Paolo Villaggio - Fantozzi
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FANTOZZI VA AL BALLO DELLA CONTESSA SERBELLONI MAZZANTI VIEN DAL MARE
Fracchia e Fantozzi sono stati invitati al ballo della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.
Fracchia e Fantozzi nulla sanno delle regole che governano le serate mondane e si consigliano con un certo Vannenez, che aveva fama di essere stato l'uomo di punta in tempi andati ai balli dell'Opera di Vienna: e sbagliarono completamente tutto. L'invito prescriveva “gradito l'abito scuro”. Affittano allora da un costumista teatrale due frak da orchestrali (a Fracchia le maniche erano lunghe e sembrava un mutilato; Fantozzi pareva in bermuda). Si presentarono nella bellissima villa medicea di Montelupo della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare. Scambiati ovviamente per orchestrali, furono subito messi in prova dal capo orchestra, certo conte Semenzi, un conte, questi, decaduto.
I due fecero dei disperati tentativi con due trombe e poi furono schiaffeggiati selvaggiamente dal conte. Sorrisero servilmente: credevano di essere in piena festa e che si stesse svolgendo uno di quei divertentissimi giochi di società di cui avevano tanto sentito parlare. Chiarito l'equivoco (il conte Semenzi fu poi giustiziato con mezzi di fortuna nel cortile della villa) vennero introdotti nei saloni.
II Fantozzi in bermuda baciò la mano al conte Serbelloni, che intanto non dava la mano al Fracchia il quale non poteva prenderla dato che le sue mani non fuoriuscivano dalle maniche. I posti a sedere in questi balli sono limitatissimi. Dalla contessa erano quaranta e gli invitati quattrocento. I più scaltri avevano conquistato dopo rapidissime risse le poltrone e le sedie, altri stavano con molta classe sdraiati per terra o sulle scale. I lampadari erano al massimo della capienza!
Fantozzi adocchiò un dondolo meraviglioso nel giardino della villa. Disappannò il vetro (la temperatura esterna era di 18 gradi sotto zero): per un effetto lente del vetro concavo si intravvedeva di là un cagnolino. Fantozzi disse: “Che tesoro!” e pensava al dondolo. E uscì.
Il cane era un gigantesco alano brandenburghese di nome Friedman da quattro tonnellate. L'alano gli fece in silenzio una violenta presa di collo e se lo portò in una zona isolata del giardino, dove stava già scavando una fossa. Un grido provvidenziale del conte Serbelloni salvò il Fantozzi.
Rientrò stravolto col frak a brandelli e disse: “Fracchia, andiamo via, sono un po' stanco”. Salutarono il conte, che cortesemente li accompagnò fino alla porta. Fantozzi aprì. Sul pianerottolo c'era l'alano Friedman che li aspettava. Richiuse di colpo e disse al conte: “Ci facciamo ancora un ballo?”. E sparirono in un vortice di danze viennesi. Più tardi Fracchia scese dalla grondaia, salì in macchina e partì. Vide un lampeggio alle spalle, si accostò sulla destra per lasciar passare: nulla. Ancora un lampeggio, Fracchia abbassò il finestrino, disse: “Dai, passa!” e fece il gesto con la mano. Poi accelerò a tavoletta: dietro a lui non erano fari, erano gli occhi dell'alano Friedman che lo inseguiva al galoppo. Continuò così fin sotto casa. Fracchia cercò di uscire guardingo dall'auto ma l'alano ringhiava paurosamente. Attese un'ora, la belva sembrava dormisse, lui aprì lentamente la portiera e il cane si alzò ringhiando.
Quella notte dormì in macchina e per due settimane fu nutrito dalla moglie che gli passava vivande con un cesto calato dal balcone.
FANTOZZI VA A UN FUNERALE MONDANO
Domenica scorsa Fantozzi è stato invitato dal suo capufficio conte Balboni Virelli Bocca a un funerale molto importante.
Era deceduto in un avventato “cimento invernale” il professor Vignardelli Bava di 92 anni, grande ufficiale, gran cordone e soprattutto direttore artificiale della società. Il cimento invernale è una sorta di gara che si effettua in Liguria in pieno inverno: un gruppo di malconsigliati si getta in mare con temperature vicine e alle volte sotto allo zero. Vince il pazzo che esce ultimo dall'acqua.
