Federico Moccia - Scusa ma ti chiamo amore

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"Fratelli o sorelle?"

"No."

"Usciti anche loro?"

"Figlio unico" e le stringe delicatamente la mano. "Vieni. Ti faccio vedere." Apre una porta color noce e una stanza grande, luminosa e piena di libri li accoglie. Non le da il tempo di chiedere "Leggi molto?" perché tanto le regala una risposta ancora più importante. Un bacio lungo, intenso, profondo la rapisce. E quella stanza sembra un mare che dondola d'estate, sembra un cielo che osserva due nuvole bianche che si rincorrono. Robbie Williams arriva in sottofondo dal salotto... e sembra il vento quando parla agli alberi e li scuote, raccontandogli di posti lontani, appena visitati... "We are love don't let it fall on deaf ears. Now it's clear, we have seen heaven from here..." Il paradiso è una semplice camera da letto di un ragazzo che gioca a pallacanestro e ha un pensiero carino ogni mattina per lei, un pensiero al sapore di cereali e frutti di bosco. Il paradiso è una coperta azzurra e leggera di un letto grande che la accoglie come un petalo che cade tra le onde. E lei si sente portare, morbida e un po impaurita, felice però di essere lì, di avere accettato quel viaggio insieme che stanno per fare. Senza partire. Senza bagagli. Senza mappe o cartine. Perché in amore le strade e il paesaggio sono sempre una scoperta continua. Perché nessuno te li insegna. O forse sì. E il suo respiro ti guida. Ti dice dove voltare. Dove rallentare. Dove fermarsi... E poi ripartire senza paura. Filippo la guarda così, sdraiata, bellissima. E gli sembra di non aver mai visto tanta luce arrivare da due occhi soltanto. Gli sembra che la vita di colpo abbia davvero senso e che tutto ciò che ha fatto fino a oggi sia servito proprio per arrivare fino a lì. In quel nuovo

paradiso, destinazione felicità. Quella stanza. Si avvicina piano e la carezza e sente il suo respiro farsi lento e profondo, impaurita, piccola onda persa in quel mare che stanno per prendere.

"Io... non l'ho mai fatto..." gli sussurra lei in un orecchio.

"Nemmeno io..."

"È la tua prima volta?"

"Sì... con te" e forse è vero, forse no. Ma è così bello credere nella felicità. E quella risposta vale cento, vale mille, vale tutto un passato che non importa più conoscere. Perché quando fai l'amore con chi ami è sempre la prima volta, è sempre una partenza. Diletta lo guarda e poi lo abbraccia fortissimo. Si sente protetta, si sente accolta e amata. E allora quel letto diventa una barca in mezzo a quelle onde. Onde calme, leggere, onde che cullano. Onde che non fanno paura. Onde verso una nuova isola, deserta, solo per loro.

"Cronaca. In uno scontro a fuoco è stato ferito gravemente il giovane Gino Bassani, più conosciuto con il soprannome de il Civetta. Il giovane era già stato arrestato per furti di macchine e spaccio di stupefacenti. Questa volta ha tentato un colpo più grande di lui introducendosi... "

Più tardi. La foto di una grande scogliera schiaffeggiata dal mare è appesa tra la porta e l'armadio. Diletta la guarda. Sorride. Filippo le accarezza i capelli, li sposta, libera il suo viso dandole più luce. E poi, un bacio leggero sulla guancia.

"Sei bellissima, dopo l'amore."

"Anche tu. Hai visto?"

"Cosa?"

"Gli scogli."

Filippo si gira. Guarda anche lui la foto.

"Sì, è una foto che ho fatto quando sono andato in Bretagna, l'estate scorsa. Sai, la chiamano il regno del vento. Puoi fare la strada dei fari, da Brest a Ouessant, partendo da quello di Tré-zien, a Plouarzel. Ma a me piacevano proprio le scogliere.

Solide, forti, sempre a respingere il mare e alla fine... ne diventano totalmente parte..."

Un altro bacio leggero su quelle belle labbra rosse, morbide, ancora trattate d'amore.

"C'hai mai pensato? Gli scogli resistono alle onde, al sale, al vento ma si lasciano modellare, cambiano forma, con il tempo diventano lisci, perdono spigoli, sembrano morbidi..."

Diletta si appoggia a lui.

"Le onde e gli scogli... come l'amore tra le persone. Ci si incontra, ci si sceglie, si va in mare aperto..."

