Алиса Токлас - I biscotti di Baudelaire

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I biscotti di Baudelaire: краткое содержание, описание и аннотация

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Con il loro salotto artistico e letterario - che negli anni tra le due guerre era frequentato, tra gli altri, da Picasso, Picabia, Matisse, Braque, Hemingway, Fitzgerald, Sherwood Anderson - Alice B. Toklas e Gertrude Stein hanno fatto un pezzo di storia. Ma quando, dopo la morte di Gertrude, un editore chiese ad Alice di scrivere le sue memorie, lei si schermì dicendo che al massimo sarebbe stata in grado di scrivere un libro di cucina. Lui promise di accontentarsi, ma lei fece molto di più.
Uscito nel 1954 in America con il titolo "The Alice B. Toklas Cookbook", "I biscotti di Baudelaire" è una ricchissima raccolta di ricette e di ricordi non solo culinari, di aneddoti divertenti, di convinte opinioni su questioni gastronomiche ma anche artistiche, di viaggi tra Francia e America, di pranzi e cene a casa di artisti bohémien ma anche di ricchi e famosi.
Un libro che si legge non solo per consultare le ricette e catturare i sapori amati da artisti e scrittori, ma soprattutto per rivivere l'atmosfera di un tempo e di un ambiente davvero speciali.
E così ecco i piatti, le idee, gli spunti di ricette che Alice condivideva con gli amici: il branzino di Picasso, per esempio, decorato con uova sode, tartufi ed erbe tritate, le uova alla Francis Picabia, le mele glassate di Cecil Beaton, la crema di Josephine Baker, la minestra di alloro di Dora Maar, il caffé di James Joyce e quegli incredibili biscotti di Baudelaire...

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Ci portarono in auto, attraverso un paesaggio invernale, fino a un college femminile, nel quale Gertrude Stein aveva accettato un invito a cena con alcune insegnanti. La sala da pranzo era in realtà un’enorme sala mensa con un’acustica che ingigantiva al parossismo l’eco di migliaia (o forse erano solo centinaia) di voci. Erano le studentesse, giovani e bellissime, a produrre quel rumore infernale. Nessuna meraviglia quindi che avessimo sempre pensato alle laureate del college come a sirene, tragiche e perfino dannate. La cena privata fu del tutto consona all’ambiente. Gertrude Stein chiese se fosse possibile avere un uovo alla coque e un’arancia.

Finito il giro di conferenze nel New England, andammo nello Wisconsin, nell’Ohio, nell’Illinois e a St. Louis. Il cibo era sempre buono ma niente di più, con la sola eccezione di una straordinaria colazione offertaci da un amico di Carl Van Vechten nella sua vasta tenuta vicino a Minneapolis. I salotti e la sala da pranzo traboccavano di fiori, per lo più orchidee, le prime orchidee blu Tiepolo che avessimo mai visto. Sulla tavola della sala da pranzo c’era una fruttiera con parecchie varietà di uva coltivata in serra, dai viticci sottilissimi e le foglie molto tenere... mentre, là fuori, la neve cadeva implacabile. La padrona di casa era nella tradizione delle eroine di Dumas figlio, anche se in realtà credo fosse proprio lei l’ispiratrice della Contessa Tatuata di Carl Van Vechten. Non è necessario dire che il menu era rigorosamente francese, quindi la ricetta di uno dei piatti serviti non dovrebbe trovar posto in questo capitolo. Ma la tentazione è troppo grande. Ecco come si prepara la ARAGOSTA ARCHIDUC

Lavare bene un’aragosta viva che non pesi meno di 1 kg e mezzo. Buttarla nell’acqua bollente, lasciarla freddare senza scolare. Tagliarla per il lungo e poi per il largo, staccare le chele, mettere da parte le uova. In una pentola sciogliere a fuoco vivo 4 cucchiai di burro e 4 di olio e, quando staranno per friggere, metterci i sei pezzi di aragosta, col guscio.

Scaldare bene, girare con un cucchiaio di legno fino a quando ogni pezzo sarà ben coperto di burro e olio. Chiudere col coperchio e ridurre la fiamma. Cuocere piano per mezz’ora. Asciugare l’aragosta. Scavare tutta la polpa dal guscio e rimetterla nella pentola con la salsa. Rimettere sulla fiamma. Cuocere a fuoco lento. Aggiungere le uova dell’aragosta, un quarto di tazza di brandy, mezza tazza del miglior porto e 2 cucchiai di whisky. Condire con sale e pepe di caienna. Coprire, cuocere per 5 minuti. Aggiungere 2 tazze di panna intera. Continuare a cuocere. Aggiungere 2 tuorli d’uova, senza mai far bollire. Aggiungere il succo di un quarto di limone e 5 cucchiai di burro a pezzi molto piccoli, mescolare piano finché si sarà sciolto. Servire. È un piatto dall’aroma ineffabile.

A St. Paul, con nostra grande sorpresa e piacere, ricevemmo una telefonata di Sherwood Anderson. Aveva sentito dire che eravamo nelle vicinanze. Propose di venire a prenderci e accompagnarci in macchina a far visita a sua moglie (erano ospiti della sorella e del cognato di lei). Ci condusse attraverso chilometri e chilometri di ghiaccio e raffiche di neve fino a una festa di gente deliziosa e ottimo cibo. Fu una riunione incantevole. Fu lì che, curiosamente, tra tutte le squisitezze che ci vennero servite, assaggiammo per la prima volta la gelatina di menta.

