Paolo Villaggio - Fantozzi
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Alla sera al rifugio si verificò un episodio assai curioso. C'erano degli ex-impiegati licenziati, infilati in pelli di orso bianco, che collaboravano con il fotografo locale. Essi aspettano i turisti dietro l'angolo del rifugio, poi saltano fuori improvvisamente e li abbracciano. A questo punto il fotografo immortala la situazione. Va da sé che non tutti superano questo shock, comunque per i sopravvissuti la foto-ricordo è assai preziosa. Fantozzi passeggiava distrattamente intorno al rifugio quando voltò l'angolo e l'orso lo abbrancò. Si sentì un tremendo ululato. In cima al campanile, a dodici metri di altezza, c'era il Fantozzi che urlava: “Aiuto! Mandatelo via! Aiuto, un orso polare!”. Quando Fantozzi, dopo due ore trascorse a mezzo campanile, si convinse a scendere cercò penosamente di sostenere che aveva voluto fare lo spiritoso e che aveva “capito tutto”.
Già lo sospettavano, ma furono certi che il Fantozzi aveva bluffato quando, la settimana dopo, lessero sui giornali questa notizia: “Impiegato di concetto dà spettacolo allo zoo comunale. Ieri alle 15 un certo Ugo Fantozzi, di professione impiegato, si è calato sotto gli occhi esterrefatti della moglie e di un pubblico entusiasta nella fossa degli orsi polari. I feroci animali, abbracciato ai quali egli voleva farsi fotografare dalla moglie, dopo un attimo di incertezza gli si scagliavano contro facendogli passare un brutto quarto d'ora. Il Fantozzi è riuscito a salvarsi miracolosamente da solo, scalando a incredibile velocità il muro liscio della fossa degli orsi, alto sei metri”. L'indomani in ufficio gli domandarono: “S'è divertito ieri allo zoo, Fantozzi?”. “Mica tanto,” rispose “ci ero andato per trovare un po' di tranquillità: ma anche lì ci sono troppi fotografi!”
A LEI E FAMIGLIA GLI AUGURI DI FANTOZZI
Si è conclusa domenica, anche nell'ufficio di Fantozzi, la “stagione degli auguri”.
Natale e Capodanno, nelle grandi aziende, cominciano intorno ai primi di novembre. Si compilano lunghi elenchi di notabili ai quali mandare le strenne. Si fanno elenchi di serie A per i più importanti, poi di serie B, di serie C eccetera… In serie A ci sono direttori, amministratori, controdirettori e poi via via, nelle serie inferiori, direttori centrali, consulenti, consulenti normali, saccenti, eminenti, segretarie, passacarte, ragionieri che controllano qualche attività modesta ma che possono accelerare l'iter di una pratica. Nella scelta dei regali dominano le cassette di bottiglie. Ci sono cassette da ventiquattro, da dodici, da sei, da tre… e si arriva sino al bicchiere di vino rosso (fatto venire dal bar) per il fattorino che ha portato con grande fatica una pesante cassa di documenti.
Poi ciascuno si attrezza con bigliettini da visita con il proprio nome e cognome preceduto dal titolo di studio: rag., dott., dott. ing., eccetera. I più piccoli hanno il vuoto davanti al nome, ma più si sale e più si moltiplicano per germinazione spontanea i titoli: grand'uff. dott. ing. Tal Dei Tali direttore centrale della XYZ S.p.A., oppure: dott. ing. cav. grand'uff. rag. grand. croce Tale Dei Talaltri direttore siderale della XYZ S.p.A., e ancora: comm. cav. prof. dott. ing. avv. Tal Degli Altri. Ancora: presidente galattico della XYZ S.p.A. Il titolo più oscuro, che ancora non si è riusciti a decifrare, è quello che abitualmente spetta ai megapresidenti: dott. ing. avv. grand'uff. lup. mann.!?!?
Quindi si mandano gli auguri in tante bustine piccole bianche dove i titoli tutti sono preceduti dalla formula: illustrissimo signore, a capo, signore cav. lup. eccetera e scattano tutti i titoli. Nel biglietto si cancellano con una barretta sottile sottile, perché si legga bene il tutto, i propri titoli e sotto, in calce, si mette: nelle serie inferiori un freddo p.a. (per auguri), poi salendo si usano varie forme. Se ci si rivolge in alto: formulando a lei e signora i miei più sentiti auguri per il Santo (alle volte si cancella il Santo con una barretta a penna) Natale e per un felice 1972. Se in altissimo: a lei e gentilissima signora i miei più umili e fedeli auguri per lo spettabile Natale e per un devoto anno nuovo.
