«Lascia che mi lanci in un’ipotesi temeraria, comandante. Una picca è per Robb Stark, le altre due per lord Renly e lord Stannis Baratheon. Ho indovinato?»
«È così, mio signore.»
«Mettiamo le cose in chiaro, Vylarr. Quest’oggi, mio nipote compie tredici anni. Cerca di non scodartelo. Quelle teste saranno tolte da là domattina, altrimenti una di quelle picche potrebbe finire a ospitare la testa sbagliata. Ci siamo intesi, comandante?»
«Le farò deporre io stesso, mio signore.»
«Ottimo.» Tyrion diede di speroni e si allontanò al galoppo. Le cappe porpora gli tennero dietro al meglio che poterono.
Aveva detto a Cersei che intendeva farsi un’idea della città, e questa non era interamente una menzogna. Tyrion Lannister non fu minimamente soddisfatto di ciò che vide: le strade di Approdo del Re erano sempre state affollate, brulicanti e rumorose, adesso però grondavano un senso di pericolo che Tyrion non ricordava di aver mai percepito nelle sue visite precedenti. Un cadavere completamente nudo, abbandonato in un fosso nei pressi della strada della Frutta, era divorato da un branco di cani inselvatichiti, eppure nessuno sembrava farci caso. Gli uomini della Guardia cittadina, mantelli dorati e cotte di maglia di ferro, erano una presenza visibile, muovendosi a coppie da un vicolo all’altro, mani guantate sulle impugnature delle loro mazze da combattimento. I mercati erano pieni di uomini macilenti e coperti di stracci, i quali cercavano di vendere i loro miseri possedimenti per qualsiasi prezzo venisse loro offerto… Ed erano invece visibilmente assenti i contadini che esponevano frutta e cibi freschi. Qualsiasi prodotto commestibile costava almeno il triplo dell’anno precedente.
«Ratti freschi!» gridava a gran voce un ambulante. «Ratti freschi!»
Erano veramente topi di fogna, infilati su uno spiedo e cotti alla brace, e i topi freschi erano certamente meglio di vecchi topi in putrefazione. Ma la cosa inquietante era che quei ratti allo spiedo sembravano decisamente più succulenti di qualsiasi altro tipo di carne venisse esposto sulle bancarelle dei macellai. Lungo la strada della Farina, guardie armate sorvegliavano l’ingresso di ogni singola bottega. In tempi di magra, perfino i fornai trovavano che i mercenari fossero più a buon mercato del pane, rimuginò Tyrion.
«Nessun rifornimento raggiunge la città, non è così?» domandò a Vylarr.
«Pochissimi» ammise il comandante. «Tra la guerra nelle terre dei fiumi e lord Renly che raduna ribelli ad Alto Giardino, le strade a sud e a ovest sono chiuse.»
«E la mia buona sorella che provvedimenti ha adottato per risolvere il problema?»
«Sta compiendo passi per restaurare la pace del re» lo assicurò Vylarr. «Lord Slynt ha triplicato la Guardia cittadina e la regina ha messo mille operai al lavoro per rafforzare le nostre difese. Gli spaccapietre rinforzano le mura, i carpentieri costruiscono scorpioni e catapulte a centinaia, gli armaioli fabbricano archi e frecce, i fabbri forgiano lame, e l’ordine degli Alchimisti ha garantito diecimila ampolle di altofuoco.»
Tyrion si dimenò sulla sella, a disagio. Era compiaciuto che sua sorella non fosse rimasta con le mani in mano, ma l’altofuoco era roba che scottava, in tutti i sensi: diecimila anfore bastavano per ridurre in cenere l’intera Approdo del Re.
«E in che modo la regina avrebbe trovato i fondi per pagare tutto questo?» Non era un segreto per nessuno che re Robert aveva lasciato in eredità un regno gravemente indebitato. Quanto agli alchimisti, ben di rado il loro ordine faceva rima con altruisti.
«Lord Ditocorto trova sempre il modo, mio signore. Ha imposto una tassa d’ingresso alla città.»
«Sì, quella funziona di certo» riconobbe Tyrion.
