Алиса Токлас - I biscotti di Baudelaire

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I biscotti di Baudelaire: краткое содержание, описание и аннотация

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Con il loro salotto artistico e letterario - che negli anni tra le due guerre era frequentato, tra gli altri, da Picasso, Picabia, Matisse, Braque, Hemingway, Fitzgerald, Sherwood Anderson - Alice B. Toklas e Gertrude Stein hanno fatto un pezzo di storia. Ma quando, dopo la morte di Gertrude, un editore chiese ad Alice di scrivere le sue memorie, lei si schermì dicendo che al massimo sarebbe stata in grado di scrivere un libro di cucina. Lui promise di accontentarsi, ma lei fece molto di più.
Uscito nel 1954 in America con il titolo "The Alice B. Toklas Cookbook", "I biscotti di Baudelaire" è una ricchissima raccolta di ricette e di ricordi non solo culinari, di aneddoti divertenti, di convinte opinioni su questioni gastronomiche ma anche artistiche, di viaggi tra Francia e America, di pranzi e cene a casa di artisti bohémien ma anche di ricchi e famosi.
Un libro che si legge non solo per consultare le ricette e catturare i sapori amati da artisti e scrittori, ma soprattutto per rivivere l'atmosfera di un tempo e di un ambiente davvero speciali.
E così ecco i piatti, le idee, gli spunti di ricette che Alice condivideva con gli amici: il branzino di Picasso, per esempio, decorato con uova sode, tartufi ed erbe tritate, le uova alla Francis Picabia, le mele glassate di Cecil Beaton, la crema di Josephine Baker, la minestra di alloro di Dora Maar, il caffé di James Joyce e quegli incredibili biscotti di Baudelaire...

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Chiedete al macellaio di tagliare fette molto sottili di un filetto di vitello, togliere la pelle e il grasso. È bene considerare 2 fette per persona, 8 fette per quattro persone. Rosolare su entrambi i lati in un quarto di tazza di burro in un forno olandese a fuoco alto, salare e pepare. Quando sono ben rosolate, coprire e mettere nel forno preriscaldato a 250 gradi per 5 minuti. Aggiungere una tazza di vino bianco caldo. Prendere la carne dal forno e disporla su un piatto di portata preriscaldato. Sgrassare il sugo, metterlo sul fuoco alto e mescolare bene. Abbassare la fiamma, aggiungere 6 cucchiai di burro a piccoli pezzi, muovendo la pentola in tutte le direzioni. Aggiungere una spruzzata di succo di limone e versare sulla carne. Cospargere sulla carne e sulla salsa 4 cucchiai di prezzemolo tritato. È un piatto delizioso se non ci si attarda nella preparazione.

A Mâcon, quella sera, gustammo per cena: PASSATO DI CARCIOFI

Lavare bene 6 grossi carciofi, tagliarli verticalmente a metà e togliere la parte spinosa con un coltello ben affilato. Mettere 3 cucchiai di burro in una casseruola. Quando si sarà sciolto, aggiungere i carciofi. Girarli con un cucchiaio di legno fino a quando saranno ben coperti di burro. Aggiungere 3 tazze di acqua calda e 3 tazze di brodo di pollo caldo. Coprire e far bollire per un’ora. Poi aggiungere 2 tazze di patate tagliate a grosse fette. Far cuocere per un’altra mezz’ora. Togliere dal fuoco e con un cucchiaio d’argento grattar via dalle foglie dei carciofi tutta la polpa commestibile. Passarla, insieme ai cuori e alle patate, in uno schiacciapatate e poi in un setaccio sottile. Colare il sugo rimasto nella pentola e aggiungerlo ai carciofi e alle patate. Lavare la pentola e sistemarci le verdure passate e il sugo. Riscaldare a fuoco medio. Se il composto risulterà troppo denso aggiungere dell’altro brodo di pollo. Aggiungere sale e pepe. Prima di servire, ridurre la fiamma e aggiungere 1 tazza di burro a piccoli pezzi. Inclinare la casseruola in tutte le direzioni e servire in una zuppiera riscaldata in precedenza in cui si saranno messi dei crostini molto piccoli e non imburrati. Questa minestra vale lo sforzo e il tempo necessario a prepararla.

A Mâcon sentimmo parlare di un piccolissimo ma eccellente ristorante che si trovava a Grignan, un villaggio di seicento abitanti nella Drome, la regione francese famosa per la sua buona cucina e il paesaggio romantico. Mandammo un telegramma ad alcuni amici, invitandoli a raggiungerci per colazione a Grignan. Il nome aveva un suono familiare... non era forse lo stesso dell’adorata figlia di Madame de Sevigné? Consultando la guida scoprii che lo Château de Grignan era ancora intatto, che lo si poteva visitare e che Madame de Sevigné era sepolta nella chiesa del villaggio. Dopo colazione saremmo andate in pellegrinaggio sul posto. Giunte al villaggio, nel vedere quant’era piccolo il ristorante, ci chiedemmo se saremmo riusciti a entrarci in quattro. Madame Loubet, la proprietaria e cuoca, era una donna di dimensioni modeste. Come molte cuoche di prima categoria aveva gli occhi stanchi e un debole sorriso. Ci sembrò di buon augurio. Disse che per colazione ci sarebbero stati omelette ai tartufi, fricandeau di vitello con tartufi, punte di asparagi e formaggio locale. Il piccolo ristorante era del xvii secolo, i tavoli nudi e le sedie dello stesso periodo. Dicemmo che erano shakespeariani. E i nostri amici, arrivando, fecero la stessa osservazione. Eravamo affascinati dal décor . La colazione sarebbe stata all’altezza.

