J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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Vide zio Vernon che chiudeva a martellate la buca delle lettere… cento Dissennatori attraversavano il lago fluttuando e venivano verso di lui… correva lungo un corridoio senza finestre insieme al signor Weasley… si stavano avvicinando alla porta nera e liscia alla fine del corridoio… Harry si aspettava di entrare… ma il signor Weasley lo guidava verso sinistra, giù per una rampa di scale di pietra…

«LO SO! LO SO!»

Era di nuovo a quattro zampe sul pavimento dell’ufficio di Piton; la cicatrice bruciava in modo spiacevole, ma la voce che era uscita dalle sue labbra era trionfante. Si rialzò e vide che Piton lo fissava, la bacchetta levata. Ma stavolta sembrava che avesse interrotto l’incantesimo prima ancora che Harry tentasse di resistere.

«Che cos’è successo, Potter?» chiese, guardandolo intensamente.

«Ho visto… ho ricordato» ansimò Harry. «Ho appena capito…»

«Capito cosa?» sibilò Piton.

Harry non rispose subito; stava ancora assaporando quel lampo accecante di comprensione, mentre si passava le dita sulla cicatrice…

Per mesi aveva sognato un corridoio senza finestre che terminava con una porta chiusa a chiave, senza mai capire che si trattava di un luogo vero. Ora, rivedendo quel ricordo, capiva di aver sempre sognato il corridoio percorso insieme al signor Weasley il dodici agosto, mentre correvano verso la sala udienze del Ministero; era quello che portava all’Ufficio Misteri, ed era lì che il signor Weasley si trovava la notte in cui era stato attaccato dal serpente.

Alzò lo sguardo su Piton.

«Cosa c’è nell’Ufficio Misteri?»

«Che cosa hai detto?» chiese Piton a voce bassa, e Harry vide, con profonda soddisfazione, che era innervosito.

«Ho detto cosa c’è nell’Ufficio Misteri, signore ?» ripeté Harry.

«E perché» chiese a sua volta Piton, lentamente, «mi fai una domanda del genere?»

«Perché» rispose Harry, guardando Piton in attesa della sua reazione, «il corridoio che ho appena visto, che sogno da mesi… l’ho appena riconosciuto… porta all’Ufficio Misteri… e credo che Voldemort voglia qualcosa da…»

« Ti ho detto di non pronunciare il nome dell’Oscuro Signore! »

Si guardarono storto. La cicatrice diede un’altra fitta, ma Harry non vi badò. Piton sembrava agitato; ma quando parlò di nuovo, cercò di apparire freddo e distaccato.

«Ci sono molte cose nell’Ufficio Misteri, Potter, poche alla portata della tua comprensione e nessuna che ti riguardi. Sono stato chiaro?»

«Sì» rispose Harry, massaggiandosi la fronte che bruciava sempre più forte.

«Voglio che torni qui mercoledì alla stessa ora. Continueremo a lavorare».

«D’accordo» disse Harry. Non vedeva l’ora di uscire e cercare Ron e Hermione.

«Devi sgombrare la tua mente da ogni emozione tutte le notti prima di dormire; svuotala, rendila piatta e calma. Hai capito?»

«Sì» rispose Harry, che ascoltava appena.

«E ti avverto, Potter… lo capirò, se non ti sei esercitato…»

«Bene» borbottò Harry. Prese la sua borsa e corse alla porta. Mentre la apriva si voltò a guardare Piton, che gli dava le spalle: stava raccogliendo i propri pensieri dal Pensatoio e se li rimetteva con cura dentro la testa. Harry uscì senza aggiungere altro, chiudendo con attenzione la porta. La cicatrice gli pulsava dolorosamente.

Trovò Ron e Hermione in biblioteca, a lavorare sull’ultima valanga di compiti della Umbridge. Altri studenti, quasi tutti del quinto anno, sedevano ai tavoli con il naso sui libri; mentre le piume grattavano febbrili, il cielo fuori dalle finestre a colonnine si faceva sempre più scuro. L’unico altro suono era il lieve scricchiolio delle scarpe di Madama Pince, che camminava minacciosa su e giù fra i tavoli, con il fiato sul collo di chi toccava i suoi preziosi libri.

Harry aveva i brividi; la cicatrice gli faceva ancora male, si sentiva quasi la febbre. Quando sedette davanti a Ron e Hermione, intravide la propria immagine nella finestra di fronte; era molto pallido e la cicatrice sembrava più vistosa che mai.

