Dopo un breve giro nella tenda delle ragazze, che era leggermente più piccola di quella dei maschi, anche se priva dell’odore di gatto, Harry, Ron e Hermione si accinsero ad attraversare il campeggio con il bollitore e le pentole.
Ora, col sole appena sorto e la nebbiolina che si diradava, videro la città di tende che si allargava in tutte le direzioni. Si fecero strada lentamente tra le file, guardandosi intorno incuriositi. Solo in quel momento Harry cominciò a capire quanti maghi e quante streghe dovevano esserci al mondo; non aveva mai pensato molto a quelli degli altri paesi.
Gli altri campeggiatori si stavano svegliando. Le prime ad alzarsi erano le famiglie con bambini; Harry non aveva mai visto prima maghi e streghe così piccoli. Un bambinetto di non più di due anni era accoccolato fuori da una gran tenda a forma di piramide, teneva in mano una bacchetta e la puntava allegramente verso una lumaca nell’erba, che si gonfiò piano piano fino a raggiungere la taglia di una salsiccia. Mentre gli passavano davanti, sua madre uscì in fretta dalla tenda.
«Quante volte te l’ho detto, Kevin? Non — toccare — la — bacchetta — di — papà… bleah!»
Era scivolata sulla lumaca gigante, che esplose. La sua invettiva li seguì nell’aria immobile, mescolata agli ululati del piccolo: «Rotto lumaca! Rotto lumaca!»
Poco più oltre, videro due streghette, poco più grandi di Kevin, che cavalcavano scope-giocattolo librate solo quel tanto che consentiva alla punta dei loro piedi di sfiorare l’erba rugiadosa. Un mago del Ministero le aveva già individuate; mentre correva superando Harry. Ron e Hermione, borbottava fra sé: «In pieno giorno! I genitori staranno ancora dormendo, immagino…»
Qua e là maghi e streghe adulti emergevano dalle loro tende e cominciavano a preparare la colazione. Alcuni, gettandosi intorno occhiate furtive, accendevano il fuoco con la bacchetta; altri sfregavano fiammiferi con aria dubbiosa, come se fossero certi che non poteva funzionare. Tre maghi africani sedevano immersi in una seria conversazione, tutti vestiti con lunghe tuniche bianche, intenti a cuocere quello che sembrava un coniglio su un fuoco di un viola chiaro, mentre un gruppo di streghe americane di mezza età sedeva spettegolando allegramente sotto uno striscione teso tra le loro tende che diceva: “Istituto delle Streghe di Salem”. Harry colse stralci di conversazione in lingue strane man mano che oltrepassavano le tende, e anche se non riuscì a capire una sola parola, il tono di ogni voce era eccitato.
«Ehm… sono i miei occhi, o tutto è diventato verde?» disse Ron.
Non erano solo gli occhi di Ron. Erano arrivati a un gruppo di tende tutte coperte con una fitta coltre di trifoglio, e sembrava che collinette di strana foggia fossero spuntate dal terreno. Sotto quelle aperte si vedevano visi sorridenti. Poi, dietro di loro, qualcuno li chiamò.
«Harry! Ron! Hermione!»
Era Seamus Finnigan, un compagno del quarto anno di Grifondoro. Era seduto davanti alla sua tenda coperta di trifoglio, con una donna dai capelli color sabbia che doveva essere sua madre, e col suo migliore amico, Dean Thomas, anche lui di Grifondoro.
«Vi piacciono le decorazioni?» disse Seamus con un sorriso, quando Harry, Ron e Hermione si avvicinarono per salutarlo. «Il Ministero non è molto contento».
«Ah, perché non dovremmo portare i nostri colori?» disse la signora Finnigan. «Dovreste vedere che cos’hanno appeso i Bulgari alle loro tende. Farete il tifo per l’Irlanda, vero?» aggiunse, guardando Harry, Ron e Hermione con gli occhi sgranati.
Quando le ebbero assicurato che sì, certo, avrebbero tifato Irlanda, si allontanarono, anche se. come disse Ron: «Avremo mai potuto dire il contrario?»
«Chissà che cos’hanno appeso i Bulgari alle loro tende» disse Hermione.