Il professor Vignardelli Bava aveva bensì vinto la gara, ma era passato a miglior vita. Quando i concorrenti si erano buttati, venerdì 13 dicembre, su un quasi lastrone di ghiaccio, il professore si era staccato dal gruppo con poderose bracciate, sotto lo sguardo ammirato di un folto pubblico di dipendenti ovviamente entusiasti per ragioni gerarchiche. A un duecento metri dalla riva, il Vignardelli Bava cominciò a salutare col braccio. Salutava e da terra tutti rispondevano. A un tratto il professore cominciò a tenere il braccio alto, fuori dell'acqua, ma senza muoverlo. Dopo mezz'ora tutti gli altri concorrenti si erano già ritirati. Il professore era sempre lì, fermo, tra le ovazioni servili della folla. Dopo un'ora fu riportato a terra in un cubo di ghiaccio.
Domenica hanno avuto luogo i funerali. È stata una cerimonia di grande rilievo mondano. Tutti i notabili della città vi hanno partecipato con cordoglio teatrale.
Fracchia, collega di sottoscala di Fantozzi, era già stato consigliato a intervenire dal conte Balboni Virelli Bocca (veramente questi non era conte nel modo più assoluto, ma ci teneva tanto al titolo e soprattutto era così decisamente capufficio che Fantozzi alle volte lo chiamava “sire”). Fantozzi, invece, non aveva ancora ricevuto istruzioni. Finalmente sabato giunse l'invito ufficiale: anche a lui veniva consigliato di presentarsi alla cerimonia al Cimitero Maggiore.
Lo spettacolo cominciò alle 9 del mattino. Fantozzi e Fracchia sbagliarono subito funerale. Se ne accorsero per pura combinazione all'orazione funebre. Parlava un “funeraliere” professionista truccato da affranto dal dolore. “Tu,” diceva l'oratore “sei scomparso lasciandomi un gran vuoto qui” e si indicò la giacca all'altezza del cuore. Fantozzi domandò a un signore in elegantissimo completo da funerale: “Gli voleva molto bene?”. E quello: “Macchè, gli doveva un sacco di soldi”. L'oratore intanto: “Tu sei scomparso improvvisamente, dopo una vita interamente passata all'ombra della famiglia”. E qui Fracchia, che cominciava a subodorare l'errore, domandò a un congiunto che si stava addormentando: “Mi scusi, ma di che cosa è morto?”. E quello: “Insolazione!”.
Fracchia e Fantozzi capirono l'errore e cominciarono a cercare il funerale giusto. Lo trovarono quando già si era arrivati all'orazione funebre. Venne avanti a parlare il professor Zingales, grande amico dello scomparso, titolare di letteratura italiana all'università di Perugia e membro dell'accademia della Crusca: “Vorrei spendere due parole…”; dal gruppo una voce: “Tre!”; altra voce: “Quattro”; e il professor Zingales: “E siamo a quattro, c'è qualcuno che offre di più?”; voci isolate: “Cinque!.. Cinque e mezzo!..”; dal fondo, inaspettatamente: “Dodici!”; era il professor Bellotti-Bon!
Grandi mormorii di stupore nel gruppo per tanta audacia. “Commemorazione assegnata al professor Bellotti-Bon con dodici parole” fece il banditore e gli cedette la parola. Il Bellotti-Bon: “Vorrei spendere undici par…”. Dal fondo: “Non cominciamo a fregare. Lei si è impegnato per dodici!”. Riparte il Bellotti-Bon: “Tu che eri noto col curioso nomignolo di uomo del '48”. Fantozzi domandò a un gruppetto: “Eroe del Risorgimento?”. “No, no” rispose il gruppo decisamente. “Casinista pauroso!”
Bellotti-Bon: “Tu che raggiungi in cielo il tuo indimenticabile collega professor Mannaroni Turri, scomparso nel labirinto dei giardini di Boboli a Firenze, durante l'annuale gioco “Liberi tutti” che si teneva con i colleghi della facoltà di Pisa…”. Interrompe uno dal fondo: “Scuola normale?”. “Non molto,” rispose Bellotti-Bon “vista la natura dei giochi!” E riprese: “Se noi ora fuuu…” e qui si bloccò. Si era trovato di fronte alla tragica barriera di un congiuntivo. Dall'angolo della bocca gli usciva solo quel curioso sibilo “fuuu…”. Un collega gli si avvicinò vedendolo in difficoltà e gli chiese: “Professore, cosa diavolo le succede? Ha forato?”. E lui: “No, mi trovo in spaventosa difficoltà con un congiuntivo” Il collega lucidissimo: “Quale?”. Il Bellotti: “Congiuntivo imperfetto prima persona plurale… vado per tentativi?”. E il collega: “Vadi!”.
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