J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Ha detto che non mi avrebbe più insegnato Occlumanzia» rispose Harry con un’alzata di spalle. «Sai che dispiacere…»

«CHE COSA?» L’urlo di Sirius fece trasalire Harry, e un po’ di cenere gli andò su per il naso.

«Dici sul serio?» chiese Lupin. «Ha smesso di darti lezioni?»

«Sì». Li fissò entrambi, sorpreso. Gli sembrava una reazione eccessiva. «Ma non ci sono problemi, non me ne importa, anzi, a dire la verità è un sollievo…»

«Vengo subito a dire un paio di cosette a Piton!» sbottò Sirius, alzandosi di scatto, ma Lupin lo costrinse a rimettersi seduto.

«Se bisogna parlare con Piton, lo farò io!» disse con fermezza. «Ma, Harry, devi andare subito a dirgli che non può interrompere le lezioni per nessuna ragione… Quando Silente verrà a saperlo…»

«Ma non posso! Mi ammazzerebbe!» esclamò Harry, turbato. «Voi non l’avete visto quando siamo usciti dal Pensatoio».

«Harry, per te niente è più importante che imparare Occlumanzia!» disse severo Lupin. «Hai capito? Niente!»

«Sì, d’accordo» borbottò Harry sconcertato, per non dire infastidito. «Proverò a parlargli, ma non sarà…»

Tacque. Udì un lontano rumore di passi.

«Sta arrivando Kreacher?»

«No» rispose Sirius, guardandosi alle spalle. «Dev’essere qualcuno dalla tua parte».

Il cuore di Harry saltò parecchi battiti.

«Devo andare!» esclamò, e ritrasse di scatto la testa dal camino di Grimmauld Place. Per un momento ebbe l’impressione che gli piroettasse sulle spalle, ma un attimo dopo si ritrovò in ginocchio davanti al fuoco della Umbridge, la testa ben ferma al suo posto, mentre le fiamme verde smeraldo guizzavano e si spegnevano.

«Presto, presto!» sentì bofonchiare una voce stridula in corridoio. «Ah, l’ha lasciato aperto…»

Aveva fatto appena in tempo a rimettersi il Mantello dell’Invisibilità quando Gazza entrò di corsa nell’ufficio. Sembrava fuori di sé dalla gioia e borbottava febbrilmente mentre attraversava la stanza, apriva un cassetto della scrivania e vi frugava dentro.

«Approvazione Frustate… Approvazione Frustate… finalmente avrò il permesso… se la cercano da anni…»

Prese una pergamena, la baciò e corse via stringendosela al petto.

Harry balzò in piedi e, dopo aver controllato di avere con sé la borsa e di essere interamente coperto dal Mantello dell’Invisibilità, riaprì la porta e si affrettò a seguire Gazza, che zoppicava a una velocità mai vista.

Un piano più sotto, decise che poteva arrischiarsi a tornare visibile. Si tolse il Mantello, lo infilò nella borsa e riprese a correre. Sembrava che nella Sala d’Ingresso fosse scoppiato un pandemonio. Scese a capofitto la scalinata di marmo e scoprì che vi si era riunita praticamente tutta la scuola.

Era come la sera del licenziamento della Cooman. Gli studenti erano in piedi lungo le pareti (alcuni, notò Harry, coperti di una sostanza stranamente simile a Puzzalinfa), e c’erano anche insegnanti e fantasmi. Tra la folla spiccavano i membri della Squadra d’Inquisizione, che ostentavano un’aria estremamente compiaciuta; Pix, librandosi al di sopra della calca, guardava Fred e George che — immobili al centro — avevano l’espressione inconfondibile di chi è appena stato incastrato.

«Bene!» esultò la Umbridge. Harry la vide ferma pochi gradini sotto di lui, ancora una volta intenta a guardare dall’alto la preda. «Allora, vi sembra divertente trasformare un corridoio in una palude, eh?»

«Molto divertente, sì» rispose Fred, fissandola senza la minima traccia di paura.

Quasi piangendo di gioia, Gazza si avvicinò alla Umbridge.

«Ho trovato il modulo, signora Preside» gracchiò, sventolando la pergamena che Harry gli aveva visto prendere dalla scrivania. «Ho il modulo, e ho la frusta pronta… mi permetta di procedere subito…»

«Benissimo, Argus. Voi due» e di nuovo abbassò lo sguardo su Fred e George, «scoprirete molto presto che cosa succede a chi combina guai nella mia scuola».