PUNTE DI ASPARAGI ALLA MADAME LOUBET

I primi giorni di primavera sono il periodo dei piccoli asparagi verdi, molto simili a quelli selvatici. Lavarli velocemente, senza immergerli nell’acqua, togliere la parte bianca del gambo. Legarli a mazzetti e metterli in acqua bollente salata. Farli cuocere per 8 minuti, non oltre: gran parte della loro bontà dipende dalla freschezza. Mettere 4 cucchiai di burro in una casseruola (per 500 gr circa di asparagi) e scioglierlo a fuoco lento. Quando il burro sarà sciolto, aggiungere le punte di asparagi ancora legate a mazzetti e 4 cucchiai di panna intera. Non mescolare ma inclinare delicatamente la casseruola in tutte le direzioni fino a quando gli asparagi saranno ricoperti di burro e panna. Poi togliere dal fuoco. Disporre gli asparagi su un piatto rotondo riscaldato in precedenza, con le punte verso l’orlo del piatto. Tagliare i legacci con forbici da cucina, facendo molta attenzione. Al centro sistemare mezza tazza di panna intera montata a cui si sarà mescolato mezzo cucchiaino di sale. Servire prima che la panna abbia tempo di sciogliersi. Una vera festa gastronomica. È un piatto bellissimo da vedere.

La cucina di Madame Loubet era particolare e molto delicata, e tornammo spesso a gustarla. Non avremmo trovato niente di simile in tutto il viaggio. Quella sera a Marsiglia ci bastò un piatto di minestra.

Dopo una lunga corsa lungo la costa del Mediterraneo, arrivammo a Vence, dove trovammo un numeroso gruppo di persone riunite per la cena. Il nostro amico era un gourmet , il suo cuoco belga aveva una cucina ben organizzata e produceva menu variati e succulenti.

Nell’orto c’erano già le patatine novelle, i fagiolini verdi, i primi carciofi, l’insalata, e prima di ripartire riuscimmo a gustare anche gli asparagi. Il giardiniere, molto gentile, mi permetteva di raccogliere ogni mattina con le mie mani le verdure per la giornata. Ci vuole molto tempo per raccogliere tenerissimi fagiolini verdi sufficienti per otto o dieci persone. Tra l’orto e le rose, le mie mattine erano piacevolmente occupate. Piaceri, questi, per me insostituibili.

Da Vence andavamo spesso a Nizza per una colazione a base di pesce in un piccolo ristorante sul mare, per nulla pretenzioso. Ci prepararono un piatto del posto: PESCE PERSICO ALLA GRIGLIA CON FINOCCHIO

Lavare e asciugare bene un pesce persico di circa 1 kg e mezzo. Strofinare la parte interna con sale e pepe. Spennellarlo con burro fuso, spennellare di burro anche la griglia. Mettere il pesce sulla griglia e cuocere per 25 minuti girandolo due volte, spennellando ogni volta di burro. Lavare e asciugare con cura del finocchio selvatico. Quando il pesce sarà cotto, disporlo su un vassoio di metallo precedentemente riscaldato che sopporti la fiamma (niente piatti di peltro, quindi). Versare mezza tazza di burro fuso sul pesce e coprirlo interamente di finocchio. Portare in tavola, dar fuoco al finocchio. Servire alla fiamma. È un piatto delizioso, eccitante, uno dei rari piatti provenzali nella cui preparazione non sia previsto l’uso di aglio.

Durante il viaggio di ritorno a Parigi ci accorgemmo che a Godiva era venuta a mancare l’ispirazione. Eravamo obbligate a prendere noi l’iniziativa. Avevamo fretta, così non perdemmo tempo a far deviazioni in cerca di posti nuovi. Ci accontentammo di qualche tentativo mal riuscito. Un viaggio deprimente. Arrivate a Parigi, Godiva tornò a essere quella di prima. Ci portò a Les Andelys, dove facemmo colazione all’aperto in un bistro (caffè-ristorante dove si servono cibi grossolani e raramente buoni) a base di pesce pescato nella Senna proprio sotto la terrazza sulla quale mangiavamo. Al pesce fecero seguito una tenerissima Chateaubriand e un soufflé di patate. Ripartimmo con Godiva, ma presto ci accorgemmo di aver svoltato nel posto sbagliato. Era colpa di Godiva o di Gertrude Stein? La discussione che seguì non approdò a nulla. Eravamo sulla strada per Nogent-le-Rotrou. Decidemmo di vedere cosa ci avremmo trovato. Trovammo un paesaggio incantevole, villaggi coi tetti di paglia, campi macchiati dei primi papaveri e fiordalisi e cespugli di biancospino in fiore. Nogent-le-Rotrou era una cittadina vecchia, pulita e simpatica. L’albergo era arredato con pallidi mobili della Restaurazione, statuette e fiori di cera sotto campane di vetro in tutte le stanze. Il cibo era semplice ma la cucina sapiente. Ci fermammo per parecchi giorni. La cuoca era una donna, taciturna ma esperta. Mi insegnò a preparare le RILLETTES

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