«Nessun problema» annuì George.
«Di che diversivo si tratta?» chiese Ron.
«Lo vedrai, fratellino» rispose Fred. Lui e George si alzarono. «O meglio… lo vedrai se domani pomeriggio verso le cinque passi nel corridoio di Gregory il Viscido».
* * *
Il giorno dopo Harry si svegliò prestissimo, preoccupato quasi quanto la mattina dell’udienza al Ministero della Magia. A innervosirlo, però, non era solo la prospettiva d’insinuarsi nell’ufficio della Umbridge e usare il suo camino per parlare con Sirius, anche se già questo era abbastanza: quel giorno avrebbe rivisto Piton per la prima volta da quando era stato cacciato dal suo ufficio.
Dopo essere rimasto per un po’ a pensare alla giornata che lo aspettava, si alzò in silenzio, andò alla finestra accanto al letto di Neville e contemplò la gloriosa mattinata. Il cielo era di un luminoso blu opalescente appena velato. In lontananza vedeva l’alto faggio sotto il quale James un tempo aveva tormentato Piton. Non era sicuro di che cosa potesse dirgli Sirius per giustificare quello che aveva visto nel Pensatoio, ma desiderava disperatamente ascoltare la sua versione dei fatti, qualunque circostanza attenuante, qualunque cosa potesse scusare il comportamento del padre…
Un movimento al limitare della foresta proibita attrasse la sua attenzione. Socchiuse gli occhi, schermandoli dal sole, e vide Hagrid emergere dal folto degli alberi. Sembrava che zoppicasse. Perplesso, lo vide raggiungere a fatica la porta della sua capanna e sparirvi dentro. Harry continuò a osservare la capanna per parecchi minuti. Hagrid non ricomparve, ma dopo un po’ un ricciolo di fumo si srotolò dal camino: non doveva essere così malridotto da non riuscire ad accendere il fuoco.
Harry voltò le spalle alla finestra, tornò al suo baule e cominciò a vestirsi.
Con l’idea d’intrufolarsi nell’ufficio della Umbridge davanti a sé, non si era aspettato una giornata riposante, ma non aveva messo in conto i martellanti tentativi di Hermione di dissuaderlo. Per la prima volta, una lezione di Storia della Magia del professor Rüf la vide distratta almeno quanto Harry e Ron, impegnata a bisbigliare un torrente di prediche che Harry si sforzò di ignorare.
«…e se ti sorprende sul fatto, a parte espellerti, capirà che stavi parlando con Tartufo e stavolta suppongo che ti costringerà a bere il Veritaserum e a rispondere alle sue domande…»
«Hermione» sussurrò Ron indignato, «smettila di fargli la predica e ascolta Rüf. Non vorrai costringermi a prendere appunti?»
«Per una volta, non morirai!»
Quando scesero nel sotterraneo, né Harry né Ron le rivolgevano più la parola, ma Hermione, imperterrita, approfittò di quel silenzio per riversare su di loro un flusso ininterrotto di oscure ammonizioni, borbottate in un sibilo veemente che fece perdere a Seamus cinque minuti buoni per controllare che il suo calderone non avesse perdite.
Quanto a Piton, sembrava deciso a comportarsi come se Harry non esistesse. Naturalmente Harry era abituato a quella tattica, una delle preferite di zio Vernon, e tutto sommato fu sollevato di non dover affrontare di peggio. In effetti, rispetto alle punzecchiature e alle malignità che di solito era costretto a subire da Piton, quel nuovo modo di fare era un netto miglioramento, e fu una lieta sorpresa scoprire che, se lasciato in pace, era in grado di preparare una Soluzione Corroborante senza troppi problemi. Alla fine della lezione ne versò una parte in una fiaschetta, la tappò e la portò alla cattedra per la valutazione, certo di essersi guadagnato almeno una “O”.
Si era appena voltato quando sentì un tonfo. Malfoy scoppiò in una risata acuta. Harry si voltò di scatto. La sua fiaschetta era in mille pezzi sul pavimento e Piton lo fissava con gioia maligna.
«Ooops» sussurrò. «Un altro zero, Potter».
Troppo furibondo per parlare, Harry tornò al suo calderone per riempire un’altra fiaschetta e costringere Piton a dargli un voto, ma scoprì inorridito che era vuoto.