Poi gli auguri si ripetono e si ribadiscono, a cominciare dai primi giorni di dicembre, per le scale, nei sottoscala, sugli ascensori. L'iniziativa è sempre degli inferiori di grado. Essi si chinano un po' in avanti e a testa bassa cominciano a recitare lentamente: “A lei e famiglia i miei più umili e devoti eccetera…”. La risposta dei capi è sempre eguale: “Grazie, grazie, auguri per i bambini” (citano solo i bambini, con una pietà nella voce che lascia intendere chiaramente “quei poveri bambini, quei sottosviluppati!”).
Prima della battaglia degli auguri, c'è la spietata caccia all'agendina. Si elemosinano con toni strazianti a rappresentanti, piazzisti e terziari francescani agendine di ogni tipo. In genere queste poi si regalano alla moglie o ai figli, non dicendo naturalmente mai che sono state strappate con le lacrime agli occhi o barattate con un collega. Con fierezza si dice: “Tieni! Me l'hanno regalata in ufficio!”.
Sabato scorso correva l'ultimo sabato dell'anno. I piccoli erano tutti a casa, gli uffici vuoti. Solo in alto, dietro una porta imbottita, si brindava ancora con whisky al 1971. Fantozzi era per caso ancora in ufficio a riordinare le sue carte quando si fece silenziosamente sulla porta un piccolissimo, il ragionier Bellocchio dell'ufficio cabale. Questi assunse la posizione “auguri natalizi” (testa bassa) e cominciò tristemente la formula: “A lei e famiglia i miei più devoti e umili…”. “Grazie,” dice Fantozzi interrompendolo “ma ce li siamo già fatti gli auguri, no?” “vero,” risponde quello “ma vede, io dovrei chiederle un favore. Domani, domenica, mi fanno lavorare. Mi creda, non è per la festa, ma è che domani operano mio figlio… Il dottore dice che ormai ci sono poche speranze. Io vorrei andare in ospedale da lui.” “Cioè vuole un permesso per domani?” “Sì. Io non oso entrare perché sono tutti su in riunione dal megapresidente, ci vadi lei che ci ha la parlantina sciolta, lo facci per il mio bambino!”
Fantozzi saliva le scale mentre il ragionier Bellocchio ripeteva ancora le ultime raccomandazioni: “Ci dica che non ho mai fatto una giornata di malattia in venti anni di servizio, che non ho mai chiesto un permesso e che non vorrei…”.
Si fermarono di fronte alla porta imbottita. Fantozzi bussò sull'imbottitura, ma non faceva alcun rumore. Tentò sulla listarella di legno fra lo stipite e l'imbottitura. Invano; poi, vista l'espressione triste di Bellocchio, afferrò decisamente la maniglia ed entrò. Lo guardarono tutti, si era fatto un silenzio gelido, lui un po' affannato chiese il permesso, rivolgendosi al megapresidente, e rifece tutta la storia del bimbo. Sapeva che erano tutti uomini illuminati da grande spirito democratico natalizio. Lo lasciarono finire, poi il direttore rivolto al megapresidente urlacchiò: “Va bene, accordato questo benedetto permesso, ma solo perché è la fine dell'anno. Però questo Bellocchio comincia proprio a rompere i coglioni!..”.
Il ragionier Bellocchio dell'ufficio cabale andò così all'ospedale col panettone regalatogli dalla società. Domenica suo figlio non se la sentì più di vivere come suo padre. Al ragioniere spettavano tre giorni di ferie per lutto stretto in famiglia ma lunedì mattina 30 dicembre Bellocchio si è presentato al lavoro con gli occhi vuoti e quando c'era lui i colleghi non osavano neppure dirsi: “Buon Anno”.
FANTOZZI FA GLI ACQUISTI DI NATALE
Appena ricevuta la tredicesima, Fantozzi si è messo in movimento per le compere natalizie.
Aveva infilato nella tasca interna della giacca la busta, s'era messo in testa il suo tragico basco e aveva dato il braccio alla signora Pina: meta, i grandi magazzini.
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