«Sa una cosa?» replicò Fred. «Credo proprio di no».

Si voltò verso il gemello.

«George» disse, «credo che abbiamo raggiunto l’età per interrompere la nostra carriera accademica».

«Condivido in pieno la tua opinione» rispose disinvolto George.

«È arrivata l’ora di mettere alla prova il nostro talento nel mondo reale, non credi?»

«Assolutamente».

E prima che la Umbridge potesse dire una sola parola, levarono le bacchette e dissero all’unisono: « Accio scope! »

In lontananza risuonò uno schianto fragoroso. Una rapida occhiata a sinistra, e Harry si chinò appena in tempo. Le scope di Fred e George — una si trascinava ancora dietro la pesante catena e il piolo di ferro al quale la Umbridge l’aveva legata — sfrecciarono nei corridoi e verso i loro proprietari; svoltarono a destra, scesero fluide le scale e si fermarono davanti ai gemelli, la catena sferragliante sui lastroni di pietra del pavimento.

«A mai più rivederci» disse Fred alla professoressa Umbridge e salì a cavallo della sua scopa.

«Sì, non si disturbi a darci sue notizie» aggiunse George, montando sulla sua.

Lo sguardo di Fred passò in rassegna la folla silenziosa e attenta.

«Se a qualcuno servisse una Palude Portatile, identica a quella che avete visto all’opera, si presenti al numero novantatré di Diagon Alley… Tiri Vispi Weasley» annunciò a voce alta. «La nostra nuova sede!»

«Sconti speciali per gli studenti di Hogwarts che giureranno di usare i nostri prodotti per sbarazzarsi di quella vecchia megera» aggiunse George, accennando alla Umbridge.

«FERMATELI!» strepitò lei, ma troppo tardi. All’avvicinarsi della Squadra d’Inquisizione, Fred e George si staccarono dal pavimento, schizzando a quasi cinque metri da terra, il piolo di ferro che oscillava minaccioso sotto di loro. Fred individuò il poltergeist che, al capo opposto della Sala, si librava alla sua stessa altezza.

«Falle vedere i sorci verdi anche per noi, Pix».

E Pix, che fino ad allora Harry non aveva mai visto prendere ordini da nessuno, levò il berretto a sonagli e scattò sull’attenti mentre, fra gli applausi tumultuosi degli altri studenti, Fred e George eseguivano un’inversione di marcia e sfrecciavano fuori dal portone, verso il tramonto radioso.

CAPITOLO 30

GROP

La storia della fuga di Fred e George fu ripetuta così spesso nei giorni successivi che — Harry ne era sicuro — presto sarebbe diventata leggenda a Hogwarts: nel giro di una settimana, perfino coloro che avevano assistito alla scena erano quasi convinti di aver visto i gemelli scendere in picchiata sulla Umbridge con le loro scope e tempestarla di Caccabombe prima di sfrecciare fuori dal portone. Già molti parlavano di imitarli: Harry sentì diversi studenti fare battute del tipo «Certi giorni avrei proprio voglia di saltare sulla scopa e piantare questo posto», o «Un’altra lezione del genere e me la svigno come i Weasley».

Fred e George avevano fatto in modo che nessuno potesse dimenticarli troppo presto. Per cominciare, non avevano lasciato istruzioni su come disfarsi della palude che al momento riempiva il corridoio al quinto piano dell’ala est. La Umbridge e Gazza furono visti tentare in tutti i modi, ma senza successo. Alla fine la zona fu recintata e Gazza, digrignando furiosamente i denti, doveva traghettare gli studenti verso le aule. Harry era sicuro che insegnanti come la McGranitt o Vitious sarebbero stati capaci di eliminarla in un baleno ma, come nel caso dei Fuochi Forsennati, sembrava che preferissero stare a guardare le inutili fatiche della Umbridge.

Poi c’erano i due grossi squarci a forma di scopa nella porta dell’ufficio della Preside, aperti dalle Tornado di Fred e George nella fretta di raggiungere i loro padroni. Gazza sostituì la porta e trasportò la Firebolt di Harry nei sotterranei, dove girava voce che la Umbridge avesse messo di guardia una squadra di troll armati fino ai denti. Ma i suoi guai erano appena cominciati.

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