«Andiamo a dare un’occhiata» disse Harry, indicando una vasta area di tende su per il campo, dove la bandiera bulgara, rossa, verde e bianca, svolazzava al vento leggero.
Le tende non erano state coperte di vegetali, ma ciascuna di loro teneva appeso lo stesso poster, il poster di un volto molto corrucciato con folte sopracciglia nere. Naturalmente l’immagine si muoveva, ma non faceva altro che strizzare gli occhi e scoccare sguardi cupi.
«Krum» disse piano Ron.
«Cosa?» chiese Hermione.
«Krum!» disse Ron. «Viktor Krum, il Cercatore bulgaro!»
«Che faccia antipatica» disse Hermione, guardando i molti Krum che strizzavano gli occhi e lanciavano loro occhiate torve.
« Faccia antipatica? » Ron alzò gli occhi al cielo. «E chi se ne importa di che faccia ha? E incredibile. E poi è giovanissimo. Ha solo diciott’anni o giù di lì. È un genio, stasera vedrete».
C’era già una piccola coda davanti al rubinetto nell’angolo del campo. Harry, Ron e Hermione si misero in fila, dietro a due uomini impegnati in un’accesa discussione. Uno era un mago molto anziano che indossava una lunga camicia da notte a fiori. L’altro era chiaramente un mago del Ministero; sventolava un paio di pantaloni gessati e quasi urlava, esasperato:
«Mettiteli e basta. Archie, da bravo, non puoi andare in giro così, il Babbano ai cancello ha già i suoi sospetti…»
«L’ho comprata in un negozio babbano» disse ostinato il vecchio mago «I Babbani se le mettono».
«Le donne babbane se le mettono. Archie, non gli uomini, loro portano questi » disse il mago del Ministero, brandendo i pantaloni gessati.
«Non ho intenzione di metterli» disse il vecchio Archie indignato. «Mi piace prendere un po’ d’aria attorno alle mie parti private, grazie».
A quel punto Hermione fu sopraffatta da un tale accesso di risatine che dovette schizzare fuori dalla fila, e al suo ritorno Archie aveva già preso l’acqua e se n’era andato.
Al ritorno, carichi d’acqua, riattraversarono il campeggio più lentamente. Qua e là videro facce più familiari: altri studenti di Hogwarts con le loro famiglie. Oliver Baston, l’ex capitano della squadra di Quidditch della Casa di Grifondoro, che aveva appena lasciato Hogwarts, trascinò Harry fino alla tenda dei genitori per presentarlo, e gli disse in tono eccitato che era appena stato ingaggiato nella riserva della squadra del Puddlemore United. Poi furono salutati da Ernie Macmillan, uno del quarto anno di Tassorosso, e un po’ più in là videro Cho Chang, una ragazzina molto graziosa che giocava da Cercatrice per la squadra di Corvonero. Salutò Harry con la mano e gli sorrise, e lui si rovesciò parecchia acqua addosso per rispondere al saluto. Più che altro per far smettere Ron di fare smorfie, Harry indicò in fretta un bel gruppo di ragazzi che non aveva mai visto prima.
«Chi credi che siano?» chiese. «Non sono di Hogwarts, vero?»
«Mi sa che vengono da una scuola straniera» disse Ron. «So che ce ne sono altre, ma non ho mai conosciuto nessuno che ne frequenti una. Bill aveva un amico di penna di una scuola in Brasile… è stato tanti anni fa… e voleva fare un viaggio-scambio, ma mamma e papà non potevano permetterselo. Quando gli ha fatto sapere che non poteva andare, il suo amico di penna si è offeso molto e gli ha mandato un cappello stregato. Gli ha accartocciato le orecchie».
Harry rise. Era rimasto sorpreso alla notizia che esistevano altre scuole di magia, ma ora che vedeva nel campeggio maghi di così tante nazionalità, pensò che era stato sciocco a non capire che Hogwarts non poteva essere l’unica. Scoccò un’occhiata a Hermione, che non sembrava affatto stupita. Senza alcun dubbio aveva già letto la cosa in qualche libro.
«Ci avete messo dei secoli» disse George quando finalmente furono di ritorno alla tenda dei Weasley.
«Abbiamo incontrato un po’ di gente» disse Ron, posando il recipiente con l’acqua. «Non avete ancora acceso il fuoco?»
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