«Com’è andata?» sussurrò Hermione, e poi aggiunse, preoccupata: «Stai bene, Harry?»

«Sì… bene… non lo so» disse lui sbrigativamente, sussultando a una nuova fitta di dolore. «Sentite… ho appena capito una cosa…»

E raccontò quello che aveva appena intuito.

«Quindi… stai dicendo…» bisbigliò Ron, mentre Madama Pince passava scricchiolando, «che l’arma… la cosa che Tu-Sai-Chi sta cercando… è al Ministero della Magia?»

«Nell’Ufficio Misteri, dev’essere lì» rispose Harry. «Ho visto quella porta quando tuo padre mi ha portato in aula per l’udienza ed è proprio la stessa che stava sorvegliando quando il serpente lo ha morso».

Hermione trasse un lungo, lento sospiro.

«Ma certo» disse.

«Ma certo cosa?» chiese Ron con una certa impazienza.

«Ron, pensaci… Sturgis Podmore stava cercando di forzare una porta al Ministero della Magia… doveva essere quella, è una coincidenza troppo evidente!»

«E perché Sturgis stava cercando di forzarla, se è dalla nostra parte?» disse Ron.

«Be’, non lo so» ammise Hermione. «È un po’ bizzarro…»

«Allora, che cosa c’è nell’Ufficio Misteri?» domandò Harry a Ron. «Tuo padre non ne ha mai parlato?»

«So che quelli che ci lavorano li chiamano “Indicibili”» rispose Ron pensieroso. «Perché, a quanto pare, nessuno sa che cosa fanno… strano posto per un’arma».

«Non è strano, ha senso, invece» disse Hermione. «Dev’essere una cosa segretissima che il Ministero sta sviluppando, immagino… Harry, sei sicuro di star bene?»

Harry continuava a premersi le mani sulla fronte come per stirarla.

«Si… bene…» rispose, abbassando le mani tremanti. «Mi sento solo un po’… non mi piace molto l’Occlumanzia».

«Immagino che chiunque si sentirebbe scosso se la sua mente fosse stata aggredita a ripetizione» disse Hermione solidale. «Sentite, torniamo nella sala comune, staremo più comodi».

Ma la sala comune era stipata e piena di urla e risate; Fred e George stavano dando una dimostrazione della loro ultima mercanzia.

«Cappelli Decapitati!» gridò George, mentre Fred sventolava davanti al pubblico un cappello a punta ornato di piume rosa. «Due galeoni l’uno, guardate Fred, ora!»

Fred si mise il cappello in testa, sorridendo. Per un secondo ebbe soltanto un’aria molto stupida; poi sia cappello che testa svanirono.

Molte ragazze strillarono, ma tutti gli altri scoppiarono a ridere.

«E via di nuovo!» gridò George, e le mani di Fred afferrarono l’aria al di sopra delle spalle; poi la sua testa riapparve quando si tolse il cappello di piume rosa.

«Ma come funzionano quei cappelli?» chiese Hermione, distraendosi dai compiti e osservando Fred e George. «Insomma, ovviamente è un Incantesimo di Invisibilità, ma sono stati bravi a estendere il campo di invisibilità oltre i confini dell’oggetto incantato… però dubito che la formula abbia una durata molto lunga».

Harry non rispose; si sentiva male.

«Dovrò farlo domani, questo» mormorò, rimettendo nella borsa i libri che aveva appena tirato fuori.

«Be’, scrivilo nel tuo diario!» esclamò Hermione. «Così non te lo dimentichi!»

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata mentre Harry apriva la borsa, prendeva il diario e lo apriva, esitante.

« Non rimandare a domani, scansafatiche! » cinguettò il libro quando Harry vi scrisse i compiti per la Umbridge. Hermione lo guardò raggiante.

«Credo che andrò a letto» disse Harry, rimettendo il diario nella borsa e prendendo mentalmente nota di gettarlo nel fuoco alla prima occasione.

Attraversò la sala comune, evitò George che cercava di ficcargli in testa un Cappello Decapitato e raggiunse la quiete e l’aria fresca della scala di pietra che portava ai dormitori dei ragazzi. Aveva di nuovo la nausea, come la notte in cui aveva avuto la visione del serpente, ma pensò che se si fosse disteso per un po’ sarebbe stato meglio.

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