George Martin - Il trono di spade

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In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L’ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all’ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all’estremo Nord la Barriera — una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei — sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita o il sonno a chi ha la mala di incontrarli?

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«Hanno portato via i branchi di cavalli di Drogo» aggiunse Rakharo. «Eravamo troppo pochi per impedirglielo. I forti hanno il diritto di prendere ai deboli. Hanno preso anche molti schiavi, del khal e tuoi. Ne hanno però lasciato alcuni.»

«Eroeh?» A Daenerys tornò in mente le ragazzina terrorizzata che aveva salvato fuori dalla città degli Uomini agnello.

«Mago l’ha presa» rispose ser Jorah. «È cavaliere di sangue di khal Jhaqo, adesso. Prima l’ha montata lui da tutte le parti, poi l’ha data al suo khal. Jhaqo a sua volta l’ha data ai suoi cavalieri di sangue. Erano in sei. Dopo che ebbero finito con lei, le hanno tagliato la gola.»

«Era il suo destino, khaleesi» disse Aggo.

“Voltati indietro, e sarai perduta.” «Un destino crudele» disse Dany. «Ma non tanto quanto lo sarà il destino di Mago. Ve lo prometto. Sugli dei antichi e sugli dei nuovi e su qualsiasi altro dio. Lo giuro di fronte alla Madre delle Montagne e al Grembo del Mondo. Prima che io abbia finito con loro, Mago e khal Jhaqo imploreranno quella misericordia che hanno negato a Eroeh.»

I Dothraki si scambiarono occhiate incerte. «Khaleesi» disse la sua ancella Ini con il tono di chi spiega qualcosa a una bambina «Jhaqo è khal, adesso. E cavalca alla testa di ventimila guerrieri.»

«E io sono Daenerys Nata dalla tempesta.» Daenerys sollevò il volto. «Daenerys della nobile Casa Targaryen, sangue di Aegon il Conquistatore e di Maegor il Crudele e, prima di loro, dell’antica Valyria. Io sono la figlia del drago, e io vi giuro che quegli uomini morranno urlando. Ora portatemi da khal Drogo.»

Giaceva sulla nuda terra rossa con gli occhi fissi sul sole. C’era una dozzina di mosche del sangue sul suo corpo, ma lui non pareva sentirle. Daenerys le scacciò e s’inginocchiò accanto a lui. I suoi occhi erano spalancati, ma non vedevano nulla. Dany seppe che era cieco. Sussurrò il suo nome, ma parve non averla udita. In qualche modo, la ferita al petto era rimarginata. La chiudeva una cicatrice grigiastra e purpurea, orrida.

«Per quale ragione è qui fuori, da solo, sotto il sole?»

«Sembra che voglia il calore, principessa» rispose ser Jorah. «Anche se non può vederlo, i suoi occhi seguono il sole. Riesce a camminare. Va dove viene guidato, ma non oltre. Se gli si mette cibo in bocca, mangia. Se gli si fa gocciolare acqua sulle labbra, beve.»

Daenerys depose un bacio sulla fronte del suo sole-e-stelle. Poi si alzò in piedi per affrontare Mirri Maz Duur. «I tuoi incantesimi sono costosi, maegi.»

«Egli vive» rispose Mirri Maz Duur. «Hai chiesto vita. E vita hai pagato.»

«Questa non è vita, per un uomo come Drogo. La sua vita era risate, carne che arrostisce sul fuoco, un destriero tra le gambe. La sua vita era un arakh in pugno, e campanelle tintinnati nel vento mentre galoppava verso il nemico. La sua vita erano i suoi cavalieri di sangue, e io, e il figlio che stavo per dargli.»

Mirri Maz Duur rimase in silenzio.

«Quando tornerà come prima?»

«Quando il sole sorgerà a occidente e tramonterà a oriente» rispose la sacerdotessa. «Quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte. Quando il tuo grembo sarà di nuovo fecondo e tu darai vita a un figlio vivo. Allora, e solo allora, lui farà ritorno.»

«Lasciateci.» Dany fece un gesto a ser Jorah e agli altri. «Voglio parlare da sola con questa maegi.» Mormont e i Dothraki si ritirarono. Daenerys attese che si fossero allontanati. «Tu sapevi!» Stava soffrendo, dentro e fuori, ma il furore era la sua forza. «Sapevi cosa stavo comprando e sapevi quale sarebbe stato il prezzo. Eppure hai lasciato che lo pagassi.»

«È stato un atto sbagliato dare fuoco al mio tempio» disse placidamente la donna dal corpo tozzo e dal naso piatto. «Ha suscitato l’ira del Grande Pastore.»

