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Federico Moccia: L'uomo che non voleva amare

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Federico Moccia L'uomo che non voleva amare

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«Ho detto molto ma molto più ricco.»

«Allora tu sei proprio molto ma molto più stronzo!»

Gianfilippo bevve un sorso del suo Campari. Poi sorrise e cercò di recuperare. «Ma amore, con te non si può mai scherzare…»

«Non stai scherzando.» Benedetta alzò le spalle decisa e si girò di tre quarti. Guardò lontano nel salone. I quadri, le statue e infine gli ospiti del Circolo della Caccia, uno dei più esclusivi.

Tutti camminavano tranquilli, sicuri. Alcuni si saluta-vano sorridendo, si conoscevano da sempre, una cerchia ristretta, i più potenti e i più facoltosi di tutta Roma.

Gianfilippo provò a prenderle la mano. «E dai, non lare così.»

Benedetta la ritrasse veloce. «È stato uno scherzo di cattivo gusto, non capisco perché ti diverta scherzare sul fatto che sia più ricco di te…»

Gianfilippo allargò le braccia. «Ma io non sto scherzando! Lo è… e moltissimo.»

Benedetta si girò e scosse la testa. Non c’era niente da fare. Non avrebbe capito mai. Ma in fondo era inutile discutere. E poi sicuramente era una sua esagerazione.

Come faceva a essere molto ma molto più ricco di lui?

Gianfilippo era la persona più facoltosa che avesse mai conosciuto. E nello stesso momento in cui si rese conto di aver avuto questo pensiero, si ritrovò a sorridergli un po’ imbarazzata, così cercò subito di distrarlo.

«Dai, non litighiamo. Raccontami qualcosa di più di tuo fratello prima che arrivi, sono curiosa.»

Gianfilippo fece un sospiro.

«È sempre stato uno spericolato. Ha da sempre col-lezionato incidenti con la moto, ha fatto surf e girato mezzo mondo a seconda di dove si svolgevano le gare, Hawaii, Canarie… Poi è stata la volta della canoa, del paracadute, del parapendio. Insomma non si è fatto mancare nulla. Credo che abbia provato apposta tutti gli sport più estremi per rischiare la vita…»

E in quel momento sentì la sua voce. «Quindi tutto sommato non devo essere in gamba!» Benedetta si girò di scatto. Un uomo era di fronte a lei.

«Stando ai suoi racconti sono uno che ha cercato di ammazzarsi e non c’è mai riuscito.»

Era alto, slanciato, snello, aveva una camicia bianca perfettamente stirata, le maniche arrotolate tanto da scoprire l’avambraccio muscoloso, la carnagione leggermente scura, gli occhi di un blu intenso, segnati, vis-suti. “Lo fanno sembrare più grande” pensò Benedetta, “ecco no, forse più sicuro, più uomo, più… Più tutto.”

Gli sorrise. “Non so se come dice Gianfilippo è molto ma molto più ricco di lui, una cosa è sicura, è molto ma molto più bello.”

Si sedette davanti a lei con grande eleganza, quindi le diede la mano presentandosi.

«Tancredi.»

«Benedetta.»

Poi accavallò le gambe e poggiò le braccia sulla poltrona. «Allora, cosa fa una donna tanto bella con uno così… così… non mi viene.»

«Forse fico?» gli sorrise Gianfilippo.

Tancredi storse la bocca. «Veramente non era la parola che cercavo.»

«Se per non essere noioso bisogna fare la vita che fai tu, allora sono felice di esserlo.»

«Perché?» Tancredi lo guardò fintamente stupito.

«C’è qualcosa che non va in quello che faccio?»

In realtà il fratello ignorava la maggior parte di quello che faceva e quel poco di cui era a conoscenza non lo condivideva. Gianfilippo cercò di trovare un po’ di sicurezza. «Be’, già il fatto che tu sia ancora vivo mi sembra un discreto successo, anzi parlerei di miracolo…»

In quel momento Benedetta prese un’oliva, la infilzò con uno stuzzicadenti e la fece girare dentro il bicchiere, nel Bitter rimasto. Poi la mangiò così, un po’ dolce e un po’ salata.

I due fratelli si guardarono, Gianfilippo alla fine sorrise, Tancredi abbassò lo sguardo. Benedetta rimase con l’oliva in bocca stupita di quello strano silenzio.

