J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Allora» ripeté Piton, stringendogli il braccio con tanta forza da fermargli la circolazione. « Allora… ti stavi divertendo, Potter?»

«N-no» disse Harry, tentando di liberarsi.

Era uno spettacolo spaventoso: Piton era pallidissimo, le labbra tremanti ritratte sui denti.

«Un uomo spiritoso, tuo padre, vero?» ringhiò, scrollandolo così forte da fargli scivolare gli occhiali sul naso.

«Io… non…»

Piton lo scagliò lontano con tanta violenza che Harry ruzzolò sui lastroni di pietra. «Non ripeterai mai a nessuno quello che hai visto!» ululò.

«No» balbettò Harry, rimettendosi in piedi e tenendosi più lontano possibile da lui. «No, certo che no…»

«Fuori! Fuori di qui! Non voglio vederti mai più qui dentro!»

Mentre Harry filava verso l’uscita, un vaso di scarafaggi morti esplose sopra la sua testa. Spalancò la porta e fuggì in corridoio, senza fermarsi finché non ebbe messo tre piani fra sé e Piton. Soltanto allora si appoggiò ansante alla parete, massaggiandosi il braccio indolenzito.

Non aveva voglia di tornare così presto nella Torre di Grifondoro, né di raccontare a Ron e Hermione quello che aveva scoperto. Perché a riempirlo di orrore e infelicità non era stata la reazione rabbiosa di Piton, ma il fatto che lui, Harry, sapeva fin troppo bene che cosa si prova a essere umiliati davanti a tutti e perciò che cosa aveva provato Piton mentre James si faceva beffe di lui. E a ferirlo era anche il fatto che, a giudicare da quanto aveva appena visto, suo padre era davvero un presuntuoso arrogante, proprio come Piton gli aveva sempre detto.

CAPITOLO 29

ORIENTAMENTO PROFESSIONALE

«Ma perché non vai più a lezione di Occlumanzia?» chiese accigliata Hermione.

«Te l’ho detto » bofonchiò Harry. «Secondo Piton, adesso che ho le basi posso cavarmela da solo».

«Allora hai smesso di fare sogni strani?» insisté lei, scettica.

«Più o meno» rispose Harry senza guardarla.

«Piton non avrebbe dovuto smettere, se non sei assolutamente sicuro di poterli controllare!» esclamò Hermione indignata. «Harry, dovresti tornare da lui a chiedergli…»

«No» tagliò corto Harry. «Lascia perdere, va bene?»

Era il primo giorno delle vacanze di Pasqua, e come sua abitudine Hermione ne aveva dedicato una buona parte alla stesura di un programma di ripasso per tutti e tre. Harry e Ron l’avevano lasciata fare: era più semplice che mettersi a discutere, e poteva sempre tornare utile.

Ron era rimasto sbigottito scoprendo che mancavano solo sei settimane agli esami.

«Come mai sei tanto sorpreso?» domandò Hermione, picchiando la bacchetta su ogni quadratino della tabella in modo che ogni materia prendesse un colore diverso.

«Non saprei» rispose Ron, «ma con tutto quello che è successo…»

«Fatto!» disse Hermione, e gli diede il suo programma. «Se lo segui, non dovresti avere problemi».

Ron abbassò lo sguardo con aria cupa, ma di colpo s’illuminò.

«Mi hai lasciato una sera libera alla settimana!»

«Per l’allenamento di Quidditch» rispose Hermione.

Il sorriso di Ron si spense.

«A che cosa serve?» brontolò. «Quest’anno abbiamo tante probabilità di vincere la Coppa quante ne ha papà di diventare Ministro della Magia».

Hermione non replicò: stava guardando Harry che fissava con aria assente la parete di fronte, mentre Grattastinchi gli sfiorava una mano, tentando di convincerlo a grattargli le orecchie.

«Qualcosa non va, Harry?»

«Come?» disse lui in fretta. «No, niente».

Prese una copia di Teoria della Magia Difensiva e fece finta di cercare qualcosa nell’indice. Grattastinchi decise di lasciarlo perdere e si ritirò sotto la sedia di Hermione.

«Prima ho visto Cho» buttò lì Hermione. «Sembrava triste anche lei… avete litigato un’altra volta?»

