine, in russo, la parola d’origine italiana maestro , come appellativo per direttori d’orchestra e artisti in genere. Per sottolineare il particolare significato della parola master si è usato Maestro con l’iniziale maiuscola. -. Si fece severo e trasse dalla tasca un berretto nero, lucido dall’uso, con una «M» ricamata in seta gialla. Si mise il berretto in testa e si mostrò a Ivan di fronte e di profilo per comprovare di essere un maestro. — Me l’ha cucito con le sue stesse mani, — aggiunse con fare misterioso.

— Qual è il suo nome?

— Non ho piú nome, — rispose lo strano ospite con un cupo disprezzo. — L’ho rifiutato, come del resto ho rifiutato tutto nella vita. Scordiamocene.

— Mi dica almeno del romanzo, — pregò Ivan con delicatezza.

— Volentieri. La mia vita, bisogna dire, — cominciò l’ospite, — non si è svolta in modo del tutto comune.

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