Federico Moccia - Scusa ma ti voglio sposare
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Enrico cammina su e giù nel salotto, poi entra piano nella camera della bambina, preoccupato la guarda nella penombra, un viso piccolo nascosto da un lenzuolo, un respiro leggero, così leggero che Enrico si deve avvicinare per poterlo sentire. E lo respira tutto, fino in fondo, con le sue delicate fragranze, con quel sapore di neonato, quella freschezza, quell'incanto dato dalle mani così piccole, incerte, aperte, schiuse sul piccolo cuscino, sul suo personalissimo nuovo mondo e poi, dolcemente, di nuovo richiuse, ma che esprimono sempre una serenità incredibile. Enrico fa un respiro più lungo e poi esce lasciando un piccolo spiraglio. Forte di nuovo, ricaricato da quella creazione sua, solo sua, il miracolo della vita. E solo per un attimo la sua mente corre lontana attraverso mari, monti, paesi stranieri, fiumi, laghi e ancora terra per arrivare lì, su quella spiaggia. E immagina Camilla che cammina alla luce del sole su quella sabbia, sul lungomare, con un pareo
legato in vita, ridendo, scherzando, chiacchierando con chi le sta accanto. Ma vede solo lei e nulla più, il suo sorriso, la sua risata, i suoi bei denti bianchi, la sua pelle già leggermente abbronzata, e quasi le si avvicina, la sfiora, la ama ancora per un'ultima volta. È come se fosse Denzel Washington in Déjà vu con quella bellissima donna di colore. Poi Enrico la vede entrare nel bungalow e lui resta fuori. Lì, da solo, abbandonato, intruso, fuori luogo, non voluto, di troppo. Mentre qualcun altro sorridendo si infila al posto suo e chiude la porta. E così rimane a guardare da lontano, a immaginare, e soffre ricordando la voglia, la passione, il sapore dei suoi baci, l'eccitazione nello spogliarla, i suoi completi eleganti, il suo modo di muovere i capelli, di sfilarsi le calze, di distendersi sul letto, di accarezzarsi… E quella sofferenza diventa enorme e si trasforma in rabbia, e in silenzio sente i suoi occhi umidi e un vuoto enorme dentro. Soffre ma, prima che scenda una lacrima, si avvicina al computer. E la calma ritorna lentamente, in modo soffuso, come quella luce che illumina lo schermo. Un respiro lungo. Un altro. E un altro ancora. E il dolore piano piano si allontana. Un pensiero leggero che fugge via come un gabbiano che vola basso sulle onde maldiviane. E un'amara certezza: cresci, sperimenti, impari, pensi di sapere come funziona, pensi d'aver trovato la chiave giusta per capire e affrontare tutto. E poi, quando meno te l'aspetti, quando l'equilibrio sembra perfetto, quando pensi d'aver dato tutte le risposte o perlomeno la maggior parte, ecco un nuovo quiz. E non sai cosa rispondere. Impreparato. Capisci solo che l'amore non ti appartiene, è quel magico momento che due persone decidono contemporaneamente di vivere, contemporaneamente di assaporare fino in fondo, sognando, cantando nell'anima, sentendosi leggere, uniche. Senza possibilità di ragionarci più di tanto. Così finché tutte e due vorranno. Finché uno dei due non volerà via. E non ci sarà modo, né fatti, né parole che potranno ricondurre l'altro a ragione. Perché nell'amore ragione non c'è… Enrico è lì, da solo, a guardare chi non c'è più. Resta solo quel gabbiano da ammirare. Sfiora l'acqua, le onde, ed è come se scrivesse "fine" planando sul mare.
Enrico fa un ultimo sospiro, apre Google, digita quella parola e poi clicca su "cerca". E sul monitor improvvisamente compare l'unica vera soluzione possibile di quel momento: babysitter.
Olly finisce di pulire i piatti dove hanno mangiato il dolce le sue amiche Onde. Li mette dentro il lavandino e comincia a far scorrere l'acqua. Raccoglie i quattro cucchiaini e li lascia in un bicchiere, poi torna in salotto a prendere ciò che è rimasto della torta. Che buffo, l'hanno mangiata tagliandola proprio a metà. La scritta così è cambiata. Sarà uno scherzo del destino o il disperato tentativo delle Onde di stare un po'"a dieta? Fatto sta che quel "senza" è sparito e Olly mette la torta nel frigo con uno strano presentimento, quasi una minaccia, un pericolo suggerito dalle lettere che spuntano in mezzo a tutta quella dolcezza lasciando un pensiero amaro: "Stagista… rischi!".