Filippo le prende il viso tra le mani.

"E tu, piccola onda, ti sei fatta amare..."

Si abbracciano. Poi lei lo guarda, si stringe forte a lui. E sorride, nascosta tra le sue braccia.

"Ho aspettato tanto perché avevo paura... Vorrei tanto essere stata sciocca. Non mi far avere ragione."

"Sei stata intelligente ad aspettarmi... E ad aver paura. Ma ora saresti sciocca a non vivere la nostra felicità."

"Ancora riservata ma comunque stazionaria la prognosi del noto cantante Fabio Fobia. È rimasto coinvolto in una rissa avvenuta in un centro sociale sulla Tiburtina. Alla fine del suo concerto sembra che una ragazza del pubblico non abbia gradito le sue particolari e insistenti attenzioni. È così scoppiata una rissa tra il giovane cantante e l'accompagnatore della ragazza che ha avuto la meglio su di lui. Fabio Fobia è tutt'ora ricoverato. Trasmettiamo ora un pezzo del suo ultimo singolo arrivato finalista nel concorso delle giovani voci di Villa Santa Maria in Abruzzo: 'Perdonami forse ho sbagliato, mi sono ricordato tutto quello che mi hai regalato. Un sorriso. Un bacio. Un viaggio mai ini

ziato...'."

Il cameriere arriva con due marinare fumanti. Ha già portato due birre medie belle fresche. Erica lo guarda.

"Devo confessarti una cosa."

"Dimmi."

"Tu scrivi troppo bene. Mi hai fatto compagnia in queste settimane. Ho letto le tue cose sul computer."

"Ma dai! Davvero?"

"Ti scoccia?"

"Ma no. In fondo chi scrive lo fa per essere letto, prima o poi. E meglio se da un'estranea!"

"È una cosa buffa perché invece a me sembra di conoscerti da sempre. Proprio perché ti ho letto!"

"Cosa ti piace in particolare?"

"Mah... ad esempio molti passaggi che hai nella cartelletta, quella che si chiama "Martin". È il tuo nome d'arte, vero? Bello. Ecco, lì hai scritto delle cose davvero belle... me le sono anche ricopiate sul diario. C'è l'ultima frase, quella che dice "E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere". Cavoli, è bellissima!"

Stefano resta zitto. Mastica un po di pizza. Ma ha un'espressione un po buffa. Erica continua.

"Poi c'era anche l'altra cartelletta, quella "L'ultimo tramonto" Ecco, devo dire che lì hai dato il tuo meglio. Sono dei pezzi bellissimi! Ma quello non l'hai finito ancora, vero?"

Stefano smette di mangiare. Appoggia la forchetta sul piattone bianco. Prende la pinta e beve un sorso di birra. Poi si mette a ridere.

"Che c'è ora, che ho detto?"

"No, nulla... è che è buffo!"

"Che?"

"Allora. Martin non è il mio nome d'arte. Sta per Martin Eden. E quello che hai letto nella cartellina è la mia traduzione del romanzo di Jack London che porta quel titolo."

Silenzio.

" Ma è quello che ci davano a scuola..."

"Sì, proprio quello... Ne stanno facendo uscire una versione moderna e mi avevano scelto per tradurlo e tu... Be, per fortuna mi hai salvato, non ce l'avrei mai fatta se non mi restituivi il computer con tutto il lavoro che avevo già fatto."

"Ma sul serio è Jack London?"

"Sul super serio, dovrò fare anche il prossimo, II vagabondo delle stelle..."

"Uffa, mi sa che Martin Eden l'avevo pure letto... potevi anche scrivercelo... no?"

Silenzio.

"E allora anche quell'altro romanzo è di Jack London?"

"No."

"Di un tuo amico, allora."

"No."

"Di uno degli autori della casa editrice?"

"No. E mio."

Silenzio.

"Mi stai prendendo in giro?"

"No, sul serio, è mio. E sei la prima persona che lo ha letto..."

"Ma dai! Ma sei bravissimo!" e Erica batte le mani sul tavolo facendo voltare altri clienti della pizzeria. "Tu sei un mito! Ma scrivi troppo bene! Sei il mio scrittore preferito!" Prende la pinta e la spinge al cielo. Stefano sorride e fa altrettanto. I vetri si toccano e si respingono allegri. "All'uomo delle parole giuste per me!" E ancora non sa quanto quel brindisi sia vero.

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