«Mi dispiace!» esclamò Hermione, premendosi le mani sulla bocca. «Davvero, Harry. Pensavo che avessi finito, così ho pulito tutto!»
Harry non riuscì a pronunciare una sola parola. Non appena la campanella suonò, corse fuori dal sotterraneo senza guardarsi indietro, e a pranzo — per evitare che Hermione ricominciasse a tormentarlo — prese posto fra Neville e Seamus.
Quando arrivò a Divinazione era così di malumore da essersi completamente scordato l’appuntamento con la professoressa McGranitt, e gli tornò in mente solo quando Ron gli chiese come mai non era andato al colloquio di orientamento professionale. Si precipitò al piano di sopra e arrivò senza fiato, con pochi minuti di ritardo.
«Mi scusi, professoressa» ansimò, chiudendo la porta. «Mi ero dimenticato».
«Non importa, Potter» disse la McGranitt in tono asciutto, ma nello stesso istante qualcuno tirò su col naso. Harry si voltò.
La professoressa Umbridge era seduta in un angolo, con una tavoletta sulle ginocchia, una vezzosa ruche attorno al collo e un orrido sorrisetto soddisfatto sulla faccia.
«Siediti, Potter» disse brusca la professoressa McGranitt. Le sue mani erano scosse da un lieve tremito mentre riordinava gli opuscoli che ingombravano la scrivania.
Harry si sedette dando le spalle alla Umbridge e si sforzò di ignorare il grattare della sua piuma sulla tavoletta.
«Allora, Potter, scopo di questo colloquio è discutere di quale carriera desideri intraprendere, e aiutarti a decidere le materie da seguire nel sesto e settimo anno» disse la professoressa McGranitt. «Hai già pensato a che cosa ti piacerebbe fare dopo aver lasciato Hogwarts?»
«Ehm…» esordì Harry.
Il raschiare della piuma alle sue spalle era davvero fastidioso.
«Sì?» lo incoraggiò la professoressa McGranitt.
«Ecco, pensavo, forse, di diventare un Auror» borbottò Harry.
«Per questo è necessario il massimo dei voti» disse la professoressa McGranitt. Sfilò un piccolo opuscolo scuro dal cumulo sulla scrivania e lo aprì. «Si richiedono un minimo di cinque M.A.G.O., e nessun voto inferiore a “Oltre Ogni Previsione”. Più una serie di rigorosi esami attitudinali e psicologici nell’ufficio degli Auror. È una carriera difficile, Potter: ammettono solo i migliori. In effetti, non credo che abbiano ammesso nessuno negli ultimi tre anni».
In quel momento la professoressa Umbridge diede un colpetto minuscolo di tosse, come se stesse cercando di vedere quanto riusciva a farlo piano. La professoressa McGranitt la ignorò.
«Vorrai sapere quali materie dovresti studiare, suppongo» proseguì, alzando un po’ la voce.
«Sì» rispose Harry. «Ci sarà Difesa contro le Arti Oscure, vero?»
«Naturalmente» disse in tono pratico la professoressa McGranitt. «Consiglierei anche…»
La professoressa Umbridge tossì di nuovo, appena un po’ più forte. La professoressa McGranitt chiuse gli occhi un istante, li riaprì, e proseguì come se niente fosse.
«Consiglierei anche Trasfigurazione, perché spesso gli Auror devono Trasfigurare o Detrasfigurare nel loro lavoro. E ti avverto, Potter, che personalmente non accetto studenti nella mia classe di M.A.G.O. a meno che nel G.U.F.O. non abbiano raggiunto o superato “Oltre Ogni Previsione”. Direi che al momento la tua media è “Accettabile”, perciò dovrai impegnarti molto di più. Inoltre dovresti continuare Incantesimi, che tornano sempre utili, e Pozioni. Sì, Potter, Pozioni» aggiunse, con appena l’ombra di un sorriso. «Agli Auror è indispensabile la conoscenza di pozioni e antidoti. E dal momento che il professor Piton si rifiuta di accettare studenti con meno di “Eccezionale” nel loro G.U.F.O…»
La professoressa Umbridge tossì di nuovo, stavolta in modo più rumoroso.
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