«Che co… oh, sì, abbiamo litigato» disse Harry, cogliendo al volo la scusa.

«Per cosa?»

«Per quella spia della sua amica, Marietta».

«Be’, non ti do torto!» sbottò Ron. «Se non fosse stato per lei…»

E si lanciò in una tirata contro Marietta Edgecombe, cosa che Harry trovò molto riposante: non doveva fare altro che accigliarsi, annuire e dire «Certo» e «Proprio così» ogni volta che Ron si fermava a riprendere fiato, lasciando la mente libera di indugiare, sempre più depressa, sulla scena vista nel Pensatoio.

Il ricordo gli rodeva le viscere. Era sempre stato così sicuro che i suoi genitori fossero persone meravigliose da non aver mai avuto difficoltà a ignorare le calunnie di Piton sul carattere del padre. Hagrid e Sirius non gli avevano sempre detto che tipo eccezionale era? ( Già, be’… guarda che tipo era Sirius, lo punzecchiò una voce interiore… altrettanto antipatico, no? ) D’accordo, una volta aveva sentito la professoressa McGranitt dire che da studenti suo padre e Sirius avevano combinato un sacco di guai, però da come ne parlava sembravano più dei precursori dei gemelli Weasley, e Harry non riusciva a immaginarsi Fred e George che mettevano qualcuno a testa in giù tanto per divertirsi, a meno di non detestarlo… Malfoy, forse, o qualcuno che proprio se lo meritava…

Si sforzò di convincersi che Piton se l’era meritato, ma Lily non aveva forse chiesto: «Che cosa ti ha fatto?» E James aveva risposto: «È più il fatto che esiste, non so se mi spiego». James aveva dato inizio a tutto solo perché Sirius si annoiava. Rammentò quando, in Grimmauld Place, Lupin aveva detto che Silente lo aveva nominato prefetto nella speranza che riuscisse a tenere sotto controllo James e Sirius… ma da quanto aveva visto nel Pensatoio, Lupin era rimasto lì a guardare…

Però Lily era intervenuta, rifletté; sua madre era stata corretta. Eppure il ricordo della sua espressione mentre litigava con James lo disturbava quanto tutto il resto: era chiaro che provava solo disgusto per lui, e Harry non riusciva a capire perché alla fine l’avesse sposato. Un paio di volte si chiese perfino se James l’avesse costretta…

Per quasi cinque anni, il pensiero di suo padre era stato per lui una fonte di conforto e d’ispirazione. Se qualcuno gli diceva che assomigliava al padre, si sentiva avvampare di orgoglio. E ora… ora quello stesso pensiero lo rendeva infelice.

Col trascorrere delle vacanze di Pasqua l’aria si fece più ventosa, luminosa e tiepida, ma Harry, come gli altri studenti del quinto e del settimo anno, rimase chiuso nel castello a ripassare, trascinandosi avanti e indietro dalla biblioteca. Quanto al suo malumore, fingeva che dipendesse solo dagli esami imminenti e, dato che anche tutti i suoi compagni di Grifondoro erano stufi di studiare, la scusa funzionò.

«Harry, dico a te, mi senti?»

«Eh?»

Si voltò. Ginny Weasley, piuttosto spettinata, lo aveva raggiunto al tavolo della biblioteca dov’era seduto tutto solo. Era domenica sera tardi: Hermione era tornata alla Torre di Grifondoro per ripassare Antiche Rune, e Ron aveva l’allenamento di Quidditch.

«Ciao» la salutò, spostando i libri. «Come mai non sei all’allenamento?»

«È già finito. Ron ha dovuto accompagnare Jack Sloper in infermeria».

«Perché?»

«Non ne siamo sicuri, ma pensiamo che si sia colpito da solo con la mazza». Sospirò. «Comunque… è appena arrivato un pacco che ha superato tutti i controlli della Umbridge».

Posò sul tavolo una scatola avvolta in carta marrone, chiaramente aperta e richiusa alla meno peggio. Sopra era scarabocchiato in inchiostro rosso: Ispezionato e Approvato dall’Inquisitore Supremo di Hogwarts.

«Uova di Pasqua da parte della mamma» spiegò Ginny. «Ce n’è uno anche per te… eccolo».

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