«Questa non è stata opera degli dei» disse Daenerys, glaciale. “Se mi guardo indietro, sarò perduta.” «Tu mi hai ingannata. Hai assassinato il figlio che avevo dentro di me.»

«Lo stallone che monta il mondo non brucerà mai nessuna città. Il suo khalasar non calpesterà mai nessun popolo.»

«Io ho parlato in tua difesa» disse Daenerys, angosciata. «Io ti ho salvata.»

«Salvata?» Con disprezzo, la maegi sputò per terra. «Tre guerrieri mi avevano già presa. E non come un uomo prende una donna, ma da dietro, come i cani prendono le cagne. Quando tu sei passata, il quarto era già dentro di me. Per cui dimmi: in quale modo mi avresti salvata? Ho visto la casa del mio dio bruciare, e in essa avevo risanato tanti e tanti bravi uomini. Ho visto anche la mia casa bruciare. Nelle strade, ho visto pile di teste mozzate. La testa del fornaio che mi faceva il pane. La testa di un ragazzino che solo tre lune prima avevo guarito dalla febbre della cecità. Ho udito bambini piangere mentre venivano spinti avanti con le fruste. Che cosa avresti salvato?»

«La tua vita.»

La donna ebbe una risata crudele. «Guarda il tuo khal, e poi dimmi quanto vale la vita, una volta che tutto il resto è svanito.»

Daenerys chiamò i guerrieri del suo khas e ordinò loro di prendere la donna e legarla mani e piedi, ma Mirri Maz Duur continuò a sorriderle mentre la trascinavano lontano, quasi che loro due condividessero un segreto proibito. Una sola parola, e Daenerys avrebbe potuto avere la sua testa: ma che cosa avrebbe avuto, in fondo? Una testa? Se la vita non valeva nulla, quanto poteva valere la morte?

Riportarono khal Drogo nella tenda e Dany diede ordine di riempire la vasca. Questa volta, non c’era sangue nell’acqua. Fu lei stessa a fargli il bagno. Tolse dalle sue braccia e dal suo petto lo sporco e la polvere. Ripulì il suo volto con un panno soffice, insaponò i suoi lunghi capelli neri, ne sciolse i nodi attorcigliati finché non tornarono lucenti come li ricordava. Era notte fonda quando finì. Era stremata. Fece una pausa per bere e mangiare qualcosa, riuscì a mandar giù solo un mezzo fico e qualche sorso d’acqua. Dormire l’avrebbe aiutata, ma aveva dormito abbastanza, fin troppo, in verità. Quella notte la doveva a Drogo. In nome di tutte le notti che erano state, e che avrebbero potuto essere.

La memoria della loro prima cavalcata assieme l’accompagnò quando lo guidò nelle tenebre, perché i Dothraki ritenevano che, nella vita di un uomo, tutte le cose rilevanti dovessero avvenire al cospetto del grande cielo. Ripeté a se stessa che dovevano esistere poteri più forti dell’odio, e incantesimi più veri, più antichi di quelli che la maegi aveva appreso ad Asshai. Era una notte nera, senza luna, ma milioni di stelle scintillavano su di lei. Per Daenerys, fu un presagio.

Non c’era una morbida distesa d’erba ad accoglierli. C’era solo terra battuta, coperta di polvere, disseminata di pietre. Non c’erano alberi che stormivano nel vento, né il canto di un ruscello a calmare le sue paure con la musica gentile dell’acqua. Daenerys decise che le stelle sarebbero state sufficienti. «Ricorda, Drogo» gli sussurrò. «Ricorda la nostra prima notte assieme, il giorno delle nostre nozze. Ricorda la notte in cui demmo la vita a Rhaego, con il khalasar tutto attorno a noi, il tuo sguardo sul mio volto. Ricorda quanto fredda e pulita era l’acqua del Grembo del Mondo. Ricorda, mio sole-e-stelle. Ricorda… E ritorna da me.»

Il parto l’aveva lasciata troppo martoriata perché potesse, come avrebbe voluto, prenderlo dentro di sé, ma Doreah le aveva insegnato altre vie. Daenerys usò le mani, le labbra, i seni. Gli scavò il corpo con le unghie e lo coprì di baci e gli sussurrò antiche leggende e lo inondò delle sue lacrime. Ma Drogo non sentì, non parlò, non si alzò.

E quando un’alba tetra apparve sull’orizzonte nero, Daenerys seppe di averlo perduto. «Quando il sole sorgerà a occidente e tramonterà a oriente» disse con tristezza. «Quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte. Quando il mio grembo sarà di nuovo fecondo e io darò vita a un figlio vivo. Allora, e solo allora, non prima, tu farai ritorno, mio sole-e-stelle.»

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