«Io ero nella testa del serpente, non nella sua!»
«Non ti ho appena detto di non interrompermi, Potter?»
Ma a Harry non importava che Piton fosse arrabbiato; finalmente gli sembrava di venire a capo della questione; senza rendersene conto si era spostato sull’orlo della sedia, teso come per spiccare il volo.
«Perché vedevo con gli occhi del serpente se condivido i pensieri di Voldemort?»
« Non pronunciare il nome dell’Oscuro Signore! » sbottò Piton.
Calò un silenzio sgradevole. I due si scambiarono un’occhiataccia sopra il Pensatoio.
«Il professor Silente lo pronuncia» disse Harry piano.
«Silente è un mago di grande potere» mormorò Piton. «Se lui si sente sicuro a usare quel nome… il resto di noi…» Si strofinò l’avambraccio sinistro, a quel che pareva inconsciamente, nel punto dove Harry sapeva che il Marchio Nero era impresso a fuoco nella pelle.
«Volevo solo sapere» riprese Harry, sforzandosi di essere gentile, «perché…»
«A quanto sembra sei stato nel serpente perché l’Oscuro Signore si trovava lì in quel momento» ringhiò Piton. «Stava possedendo il serpente, e quindi tu hai sognato di essere lì».
«E Vol… lui… ha capito che c’ero anch’io?»
«Così pare» rispose gelido Piton.
«Come fate a saperlo?» chiese Harry, concitato. «È solo un’idea del professor Silente, o…?»
«Ti ho detto» disse Piton rigido, gli occhi ridotti a fessure, «di chiamarmi “signore”».
«Sì, signore» si corresse Harry con impazienza, «ma come fate a sapere…?»
«Lo sappiamo e basta» tagliò corto Piton. «L’importante è che l’Oscuro Signore ora è a conoscenza del fatto che tu hai accesso ai suoi pensieri e sensazioni. Ha dedotto che il processo probabilmente funziona anche al contrario; vale a dire che potrebbe avere accesso ai tuoi pensieri e sensazioni…»
«E potrebbe cercare di farmi fare delle cose?» chiese Harry. « Signore? » si affrettò ad aggiungere.
«Potrebbe» rispose Piton, in tono freddo e noncurante. «Il che ci riporta all’Occlumanzia».
Piton estrasse la bacchetta da una tasca interna e Harry s’irrigidì sulla sedia, ma Piton si limitò ad avvicinarsi la bacchetta alla tempia, la punta affondata all’attaccatura dei capelli unti. Quando la ritrasse, venne via anche una sostanza argentea, tesa fra la tempia e la bacchetta come uno spesso filo di ragnatela, che si spezzò e cadde con grazia nel Pensatoio, dove turbinò, né gassosa né liquida. Ancora per due volte Piton avvicinò la bacchetta alla tempia e ripeté l’operazione, poi, senza alcun commento, sollevò con cautela il Pensatoio e lo ripose su uno scaffale lontano, tornando a fronteggiare Harry con la bacchetta puntata.
«Alzati e prendi la bacchetta, Potter».
Harry si alzò, nervoso. Erano uno davanti all’altro, con la scrivania in mezzo.
«Puoi usare la bacchetta per tentare di disarmarmi, o difenderti in qualunque altro modo» disse Piton.
«E lei che cosa farà?» domandò Harry, guardando con apprensione la bacchetta di Piton.
«Cercherò di forzare la tua mente» rispose Piton soave. «Vediamo quanto sei in grado di resistere. Mi hanno detto che hai già mostrato attitudine a opporti alla Maledizione Imperius. Scoprirai che per questo ci vuole un potere simile… ora concentrati. Legilimens! »
Piton colpì prima che Harry fosse pronto, prima che avesse anche solo cominciato a raccogliere le forze. L’ufficio fluttuò davanti ai suoi occhi e svanì; le immagini si susseguivano veloci nella sua testa, come un film tremolante, così vivido da abbagliare.
