«Oh, sì» disse Bagman allegramente, «ci si diverte un sacco. Come sta il vecchio Barty? Peccato che non sia potuto venire».
«Oh, sono certo che il signor Crouch si rimetterà molto in fretta» disse Percy solennemente, «ma nel frattempo sono più che disposto a dargli una mano. Naturalmente non si tratta solo di venire ai balli» — rise con leggerezza — «oh no, ho avuto a che fare con ogni genere di cose saltate fuori durante la sua assenza: avete sentito che Alì Bashir è stato sorpreso a contrabbandare un carico di tappeti volanti nel paese? E stiamo cercando di convincere i Transilvani a firmare il Bando Internazionale dei Duelli. Ho un incontro con il loro Capo della Cooperazione Magica all’inizio dell’anno nuovo…»
«Andiamo a fare due passi» borbottò Ron a Harry, «andiamo via da Percy…»
Fingendo di avere sete, Harry e Ron si allontanarono dal tavolo, costeggiarono la pista da ballo e uscirono nella Sala d’Ingresso. Il portone era ancora aperto, e le luci danzanti delle fatine nel giardino delle rose baluginavano e scintillavano mentre loro due scendevano i gradini. Poi si trovarono circondati da cespugli, tortuosi sentieri ornamentali e grandi statue di pietra. Harry sentì un gocciolio: sembrava proprio una fontana. Qua e là, panchine intagliate ospitavano ragazzi e ragazze. Harry e Ron s’incamminarono lungo uno dei viottoli tortuosi attraverso i cespugli di rose, ma avevano fatto pochi passi quando udirono una voce sgradevolmente familiare.
«… non vedo che cosa c’è da agitarsi tanto, Igor».
«Severus, non puoi fingere che non stia succedendo niente!» La voce di Karkaroff era bassa e ansiosa, come se si sforzasse di non farsi sentire da altri. «È diventato sempre più evidente negli ultimi mesi, sono davvero preoccupato, non posso negarlo…»
«Allora scappa» disse bruscamente la voce di Piton. «Vattene, farò io le tue scuse. Io, comunque, rimango a Hogwarts».
Piton e Karkaroff svoltarono l’angolo. Piton aveva la bacchetta in mano, e faceva saltar via i cespugli di rose, con un cipiglio decisamente ostile. Da molti dei cespugli si levarono strilli e spuntarono sagome scure.
«Dieci punti in meno per Tassorosso, Fawcett!» sibilò Piton a una ragazza in fuga. «E dieci punti in meno anche per Corvonero, Stebbins!» a un ragazzo che la segui di corsa. «E voi due che cosa state facendo?» aggiunse, notando Harry e Ron sul sentiero davanti a sé. Karkaroff, osservò Harry, parve piuttosto preoccupato di vederli lì. La mano gli corse nervosamente al pizzetto, e cominciò a riarrotolarselo sul dito.
«Stiamo camminando» rispose Ron asciutto. «Non è contro la legge, vero?»
«Continuate a camminare, allora!» sibilò Piton, e li oltrepassò velocemente, il lungo mantello nero che ondeggiava alle sue spalle. Karkaroff lo seguì di corsa. Harry e Ron ripresero a scendere il sentiero.
«Che cos’è che preoccupa tanto Karkaroff?» borbottò Ron.
«E da quando lui e Piton si danno del tu?» aggiunse Harry piano.
Avevano raggiunto una grossa renna di pietra, su cui zampillava l’acqua scintillante di un’alta fontana. Su una panchina accanto spiccavano le nere sagome di due esseri enormi, intenti a guardare l’acqua alla luce della luna. E poi Harry udì la voce di Hagrid.
«L’ho capito dal primo momento che ti ho vista» stava dicendo, con voce curiosamente roca.
Harry e Ron rimasero paralizzati. Non era proprio il genere di situazione da interrompere bruscamente… Harry si guardò intorno, su per il sentiero, e vide Fleur Delacour e Roger Davies seminascosti dietro un cespuglio di rose lì vicino. Diede un colpetto a Ron sulla spalla e fece cenno con la testa verso di loro, per dire che potevano sgattaiolare via da quella parte senza farsi notare (Fleur e Davies gli parvero parecchio indaffarati), ma Ron, gli occhi sgranati dall’orrore alla vista di Fleur, scosse vigorosamente la testa e trascinò Harry nell’ombra fitta dietro la renna.