A Columbus, Ohio, c’era un piccolo ristorante che serviva pasti dei quali sarei stata molto orgogliosa, se fossero usciti dalla nostra cucina. Le cuoche erano donne, la proprietaria era una donna e il locale era interamente gestito da donne. Il cibo era incomparabile, né troppo leggero né evirato, com’è talvolta il cibo cucinato da donne, ma succulento e molto saporito. In seguito, a Fort Worth, Miss Ela Hockaday ci portò in un ristorante simile. Dovevamo partire in aereo per la California e il ristorante ci preparò la miglior colazione al sacco che avessi mai gustato. Sarebbe meraviglioso poter ordinare qualcosa di lontanamente simile quando si sale su un aereo al giorno d’oggi. Chissà se il cibo sugli aerei americani (non sui voli intercontinentali, ma sulle rotte interne) è migliorato? Non lo è di certo in Europa, dov’è pessimo, persino peggiore che sui treni. Forse i pasti vengono cucinati nella locomotiva e nella fusoliera.

Dai cugini di Gertrude Stein, vicino a Baltimora, sperimentammo un primo assaggio della famosa ospitalità meridionale. Andammo a trovare Scott Fitzgerald a Baltimora: ci servì il tè con un’infinita varietà di canapés , per ricordarci, disse, Parigi. A Washington continuammo a godere dell’ospitalità della gente del sud. La cuoca negra ispirata e l’enorme cucina che costituiva il suo regno formavano un tutto unico. I nostri ospiti erano così assidui che non trovammo mai il tempo di chiederle nemmeno una delle ricette del suo vasto repertorio. Era lei a preparare le torte, i gelati, i punch e i panini per i ricevimenti, i piatti elaborati che venivano serviti alle colazioni e alle cene che si susseguivano incessantemente. Nessun problema, diceva lei, quando si hanno ottimi ingredienti. Un piatto, aveva detto una volta mio padre, può solo avere il sapore delle cose che ci sono state messe dentro.

A New York andammo a prendere Carl Van Vechten, che ci avrebbe accompagnato a Richmond per presentarci alcuni suoi amici. Durante il viaggio ci fermammo a Charlottesville, dato che Gertrude Stein doveva tenere una conferenza alla University of Virginia. Pranzammo con alcuni degli insegnanti del college, che ci divertirono molto con la loro rivalità a proposito di Edgar Allan Poe e Julien Green. Durante una cena epicurea da Miss Ellen Glasgow restai paralizzata trovandomi seduta vicino a Mr James Branch Cabell, ma il suo allegro, Mi dica, la scrittura di Miss Stein è una presa in giro, no? mi mise completamente a mio agio e la conversazione filò via tranquilla.

Al William and Mary College fummo invitate a una colazione ufficiale con il rettore, a casa del governatore. Sulla strada per Charleston gustammo una colazione abbondante e succulenta in un vecchio Planter’s Hotel, per il quale i francesi hanno un termine molto carino, plantureax . Venimmo invitate per un’altra colazione a Strawberry. Che cos’era meglio, il cibo squisito o gli incredibili giardini sull’acqua, che cos’era più eccitante, la preparazione dei menu a Villa Margharita o i viali di camelie? Non sono mai riuscita a decidere. Ormai sono un solo ricordo nella mia memoria. Mentre cambiavamo aereo ad Atlanta, Gertrude Stein fu felice e stupefatta di leggere su un grosso cartello vicino all’aereoporto la scritta, Comperate la carne e il grano in Georgia .

A New Orleans ritrovammo Sherwood Anderson che ci portò a colazione da Antoine e in un ristorante più piccolo, che ci piacque di più, dove mangiammo per la prima volta le OSTRICHE ROCKEFELLER

Disporre le ostriche con mezzo guscio in piatti fondi preriscaldati pieni di sabbia (la sabbia d’argento manda un piacevole luccichio). Coprire abbondantemente le ostriche con un quarto di prezzemolo tritato, un quarto di spinaci crudi finemente tritati, un ottavo di cerfoglio finemente tritato, un ottavo di basilico finemente tritato, un ottavo di aglio di serpe finemente tritato e un ottavo di dragoncello finemente tritato. Mescolare un pizzico di sale e di pepe a un po’ di pane grattugiato fresco, coprirne completamente le erbe, condire con un po’ di burro fuso e cuocere nel forno portato a 230 gradi per 4 o 5 minuti. Servire ben calde.

A Chicago fummo ospiti nell’appartamento di Thornton Wilder. Aveva detto che sarebbe stato molto comodo per Gertrude Stein, dato che era così vicino all’università dove lei avrebbe tenuto le sue conferenze. Dal piccolo appartamento si godeva una vista fantastica. Era molto divertente, funzionale e comodo. La cucina non era più grande di un tavolo da pranzo, ma era dotata di tutto il necessario per preparare con il minimo sforzo e nel minor tempo possibile pasti eccellenti, anche grazie all’usanza delle consegne a domicilio previa telefonata.

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