Ore due di notte. Pietro esce furtivo dal portone. Cerca di nascondere il viso, come un ladro che ha appena rubato in un appartamento. Ma in realtà sono in due ad aver fatto il colpo, è come se entrambi avessero ammesso di non essere in grado di vivere semplicemente con quello che hanno. Vogliono di più, vogliono qualcosa di diverso. Vogliono quel che non hanno e se lo rubano a vicenda.
Pietro entra in macchina, l'accende e parte a tutta velocità nella notte. Ora sembra quasi soddisfatto, fa un sospiro lungo, anche questa è andata, pensa tra sé, come uno strano campionato, un ridicolo torneo dove la stessa persona sarà prima e ultima visto che il torneo è solo suo e nessun altro concorrente gareggia.
Erica rientra piano piano a casa, in punta di piedi. Guarda in salotto. Porca miseria, questa non ci voleva. Oh, sempre la stessa storia. Papà si è addormentato di nuovo davanti alla tv. Gli passa davanti cercando di fare meno rumore possibile e va verso la camera da letto. Lo supera, poi ci ripensa e torna indietro.
Non c'è niente da fare, non ci riesce. Malgrado il rischio, la curiosità è troppo forte. Si avvicina all'agenda sul tavolino, proprio nell'angolo vicino al divano sul quale il padre dorme. Vediamo chi mi ha chiamato. Quasi lo sussurra tra sé e sé. Per Erica: Silvio, Giorgio, Dario. Che palle… Nessuno di quelli che mi interessano.
Crrr. II rumore forte le fa fare un salto. Il padre ha avuto come un improvviso russare, un brontolio notturno, insomma le ha fatto prendere un colpo. Erica alza il braccio al cielo come per mandarlo a quel paese. Poi sorride, ascolta il suo cuore con la mano poggiata sul petto e sente che batte all'impazzata. Allora scuote la testa e si dirige verso la camera da letto. Non può spegnere la tv perché l'ultima volta che l'ha fatto suo padre si è svegliato di colpo, gli ha preso quasi un coccolone, è saltato giù dal divano.
L'improvviso silenzio della tv spenta era stato come un rumore assurdo per uno che se la dormiva beatamente in quel frastuono.
Erica chiude la porta del salotto, ora cammina più veloce nel corridoio, tanto sua mamma ha il sonno pesante, arriva nella sua camera e si spoglia a tempo di record. Maglia, scarpe, pantaloncini, cintura. Ormai è un asso. Riuscirebbe a togliersi qualsiasi cosa al buio, anche se fosse piena di bottoni. Lancia tutto. sulla poltrona. La mira però non è delle migliori senza la luce e la maglia finisce per terra. Se ne accorgerà domattina. L'importante è rimettere ogni cosa a posto prima che qualcuno entri in camera. Va subito in bagno, si lava i denti, si spazzola un po'"i capelli, poi una sciacquata veloce alla faccia e si infila il pigiama.
Prima di entrare a letto prende il telefonino. Deve metterlo in carica. Nessun messaggio. Nessuna bustina lampeggiante. Nessuna novità. Uffa. Scrive velocemente: "Ci sei?". E lo manda a Giò. Aspetta un minuto. Due. Infine alza le spalle. Non fa niente, starà già dormendo. Poi Erica sorride. Magari mi starà sognando. E con quell'ultimo pensiero, pieno di fiducia, si infila sotto le lenzuola e si addormenta felice. Senza pensare che quando non ami più una persona non la devi tenere legata a te solo perché ti dà sicurezza o ti fa sentire comunque importante. La tua indipendenza ha il costo della libertà e la libertà può essere totale solo quando c'è onestà nei confronti di te stessa e di chi ti ha amato.
Alex si rigira agitato nel letto. È leggermente sudato. Sta avendo un incubo. Si sveglia di soprassalto. Guarda subito l'orologio. Le sei e quaranta. Beve un bicchier d'acqua e per la prima volta da tanto tempo si ricorda del sogno appena fatto. Di solito li dimentica. Stavolta invece si ricorda ogni particolare. Sta in un tribunale. Tutti gli avvocati portano delle parrucche bianche, le toghe lunghe con il mantello, il cappello nero. Poi di colpo si gira e gli avvocati della difesa non sono altro che i suoi amici Pietro, Enrico e Flavio, mentre dall'altra parte, quella dell'accusa, ci sono le loro mogli, Susanna, Camilla e Cristina. Hanno la faccia bianca di cipria. La giuria è formata dalle amiche di Niki, Olly, Erica, Diletta, con i loro fidanzati, il padre e la madre di Niki, e i suoi! E poi improvvisamente quella voce: "Tutti in piedi, entra il giudice". E al centro della sala, dietro un grande tavolo in legno con quella poltrona enorme in pelle, prende posto lei, il giudice: Niki. È bellissima, ma più donna, come adulta, cresciuta. E serena. Batte forte il martello sul tavolo.
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