Tentò di fare qualche esercizio all’ultimo minuto durante le lezioni, ma fu inutile. Tutte le volte che restava in silenzio, cercando di cancellare pensieri ed emozioni, Hermione gli chiedeva se qualcosa non andava. E tutto sommato non era l’ideale svuotarsi il cervello mentre gli insegnanti ti mitragliavano con un fuoco di fila di domande.
Rassegnato al peggio, dopo cena si diresse verso l’ufficio di Piton. A metà della Sala d’Ingresso, vide Cho venire in fretta verso di lui.
«Da questa parte» le disse Harry, lieto di una scusa per ritardare il suo incontro con Piton, e le fece cenno di raggiungerlo accanto alle enormi clessidre. Quella di Grifondoro era ormai praticamente vuota. «Tutto bene? La Umbridge non ti ha interrogato sull’ES, vero?»
«Oh, no» rispose rapida Cho. «Era solo che… volevo solo dirti… Harry, non mi sarei mai sognata che Marietta…»
«Sì, d’accordo» replicò Harry imbronciato. Era convinto che Cho avrebbe potuto scegliere con più cura le proprie amicizie; era una scarsa consolazione, per quanto lo riguardava, che Marietta fosse sempre chiusa in infermeria e Madama Chips non avesse ancora trovato un rimedio per i suoi brufoli.
«È una ragazza deliziosa, davvero» riprese Cho. «Ha solo commesso un errore…»
Harry la fissò incredulo.
« Una ragazza deliziosa che ha commesso un errore? Ci ha traditi tutti quanti, te inclusa!»
«Be’… ce la siamo cavata, no?» insisté Cho in tono supplichevole. «Sua mamma lavora al Ministero, sai, e per lei è difficile…»
«Anche il papà di Ron lavora al Ministero!» sbottò Harry, furioso. «E nel caso ti sia sfuggito, lui non va in giro con spia scritto sulla faccia…»
«È stato un giochetto orribile, quello di Hermione Granger!» replicò con veemenza Cho. «Doveva dircelo, che aveva stregato la lista…»
«Secondo me è stata un’idea geniale» ribatté gelido Harry. Il volto di Cho parve prendere fuoco e i suoi occhi luccicarono.
«Ma certo, dimenticavo… se è stata un’idea della tua cara Hermione… »
«Non rimetterti a piangere» l’avvertì Harry.
«Non intendevo farlo!» gridò lei.
«Sì… ecco… bene… devo già affrontare abbastanza problemi al momento».
«E valli ad affrontare, allora!» strillò Cho, girando sui tacchi e allontanandosi in fretta.
Schiumante di rabbia, Harry scese le scale che portavano al sotterraneo e, pur sapendo per esperienza che se fosse arrivato pieno di collera e risentimento sarebbe stato più facile per Piton penetrargli nella mente, non poté impedirsi di rimuginare su un altro paio di cosette da dire a Cho sulla sua amica Marietta.
«Sei in ritardo, Potter» lo accolse gelido Piton mentre Harry chiudeva la porta.
Gli dava la schiena, e come al solito stava rimuovendo alcuni dei suoi pensieri per versarli nel Pensatoio di Silente. Lasciò cadere l’ultimo filo argenteo nel bacile di pietra e si voltò verso di lui.
«Allora» gli chiese, «ti sei esercitato?»
«Sì» mentì Harry, concentrandosi su una gamba della scrivania.
«Lo scopriremo subito» disse Piton in tono soave. «Su la bacchetta, Potter».
Harry prese il suo solito posto dall’altra parte della scrivania. Il cuore gli batteva rapido per la collera nei confronti di Cho e l’ansia per quello che Piton gli avrebbe estratto dalla mente.
«Al tre…» disse pigramente Piton. «Uno… due…»
All’improvviso la porta si spalancò ed entrò Draco Malfoy.
«Professor Piton, signore… oh, mi scusi…» S’interruppe, lo sguardo che andava stupito da Piton a Harry.
«Nessun problema, Draco» disse Piton, abbassando la bacchetta. «Potter è qui per qualche ripetizione di Pozioni».
Harry non aveva visto Malfoy così esultante da quando la Umbridge era comparsa per assistere alle lezioni di Hagrid.
