Gli abitanti del villaggio di Bilignin erano molto incuriositi dall’ospite asiatico e i contadini lo trattavano fin troppo bene. Gli davano da bere e lo facevano ubriacare di continuo. Non sapevamo come affrontare l’argomento con Nguyen. Non era possibile, senza menzionare la sua debolezza. Un giorno mi venne lui stesso in aiuto. Disse che non dovevo preoccuparmi per la sua... salute, che stava migliorando e che presto sarebbe tornato come prima. E con questo lasciammo cadere l’argomento. Come tutti i cuochi cinesi, si muoveva più rapidamente dell’occhio che lo seguiva. Al pomeriggio, quando vedeva arrivare in cortile macchine piene di ospiti inattesi, si metteva a preparare vassoi di torte e pasticcini tra i più complicati e bevande ghiacciate di tutti i tipi, nonché sorbetti, il tutto in meno di un’ora e mezza. La ricetta seguente non mi fu rivelata da Nguyen, ma sono sicura che era proprio questo il modo in cui preparava il SORBETTO DI FRUTTA
A 1 kg di purée di frutta aggiungere 1 tazza di zucchero a velo e mettere nel freezer. Quando il composto comincerà a indurirsi mescolare bene con una forchetta. Non serve sbatterlo. Dopo 20 minuti, mescolare ancora con una forchetta. Dopo 1 ora e un quarto si sarà indurito a sufficienza: versare in una coppa di cristallo ghiacciata e decorare con mezzo kg circa di panna montata passata in una siringa da pasticciere.
Nguyen era previdente. Ogni mattina metteva in frigorifero una certa quantità di purée o di succo della frutta che io raccoglievo in giardino. E teneva sempre pronta una provvista di panna montata. Mentre il sorbetto si ghiacciava, preparava un miscuglio di pasta di mandorle, uova, sciroppi e sfoglia per confezionare i suoi pasticcini. Era pieno di inventiva, abile, un vero mago. Pasticcini e sorbetti andavano bene quando aveva fretta, ma se aveva più tempo a disposizione preparava dolci molto succulenti. Per esempio la COUPE GRIMALDI
Macerare per 1 ora nel kirsch dell’ananas tagliato a cubetti, scolare, mettere in una coppa e coprire di sorbetto all’arancia o al mandarino. Decorare con panna montata dolce e violette candite.
Oppure la COUPE AMBASSADRICE
Riempire tre quarti di una coppa di gelato di lampone, metterci sopra mezza pesca cotta in uno sciroppo denso (1 tazza di zucchero e 1 d’acqua), far freddare e mettere in frigorifero. Riempire ogni mezza pesca con 1 cucchiaio di purée di fragole insaporita con il kirsch. Circondare la pesca di panna montata dolce, cospargere di pistacchi tritati.
Nguyen chiamava i suoi dolci con questi nomi altisonanti, ma non ho mai saputo se si chiamassero veramente così o se fosse lui a battezzarli secondo il capriccio.
In autunno, mentre ci accingevamo a chiudere la casa, Nguyen partecipò a tutte le vendemmie della zona. Si meritava qualunque distrazione offrisse quel posto di campagna. Distrazioni, però, per le quali pagavamo tutti. La sera tornava sempre un po’ troppo allegro. La cosa non ci sorprendeva, ma ci dava ugualmente fastidio. Io, Gertrude Stein e i cani eravamo venuti in macchina. Nguyen in treno. Gli avevamo promesso di dargli un passaggio indietro fino a Parigi. Sarebbe andato tutto bene? Per fortuna fu presto in grado di assicurarmi che il suo stato di salute stava nuovamente migliorando e che sarebbe riuscito a reggere le fatiche del viaggio. Decidemmo di correre il rischio, e Nguyen si dimostrò non solo un cuoco perfetto ma anche un cameriere attento e premuroso. Passammo la notte a Mâcon, dove lui ebbe una lunga conversazione con lo chef.
Parigi comunque offriva troppe tentazioni. Nguyen non era più il domestico adatto al nostro ménage . Ci separammo amichevolmente e io e Gertrude Stein ricordammo che Trac ci aveva messo in guardia contro i suoi compatrioti. Ci chiedemmo che fine avesse fatto Trac, e prendemmo al nostro servizio una giovane polacco-americana. Era diversissima da Nguyen, del quale avremmo sempre rimpianto la cucina. Agnel cucinava i piatti americani senza cura e senza amore, si dava un gran daffare a preparare tremendi piatti francesi, ma i piatti polacchi le riuscivano benissimo. La cucina polacca però era troppo pesante e ricca per una dieta quotidiana. Il piatto che ci piaceva di più era il POLLO IMPANATO FRITTO E ARROSTO
I polli devono pesare più di 750 gr. Tagliarli in quattro pezzi, lungo il dorso e il petto e poi orizzontalmente. Per 2 polli, mettere 250 gr circa di burro in una padella, poi infarinare bene i pezzi di pollo. Sbattere 2 uova in un piatto fondo, immergervi il pollo infarinato e passarlo nel pane grattugiato. È importante che il pollo sia ben coperto di farina, poi di uovo, poi di pane grattugiato. Metterlo nella padella col burro fuso a fuoco medio e far dorare leggermente su tutti i lati. Disporre i pezzi in una pirofila di terracotta, le ali da una parte, le cosce dall’altra e il dorso al centro. Infornare a 150 gradi e arrostire per 2 ore, bagnando frequentemente di panna acida.