Aveva cinque anni, e guardava Dudley sulla sua nuova bicicletta rossa col cuore gonfio di invidia… aveva nove anni, e Squarta il bulldog lo aveva costretto a scappare su un albero, con i Dursley che ridevano nel prato… era seduto sotto il Cappello Parlante, che gli diceva che sarebbe stato bene a Serpeverde… Hermione era a letto in infermeria, col viso coperto di folti peli neri… un centinaio di Dissennatori lo circondavano sulla riva del lago scuro… Cho Chang gli si avvicinava sotto il vischio…
No, disse una voce nella testa di Harry, mentre il ricordo di Cho si faceva più vicino, questo non lo vedi, non lo vedi, è una cosa personale…
Sentì una fitta al ginocchio. L’ufficio di Piton era di nuovo visibile e si rese conto di essere caduto a terra; aveva sbattuto dolorosamente contro una gamba della scrivania. Guardò Piton, che aveva abbassato la bacchetta e si massaggiava il polso, dove si era aperta una brutta piaga, simile a un’ustione.
«Volevi scagliare una Fattura Pungente?» chiese Piton, gelido.
«No» rispose Harry in tono amaro, alzandosi.
«Lo immaginavo» commentò Piton, sprezzante. «Mi hai permesso di andare troppo a fondo. Hai perso il controllo».
«Ha visto tutto quello che vedevo io?» chiese Harry, anche se non era sicuro di voler sentire la risposta.
«Delle immagini» rispose Piton, stringendo le labbra. «Di chi era il cane?»
«Di mia zia Marge» mormorò Harry, odiandolo.
«Bene, per essere un primo tentativo non è poi troppo scarso» disse Piton, alzando di nuovo la bacchetta. «Alla fine sei riuscito a fermarmi, anche se hai sprecato tempo ed energia per urlare. Devi rimanere concentrato. Respingimi con la mente e non avrai bisogno di ricorrere alla bacchetta».
«Io ci provo» ribatté Harry con rabbia, «ma lei non mi spiega come fare!»
«Modera il tono, Potter» disse minaccioso Piton. «Ora voglio che tu chiuda gli occhi».
Harry gli scoccò uno sguardo obliquo prima di eseguire. Non gli piaceva l’idea di stare lì a occhi chiusi davanti a Piton con la bacchetta puntata.
«Svuota la mente, Potter» ordinò la sua voce fredda. «Liberati di ogni emozione…»
Ma la rabbia nei suoi confronti continuava a pulsare nelle vene di Harry come veleno. Liberarsi della rabbia? Era più facile tagliarsi le gambe…
«Non lo stai facendo, Potter… serve più disciplina… ora concentrati…»
Harry cercò di svuotare la mente, cercò di non pensare, o ricordare, o sentire…
«Ricominciamo… al mio tre… uno, due, tre… Legilimens! »
Un grande drago nero ruggiva davanti a lui… suo padre e sua madre lo salutavano da uno specchio incantato… Cedric Diggory giaceva a terra con gli occhi sbarrati, fissi su di lui…
«Nooooooo!»
Harry era di nuovo in ginocchio, il viso tra le mani, la testa che doleva come se qualcuno avesse cercato di strappargli via il cervello.
«In piedi!» ordinò Piton aspro. «In piedi! Non ci stai provando, non fai nessuno sforzo. Mi lasci libero accesso ai ricordi che temi, mi offri delle armi!»
Harry si alzò di nuovo, il cuore in gola come se avesse davvero visto Cedric morto al cimitero. Piton era più pallido e arrabbiato che mai, anche se nemmeno lontanamente furioso quanto lui.
«Io… mi… sto… sforzando» disse a denti stretti.
«Ti ho detto di liberarti delle emozioni!»
«Sì? Be’, in questo momento lo trovo difficile» ringhiò Harry.
«Allora sarai una facile preda per l’Oscuro Signore!» gridò Piton. «Gli sciocchi che portano il proprio cuore con orgoglio sul bavero, che non riescono a controllare le emozioni, che si crogiolano nei ricordi tristi e si lasciano provocare così facilmente… gente debole, in altre parole… non hanno alcuna possibilità contro il suo potere! Entrerà nella tua mente con una facilità inverosimile, Potter!»
«Io non sono debole» disse Harry a voce bassa, mentre la furia montava così rapida che avrebbe potuto aggredire Piton da un momento all’altro.
«Allora dimostralo! Controllati!» sbottò Piton. «Misura la rabbia, disciplina la mente! Proviamo di nuovo! Preparati! Legilimens! »
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