«Che cosa hai capito, Agrìd?» disse Madame Maxime, con voce talmente bassa che sembrava stesse facendo le fusa.
Harry non aveva nessuna intenzione di stare a sentire; Hagrid avrebbe detestato essere spiato in una situazione del genere (Harry personalmente non l’avrebbe sopportato): potendo, si sarebbe infilato le dita nelle orecchie e avrebbe cominciato a canticchiare ad alta voce, ma non era certo una soluzione praticabile. Invece cercò di concentrarsi su uno scarabeo che zampettava lungo la schiena della renna di pietra, ma lo scarabeo non era abbastanza interessante da fargli ignorare le parole che seguirono.
«Lo sapevo e basta… sapevo che tu eri come me… era tua mamma o tuo papà?»
«Io… io non so tu che vuole dire, Agrìd…»
«Per me era mia mamma» disse Hagrid piano. «Era una delle ultime della Gran Bretagna. Certo che non me la ricordo tanto bene… è andata via, sai. Quando avevo tre anni. Non era il tipo materno, proprio no. Be’… non fa parte della loro natura, vero? Non so cosa ci è successo… potrebbe anche essere morta per quello che ne so…»
Madame Maxime non disse niente. E Harry, suo malgrado, distolse gli occhi dallo scarabeo e guardò oltre la renna, ascoltando… non aveva mai sentito Hagrid parlare della sua infanzia prima d’allora.
«Al mio papà ci si è spezzato il cuore quando è andata via. Un piccoletto, era mio papà. A sei anni riuscivo a tirarlo su e metterlo in cima alla credenza se mi sgridava. Lo facevo ridere tanto…» La voce profonda di Hagrid si spezzò. Madame Maxime lo ascoltava immobile, fissando, almeno in apparenza, la fontana argentata. «È stato lui a tirarmi su… ma è morto subito dopo che ho cominciato la scuola. Da allora ho dovuto arrangiarmi. Silente è stato un grande aiuto, sai. Tanto gentile con me, è stato…»
Hagrid tirò fuori un fazzolettone di seta tutto macchiato e si soffiò il naso con una gran pernacchia. «Così… comunque… su di me ho già detto abbastanza. E tu? Di che origini sei?»
Ma Madame Maxime si era improvvisamente alzata in piedi.
«Fa freddo» disse, ma quale che fosse il tempo, non era nemmeno remotamente freddo come la sua voce. «Io torna dentro».
«Eh?» esclamò Hagrid smarrito. «No, non andare! Io… io non ne ho mai incontrato un altro prima d’ora!»
«Un altro che cosa, esattamonte?» chiese Madame Maxime, in tono gelido.
Se avesse potuto, Harry avrebbe detto a Hagrid che era meglio non rispondere; invece rimase lì nell’ombra, stringendo i denti, sperando con tutto se stesso che non succedesse… ma fu inutile.
«Un altro Mezzogigante, naturalmente!» disse Hagrid.
«Come osi!» strillò Madame Maxime. La sua voce rimbombò come una sirena nella quieta aria notturna; alle spalle di Harry, Fleur e Roger furono sbalzati via dal loro cespuglio di rose. «Nessuno mai ha insultato me in tutta la vita! Mezzagigonte? Moi ? Ho solo le ossa grondi !»
E scappò; ampi sciami multicolori di fatine si levarono nell’aria mentre passava spazzando via i cespugli. Hagrid rimase seduto sulla panchina a guardarla. Era troppo buio per vedere la sua faccia. Poi, dopo un minuto, si alzò e si allontanò, non in direzione del castello, ma dall’altra parte, nel parco oscuro, verso la sua capanna.
«Dai» disse Harry a Ron, molto piano. «Andiamo…»
Ma Ron non si mosse.
«Che cosa c’è?» chiese Harry.
Ron si voltò verso Harry, con espressione davvero molto seria.
«Lo sapevi?» sussurrò. «Che Hagrid era Mezzogigante’?»
«No» rispose Harry con un’alzata di spalle. «E allora?»
Dall’occhiata di Ron capì all’istante che stava rivelando una volta ancora la sua scarsa conoscenza del mondo magico. Era stato cresciuto dai Dursley, e quindi c’erano molte cose che i maghi davano per scontate e che per lui erano rivelazioni: ma queste sorprese erano diminuite da quando era entrato a scuola. In quel momento, però, si rese conto che la maggior parte dei maghi non avrebbe detto «E allora?» scoprendo che uno dei loro amici aveva per madre una gigantessa.
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