Al tempo in cui Agnel lavorava da noi, sul mercato di Parigi si trovavano i più grossi gamberi d’acqua dolce congelati che avessi mai visto. Quando Agnel venne a sapere che arrivavano dalla Polonia, cominciò a servirceli di frequente con una salsa béchamel preparata con panna acida e l’aggiunta di un pizzico di noce moscata e di un pizzico infinitesimale di maggiorana. Li faceva anche dorare nello strutto, poi ci versava sopra panna acida e pane grattugiato.
Un giorno, inaspettatamente, ci ripiombò in casa Trac e disse di esser pronto a tornare a lavorare per noi: avrebbe cominciato addirittura il giorno seguente. Gli spiegammo la situazione delicata in cui ci metteva il suo ritorno. Se ne andò, dicendo che avrebbe ricominciato a lavorare la mattina dopo. Agnel fu contentissima. Si sarebbe presa un mese di vacanza sulla Costa Azzurra e si sarebbe cercata un lavoro laggiù. Le pagammo le vacanze e lo stipendio, e la mattina dopo le presentammo Trac. Si ringraziarono a vicenda. Una scena di una comicità irrefrenabile.
Trac era tornato in Indonesia come cuoco di bordo su una nave marsigliese e aveva fatto visita alla sua famiglia. Quando si era stancato di stare laggiù, era salito su un’altra nave. Aveva portato con sé alcuni pappagalli, una scimmia e parecchi rotoli di seta comperati ad Hanoi e aveva venduto tutto a Marsiglia, realizzando un ottimo guadagno. Intendeva lavorare da noi per un po’, poi contava di aprire un ristorante. Il futuro non offriva certezze a nessuno di noi, se Trac aveva di questi sogni, ma, finché durava, la sua presenza da noi era estremamente piacevole. Poi ci disse di Lucienne, la sua amica bretone, e dei loro piani per il futuro. Era tornato a Parigi per lavorare con noi e per stare vicino a Lucienne. Allora Trac ne aveva più d’uno, di sogni. Aveva anche portato con sé dal suo paese natale funghi secchi cinesi, parecchie varietà di pepe e di spezie che non si trovavano a Parigi, e così la sua cucina aveva sapori ancora più nuovi e delicati di prima. Un giorno Nguyen venne a casa nostra, non riuscimmo mai a capire se per vedere noi o Trac. Una scena incresciosa. Disse di essere venuto per farci sapere che la sua salute era molto migliorata, anzi era ottima; la malattia di cui aveva sofferto a Bilignin era scomparsa e gli sarebbe piaciuto tornare a lavorare da noi. Trac lo investì con una valanga di cinese e Nguyen se ne andò.
Chissà come, durante la sua assenza Trac aveva imparato a preparare dolci e torte. Forse l’esperienza come cuoco di bordo. Era molto orgoglioso delle sue nuove capacità. Diceva che gli sarebbero tornate utili quando avrebbe aperto il suo ristorante.
Trac non ci preparava mai la cena della domenica. Di solito se ne andava dopo colazione e tornava il lunedì mattina. Un giorno mi chiese se potevo insegnargli a cucinare l’aragosta Newburg. E perché voleva imparare a cucinare quel piatto? gli chiesi. Mi spiegò che tutte le domeniche, da quando era tornato, andava a preparare la cena a casa di un ricco scapolo che aveva spesso ospiti e la cui cuoca si prendeva una serata di libertà la domenica. Forse anche lei andava a cucinare per qualcun altro, e così ad infinitum , di modo che alla fine Trac sarebbe tornato a cucinare per noi la domenica sera. Spiegare a Trac come preparare un piatto sarebbe stato tempo perso, e così gli dissi che un giorno avremmo preparato insieme l’aragosta. No, disse lui, devo imparare oggi, sabato, perché il signore ha detto che devo prepararla domani sera. Mi sembrava inutile spiegargli come doveva fare, se poi come al solito avrebbe ignorato dosi e ingredienti. Invece la cena riuscì così bene che il ricco scapolo e i suoi ospiti mandarono a chiamare Trac, gli offrirono un bicchiere di champagne e gli dissero che era un grande cuoco. Fu allora che Trac si comperò un grosso berretto bianco inamidato, da chef .
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