“Abile, certo, molto abile. E anche molto crudele.” Decine di migliaia erano i profughi che continuavano a fuggire dalle zone dei combattimenti, cercando ipotetico rifugio ad Approdo del Re. Tyrion li aveva visti, lungo la strada del Re, lunghe schiere di madri e di bambini spaventati, accompagnate da padri ansiosi, i loro sguardi avidi fissi sui suoi cavalli e i suoi carri. Una volta raggiunta la città, avrebbero pagata cara la possibilità di frapporre quelle mura protettrici tra loro e il pericolo. Forse avrebbero cambiato idea se avessero saputo dell’altofuoco.
La locanda con l’insegna dell’Incudine spezzata si trovava in vista di quelle stesse mura protettrici, in prossimità della Porta degli dei, dalla quale Tyrion e i suoi uomini erano passati quella mattina stessa. Entrando nel cortile interno, un ragazzo accorse ad afferrare le redini del destriero del Folletto, aiutandolo a scendere di sella.
«Riporta i tuoi uomini al castello» ordinò a Vylarr: «Io passerò la notte qui.»
Il comandante ebbe un’espressione dubbiosa: «Sarai al sicuro, mio lord?».
«Vedi, comandante, quando me ne sono andato da qui, questa mattina, la locanda era piena di guerrieri del clan Orecchie Nere. Nessuno è mai del tutto al sicuro quando c’è in giro Chella figlia di Cheyk.»
Con la sua andatura barcollante, Tyrion si avviò verso l’ingresso, lasciando Vylarr a domandarsi quale fosse il significato di quelle parole.
Una ventata di allegria lo accolse nel momento in cui fece ingresso nella sala comune. Il Folletto riconobbe la risata gutturale di Chella e quella argentina di Shae. La ragazza era vicino al caminetto, seduta a un tavolo rotondo di legno. Sorseggiava del vino insieme ai tre delle Orecchie Nere che Tyrion aveva lasciato a proteggerla e a un individuo corpulento che gli voltava le spalle. Doveva trattarsi del locandiere.
«Tyrion!» lo salutò sorridendo Shae. L’individuo corpulento si alzò, voltandosi verso di lui: «Mio buon signore» un languido sorriso da eunuco affiorò sul suo volto incipriato. «Non sai quanto io sia felice di vederti.»
«Lord Varys…» Il Folletto ebbe difficoltà ad articolare il suo nome. «Non mi aspettavo di trovarti qui.» “Che gli Estranei lo portino alla dannazione. Come ha fatto a trovarli tanto in fretta?”
«Perdona la mia intrusione, lord Tyrion, ma sono stato colto da questo irrefrenabile impulso di incontrare la tua giovane dama.»
«Giovane dama» ripeté Shae, assaporando il suono di quelle parole. «Hai ragione almeno a metà, milord. Sono giovane.»
“Diciotto anni” pensò Tyrion. “Diciotto anni e puttana. Ma dalla mente pronta e, tra le lenzuola, agile come una gatta. Grandi occhi scuri, serici capelli neri e una dolce, morbida, famelica boccuccia… ed è mia! Che tu sia maledetto, eunuco!”
«Temo, lord Varys, di essere io l’intruso.» Il Folletto ostentò cortesia forzata. «Mi sembravate nel mezzo di piacevoli conversari.»
«Milord Varys stava facendo i complimenti a Chella per le sue orecchie e le ha detto che deve aver ucciso molti uomini per portare una tale graziosa collana» spiegò Shae. A Tyrion diede non poco fastidio sentirla chiamare Varys “milord” a quel modo: lo stesso modo in cui chiamava lui “milord” quando giocavano fra i cuscini. «E Chella gli ha risposto che solo i codardi uccidono i vinti.»
«È atto più coraggioso lasciare in vita lo sconfitto, dandogli la possibilità di lavare l’onta riprendendosi il suo orecchio» spiegò Chella. Era una donna piccola e scura, e la macabra collana attorno al suo collo era formata da non meno di quarantasei orecchie, tutte annerite, grinzose, mummificate. Tyrion le aveva contate una per una. «Solo così si dimostra di non aver paura dei nemici.»
Shae rise forte. «Milord ha detto che se lui fosse un Orecchio Nero non dormirebbe mai, per paura degli uomini con un orecchio solo.»
«Un problema che non dovrò mai affrontare» rispose Tyrion. «Sono terrorizzato dai miei nemici… Per questo li uccido tutti.»
Varys ridacchiò: «Bevi un po’ di vino con noi, mio lord?».
Читать дальше