«Non lo sapevo» disse Malfoy, lanciando un’occhiata furtiva a Harry, che si sentì arrossire. Avrebbe dato qualunque cosa per potergli gridare la verità o, meglio ancora, per scagliargli una robusta fattura.
«Allora, Draco, di che cosa si tratta?» chiese Piton.
«È la professoressa Umbridge, signore… le serve il suo aiuto. Hanno trovato Montague, signore. Incastrato dentro un water al quarto piano».
«E come c’è finito?»
«Non saprei, signore, è un po’ confuso».
«Molto bene, molto bene. Potter, riprenderemo la lezione domani sera».
Si voltò e uscì in fretta dall’ufficio. Prima di seguirlo, Malfoy fissò Harry e mosse le labbra a sillabare « Ripetizioni? », poi se ne andò anche lui.
Furioso, Harry mise via la bacchetta e fece per uscire. Almeno aveva davanti ventiquattr’ore per esercitarsi; era stato fortunato a cavarsela per il rotto della cuffia, ma era dura sapere che Malfoy avrebbe raccontato a tutta la scuola che Potter aveva bisogno di ripetizioni in Pozioni.
Era già alla porta quando la vide: una chiazza di luce tremolante che danzava sullo stipite. Si fermò a guardarla perplesso, e poi ricordò: somigliava alle luci viste in sogno la notte prima nella seconda stanza dell’Ufficio Misteri.
Si voltò. La luce veniva dal Pensatoio sulla scrivania. Il suo contenuto bianco-argenteo fluttuava e turbinava. I pensieri di Piton… quelli che voleva tenere segreti nel caso che Harry fosse riuscito a superare le sue difese…
Fissò il Pensatoio con crescente curiosità… quali pensieri Piton era tanto ansioso di nascondergli?
Di nuovo la luce argentea tremò sulla parete… Harry fece due passi verso la scrivania, riflettendo. Possibile che fossero informazioni sull’Ufficio Misteri che Piton voleva tenergli nascoste?
Si guardò alle spalle, il cuore che batteva sempre più forte e rapido. Quanto ci sarebbe voluto a Piton per estrarre Montague dal water? E sarebbe tornato subito in ufficio o lo avrebbe accompagnato in infermeria? Era molto più probabile che lo accompagnasse… in fin dei conti Montague era il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, e Piton avrebbe voluto assicurarsi che stesse bene.
Superò la breve distanza che ancora lo separava dal Pensatoio e rimase immobile, lo sguardo immerso nelle sue profondità. Esitò, le orecchie tese, poi estrasse di nuovo la bacchetta. Nell’ufficio e nel corridoio regnava il più assoluto silenzio.
Immerse la punta della bacchetta nel fluido argenteo, che prese a turbinare rapido, e quando si sporse sul Pensatoio vide che il suo contenuto era diventato trasparente. Ancora una volta guardava una stanza dall’alto, attraverso un foro circolare nel soffitto… Per la precisione, e a meno di non sbagliarsi di grosso, quella era la Sala Grande.
Il suo fiato appannò la superficie dei pensieri di Piton… il suo cervello sembrava incapace di decidere… era assurdo, ma la tentazione era irresistibile… tremava da capo a piedi… Piton poteva tornare da un momento all’altro… poi pensò alla rabbia di Cho e al ghigno di Malfoy, e una folle audacia s’impadronì di lui.
Prese fiato e tuffò il viso dentro i pensieri di Piton. Un attimo dopo, il pavimento dell’ufficio sussultò, rovesciandolo a capofitto nel Pensatoio…
Precipitava in un’oscurità gelida, rotolando furiosamente, e poi…
Era al centro della Sala Grande, ma le tavole delle quattro Case erano scomparse. C’erano invece oltre un centinaio di tavoli più piccoli, tutti rivolti nella stessa direzione, ciascuno occupato da uno studente chino a scrivere su un rotolo di pergamena. L’unico suono era il raspare delle piume e il raro fruscio di una pergamena smossa. A quanto pareva, era in corso un esame.
I raggi del sole si riversavano dalle alte finestre sulle teste ricurve, traendone riflessi castani, ramati o dorati. Harry si guardò attorno. Piton doveva essere da qualche parte là attorno… dopotutto quello era un suo ricordo.
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