Paolo Villaggio - Fantozzi

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Riparte il Bellotti con rincorsa: “Se noi, fff… frassino…”. E il collega lì vicino: “l'albero?”. “No, sono nel pallone” fece il professore e ripartì: “Se noi ff… Firenze!”. Voci sparse: “La città?”. “Prato!” tentò disperato Bellotti. Voci di protesta: “Ma non comincia neppure per effe!”. E Bellotti, speranzoso: “Si, ma è cosi vicina a Firenze!”.

“Mi vorrei ritirare” disse a questo punto il Bellotti-Bon. Coro di voci sghignazzanti: “Ah! Ah! Si ritira eh? Non ha più congiuntivi!”. “No,” fece il Bellotti “ne ho ancora uno, ma vorrei tenermelo per la notte. Non si sa mai. Un congiuntivo “da notte” può sempre venir comodo per ogni evenienza.” E si ritirò tra i fischi dei funeralanti.

Fantozzi allibito si voltò verso Fracchia e gli disse: “Sono veramente deluso, questi professori han ben poco da spendere e poi crollano tutti tragicamente sui verbi”. “Ha ragione,” ribadì Fracchia “torniamo a casa. Venghi!”

FANTOZZI VA A TEATRO CON I BIGLIETTI OMAGGIO

Domenica scorsa Fantozzi è andato a teatro. Un suo feroce e sagace cugino gli aveva regalato due biglietti omaggio per lo spettacolo “familiare” della domenica pomeriggio.

Fantozzi del mondo dello spettacolo aveva sempre avuto notizie di seconda mano e non aveva ancora ben chiaro il confine fra teatro tradizionale e spettacolo di varietà o rivista all'italiana.

Questo per il passato. Poi era successo un fatto curioso. La radio aveva iniziato un bombardamento a tappeto di musica leggera, la televisione aveva continuato questo orientamento con una nutrita serie di fortunati varietà musicali. Negli spettacoli di musica leggera si cominciarono poi a bersagliare con strali acutissimi gli spettacoli di musica leggera, consolidando così il sistema. “È quello che la gente vuole” si scusavano i megapresidenti del mondo dello spettacolo e della stampa telecanora. In realtà Fantozzi voleva solo quello perché pensava che fosse ormai l'unica realtà.

Quando Fantozzi disse alla moglie che domenica l'avrebbe portata a teatro, la signora Pina lo guardò esterrefatta. “A teatro, come?” disse. “A teatro a vedere uno spettacolo teatrale. Ma non so quale” chiarì Fantozzi. La sua signora lo guardava come si guarda un marito che dopo 20 anni di sereno ménage matrimoniale dichiara improvvisamente di essersi innamorato di un artificiere del genio.

Il collega Fracchia l'aveva sommariamente istruito mettendolo in guardia contro grosse sorprese. In tutti quegli anni di telecanzoni, gli aveva detto, il teatro aveva subìto una evoluzione che in alcuni casi (e qui aveva citato il “Living Theatre”) l'aveva reso irriconoscibile.

Un po' preoccupato, lasciato basco e cappotto al guardaroba, Fantozzi entrò nel teatro “Tommaso Salvini” con i biglietti omaggio, il suo tragico spigato siberiano e la sua signora alle 2 e 30 di domenica pomeriggio: lo spettacolo cominciava alle 16 e stavano facendo ancora le pulizie. Messo in guardia e reso più che mai sospettoso dall'esperienza di Fracchia, sussurrò alla moglie di stare composta e di seguire la vicenda perché forse erano entrati a spettacolo già cominciato.

Alle 16 il teatro era quasi pieno e il sipario si alzò con gran spavento di Fantozzi: si rappresentava una pièce del teatro studio di un giovane autore esordiente. Fantozzi era un po' nel pallone e perché erano finiti in quart'ultima fila dietro l'unica colonna della sala e perché in prima fila aveva riconosciuto il capo dell'ufficio vendite.

Per i primi 20 minuti gli attori, tutti in nero, rimasero in silenzio in una assoluta immobilità Fantozzi aveva spiegato alla signora Pina, rifacendosi alla sua esperienza calcistica, che forse si trattava di un minuto di silenzio per la morte di qualche grande attore, ma questa teoria venne presto accantonata.

Per il caldo dovuto allo spigato siberiano e per la colonna, al ventesimo minuto di silenzio Fantozzi era a disagio. Improvvisamente alle loro spalle balzò su con un urlo selvaggio un attore gigantesco con giaccotto senza maniche di pelle di pecora, capelli radi ma lunghissimi e basette paurose. Mentre Fantozzi andava a pavimento l'attore corse urlando verso un'uscita laterale: brandiva un cartello contro l'intervento americano in Vietnam. Così finì il primo tempo.