Gianfilippo la guardò e scosse leggermente la testa, co-me per dire: “Non è niente, poi ti spiego”. Proprio nello stesso istante lei si sentì chiamare.

«Benedetta, che ci fai qui!»

Una ragazza distinta si fermò all’entrata del salotto, poco distante da dov’erano seduti loro. Aveva un tailleur blu con una piccola pochette di Gucci e i capelli raccolti, biondi. Benedetta si alzò sorridendo. «Gabriella! Scusate…» Lasciò i due fratelli e corse a raggiunger-la. Si abbracciarono e iniziarono a chiacchierare.

Gianfilippo guardò Tancredi, gli sorrise. Tancredi alzò il braccio cercando di segnalare la sua presenza al cameriere.

«Scusi?»

Gianfilippo insistette. «Hai visto che strano?»

Tancredi sospirò. «Già.»

Finalmente arrivò un cameriere.

«Per favore, mi può portare una birra?»

«Certo, signore.»

Il cameriere pensò che fosse finita lì e fece per allontanarsi ma Tancredi insistette. «Che birra avete?»

«Tutte, signore.»

«Allora vorrei una Du Demon.»

Il cameriere fece ancora per allontanarsi ma arrivò quell’ultima raccomandazione. «Che sia gelata.»

Tancredi avrebbe voluto far finta di niente ma sapeva che non poteva più evitarlo. Infatti incontrò lo sguardo del fratello. «Incredibile, vero?»

«Sì. È stato strano.»

«Strano? E stata la cosa più assurda che potesse ca-pitare! Ha fatto esattamente come lei…»

E fu come se tornassero insieme a quel ricordo.

Claudine stava facendo girare un’oliva all’interno di un bicchiere, la teneva attaccata a uno stecchino, poi sorrise, la tirò fuori e, proprio quando stava per cadere quella goccia rossa, ci mise sotto la lingua. Poi fece scivolare in bocca l’oliva e ci giocò, come fosse una piccola acrobata, fino a farla sparire. E la mandò giù. «Mmm, buona.» Girò l’indice sulla guancia prendendo in giro il fratellino più piccolo, Tancredi.

«E dai, te le sei mangiate tutte! Quella era mia.»

«Ma sei lento, troppo lento.» E fuggì via così, verso la piscina nel parco. Iniziò a correre come una gazzella tra i cespugli di rose, le siepi verdi e gli alberi.

In un attimo Tancredi fu dietro alla sorella. Lei rideva e ogni tanto si girava. «Non ce la fai, non mi superi…» Accelerò e sfilandosi il vestito leggero lo gettò sul prato, poco prima di arrivare in piscina. Si fermò sul bordo. «Hai visto? Ho fatto prima io.» E si buttò con un tuffo perfetto. Nuotò sott’acqua e riaffiorò poco più in là, al centro della piscina, si portò tutti i capelli indietro, lunghi, scuri scoprendo il viso già leggermente abbronzato, poi socchiuse gli occhi e sorrise, mentre Tancredi si stava ancora sfilando le scarpe.

«Allora? Capirai… lento… troppo lento.»

Rise anche Gianfilippo che stava in acqua seduto su una poltrona gonfiabile trasparente. Teneva ancorata a sé con le gambe la sua ragazza Guendalina. Lei stava a pancia sotto su un materassino arancione e con una mano era attaccata alla gamba di Gianfilippo che penzolava dalla poltrona. E rise anche lei, già perfettamente abbronzata. Il suo costume celeste chiaro metteva in risalto ogni sua più piccola curva. Alla fine Tancredi, rimasto in costume, fece una corsa e saltò. Raccolse in volo le gambe e fece un tuffo a bomba, piombando in acqua e bagnando tutti.

«E dai!» Cominciarono a schizzarsi. Gianfilippo cadde dalla poltrona, si aggrappò al materassino di Guendalina, trascinando anche lei. Finirono sott’acqua e uscirono ridendo, ma Guendalina fu velocissima, iniziò a schizzare così forte Gianfilippo che a lui non rimase altra scelta che spingerla sotto. La tenne per un bel po’

così che quando la lasciò andare Guendalina saltò fuori facendo un lunghissimo respiro.

«Ma sei cretino? Stavo annegando!»

«Macché!»

«Stupido… Sei stupido.»

E lottarono ancora un po’. Alla fine lui la bloccò e cercò di baciarla. Ma lei lo morse.

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