Fantozzi, visto che il pubblico si alzava, pensò che fosse finito lo spettacolo e andò verso il guardaroba, ma mentre si infilava il cappotto vide tutti al bar che facevano salotto. La guardarobiera gli spiegò pietosamente che c'era l'intervallo.

Portò la signora Pina verso un gruppetto dove c'era il capo dell'ufficio acquisti con i notabili. Quando Fantozzi fu a sei metri il capo sorrise nella sua direzione e si fece avanti a mano tesa. Fantozzi avanzò emozionatissimo e cominciò: “Dottor Mughini se permette le presento mia mo…”. Il capo passò oltre e strinse calorosamente la mano ad un alto magistrato alle spalle di Fantozzi.

Lui si trovò con la mano tesa contro la parete del bar. La signora Pina gli chiese: “Che fai?”. “Mi leggo la mano” tentò Fantozzi, senza convincerla.

All'inizio del secondo tempo gli cominciarono dei tremendi brontolii di pancia, o borborigmi. Guardò spaventato gli spettatori vicini e sorrise tragicamente, come per dire che non c'era nulla da fare. I brontolii cominciarono a diventare dei latrati. Arrivarono fino alle prime file, che ora cominciavano a zittire. Su consiglio di un vicino, Fantozzi si diresse alla toilette.

Stava per esplodere. Si avventò con una autonomia di 20 secondi, mugolando, verso la porta indicatagli. Entrò, si denudò secondo una sua vecchia abitudine e si lanciò verso la coppa. Ma prima mise il piede su un pezzetto di sapone e con una gran sforbiciata uscì dalla finestra e finì nudo in strada.

Un vigile lo coprì con un guanto bianco e lo riportò in teatro. Tutti pensarono che fosse una trovata del regista e applaudirono.

Entrò improvvisamente un gruppo di contestatori con barbe che occuparono il teatro per protesta. Gli spettatori uscirono in ordine ma Fantozzi, nel frattempo rivestitosi, applaudiva decisamente da fondo sala, convinto di essere arrivato alla passerella finale. Un contestatore in barba gli urlò: “Fascista!” e qui Fantozzi si disorientò completamente perché nel '34 aveva fatto due anni di galera e aveva perso il posto.

Cercò di domandare perché diavolo occupavano il teatro proprio quell'unica volta che lui aveva i biglietti omaggio. Gli rispose un'altra “barba” con sguardo lampeggiante: “Bisogna combattere le strutture del teatro borghese per non lasciarsi schiacciare dal sistema!”. Fantozzi impietosito gli domandò quanto guadagnasse. E quello: “Io? 50 milioni a film!”.

Fantozzi andò al guardaroba, ma scoprì che i notabili gli avevano portato via il cappotto. Mentre tornava verso casa rabbrividendo di freddo pensò che lui e tutti gli altri cinquanta milioni li guadagnavano in cinquant'anni di lavoro in un sottoscala.

FANTOZZI VA AL CIRCO DI MOSCA

Fantozzi domenica pomeriggio è andato al Circo di Mosca.

L'autunno è la stagione più triste per gli impiegati: le grandi vacanze estive sono finite e per godersi un giorno di festa bisogna aspettare fino ai primi di novembre per i Santi Morti, eccetera. Fantozzi la settimana scorsa ha deciso di mettersi sotto mutua. Si era messo d'accordo col medico, suo vecchio compagno di scuola, e si era fatto rilasciare una bella cartolina di “cinque più cinque”. Erano dieci bei giorni di riposo a casa, a leggere romanzi gialli, sentire la radio, far colazione a letto, roba da ricchi insomma. Visite fiscali per un impiegato con la sua anzianità di servizio non erano possibili, l'importante era non farsi vedere in giro perché sarebbero stati guai grossi.

Venerdì scorso un suo vicino di pianerottolo gli suonò alla porta alle 1O del mattino. Lui prudentemente si precipitò in camera sua e si buttò sul letto… mancandolo clamorosamente! Andò ad aprire la signora Pina esterrefatta per quel rumore di ossaglia che aveva sentito. Il vicino di pianerottolo, gentilissimo, le offriva due biglietti omaggio per andare a vedere il Circo di Mosca domenica pomeriggio. Disse che lui aveva la moglie malata, che doveva assisterla e che sperava che quello fosse l'ultimo sacrificio e che sperava che questa fosse proprio la volta buona. Sorrise amabilmente e lasciò nelle mani della signora Pina due grossi biglietti rossi.

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