Harry si rialzò e puntò la bacchetta contro Krum proprio mentre questi alzava lo sguardo. Krum si voltò e cominciò a correre.
« Stupeficium! »
L’incantesimo colpì Krum alla schiena; si bloccò all’improvviso, cadde in avanti e giacque immobile a faccia in giù nell’erba. Harry raggiunse di corsa Cedric, che aveva smesso di contorcersi, ed era disteso, col respiro affannato e le mani sul viso.
«Stai bene?» disse Harry in tono brusco, afferrandolo per un braccio.
«Sì» rispose Cedric ansimando. «Sì… non posso crederci… mi è strisciato alle spalle… l’ho sentito, mi sono voltato e aveva la bacchetta puntata contro di me…»
Cedric si alzò. Era ancora scosso da un tremito. Lui e Harry guardarono Krum a terra.
«Non posso crederci… credevo che fosse a posto» disse Harry, fissando allibito Krum.
«Anch’io» disse Cedric.
«Prima hai sentito Fleur urlare?» chiese Harry.
«Sì» rispose Cedric. «Pensi che Krum abbia preso anche lei?»
«Non lo so» disse Harry lentamente.
«Dobbiamo lasciarlo qui?» borbottò Cedric.
«No» disse Harry. «Credo che dovremmo sparare delle scintille rosse. Qualcuno verrà a prenderlo… altrimenti è probabile che finisca in pasto a uno Schiopodo».
«Se lo meriterebbe» mormorò Cedric, ma levò la bacchetta e sparò uno spruzzo di scintille rosse, che rimasero sospese in alto sopra Krum, indicando il luogo in cui si trovava.
Harry e Cedric rimasero vicini nell’oscurità per un momento, guardandosi attorno. Poi Cedric disse: «Be’… credo che sia meglio andare avanti…»
«Cosa?» disse Harry. «Oh… sì… certo…»
Fu una sensazione strana. Per un attimo lui e Cedric si erano alleati contro Krum: ora entrambi si ricordarono di essere avversari. Avanzarono lungo il sentiero oscuro senza parlare, poi Harry prese a sinistra e Cedric a destra. Il rumore dei suoi passi ben presto svanì.
Harry avanzò, e ricorse più volte all’Incanto Quattro Punti per essere sicuro di andare nella direzione giusta. Ora si giocava tutto tra lui e Cedric. Il suo desiderio di arrivare alla Coppa per primo era più bruciante che mai, ma non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto fare a Krum. L’uso di una Maledizione Senza Perdono su un proprio simile, un essere umano, significava la condanna a vita ad Azkaban, cosi aveva detto Moody. Krum non poteva certo desiderare la Coppa Tremaghi cosi ardentemente… Harry accelerò.
Ogni tanto imboccava altre strade senza uscita, ma l’oscurità sempre più fitta gli dava la certezza di essere vicino al centro del labirinto. Poi, mentre percorreva un lungo sentiero dritto, colse di nuovo un movimento, e il raggio della sua bacchetta cadde su una creatura straordinaria, che aveva visto solo disegnata nel Libro Mostro dei Mostri.
Era una sfinge. Aveva il corpo di un leone molto grosso, enormi zampe dotate di artigli, e una lunga coda giallastra che terminava con un ciuffo marrone. La testa, invece, era di donna. Puntò gli occhi a mandorla su Harry mentre quest’ultimo si avvicinava. Lui levò la bacchetta, esitante. Non era rannicchiata come per balzare, ma misurava il sentiero a grandi passi, sbarrandogli la strada.
Poi parlò, con voce rauca e profonda. «Sei molto vicino al tuo obiettivo. La via più breve è dopo di me».
«Quindi… quindi puoi spostarti, per favore?» disse Harry, che conosceva già la risposta.
«No» rispose, continuando ad andare avanti e indietro. «A meno che tu non risolva il mio enigma. Se rispondi al primo tentativo, ti lascerò passare. Se sbagli, ti attaccherò. Se rimani in silenzio, ti lascerò andar via illeso».
Lo stomaco di Harry si contrasse. Hermione era brava in quel genere di cose, non lui. Soppesò le possibilità: se l’enigma era troppo difficile, poteva starsene zitto, andarsene via illeso e cercare di trovare un percorso alternativo per il centro.
«Va bene» disse. «Posso ascoltare l’enigma?»
La sfinge sedette sulle zampe posteriori, proprio al centro del sentiero, e recitò:
La mia prima è la terza di passione,
e tre ne vuole la sottomissione,
la seconda è colei che, amica o amante,
del cuore è la compagnia costante,
la terza è un albero dalla chioma folta,
nobile ramo di foresta incolta.
Ora unisci le tre e dimmi, o tu, viandante:
nero, sei zampe, sporco e ripugnante,
veramente baciarlo è cosa grama.
Sai ora dirmi come esso si chiama?
Harry la guardò a bocca aperta.
«Potresti ripeterlo… più lentamente?» chiese esitante.
Lei batté le palpebre, sorrise e ripeté la poesia.
«Tutti gli indizi si sommano dando una creatura che non mi piacerebbe baciare?» chiese Harry.
La creatura si limitò a sorridere il suo sorriso misterioso. Harry lo considerò un sì. Si mise a riflettere. C’erano moltissimi animali che non avrebbe baciato volentieri; il primo che gli venne in mente fu uno Schiopodo Sparacoda, ma qualcosa gli disse che non era quella la risposta. Doveva cercare di risolvere l’enigma un pezzo alla volta…
«La prima è la terza di passione… sottomissione ne ha tre… aspetta… “S”! E poi… amica o amante… no… non lo so proprio… puoi ripetermi il terzo indovinello?»
La sfinge gli recitò la terza parte dell’enigma.
«Un albero… nobile ramo… quercia? No, impossibile… tasso? S-tasso? Non vuol dire niente… E com’era la fine?»
La sfinge, paziente, ripeté gli ultimi quattro versi.
«Nero… ripugnante… Un ragno? No, quello di zampe ne ha otto… Un insetto… baciarlo è cosa grama… Ma sì! Se l’albero è il faggio… Scarafaggio! »
La sfinge gli rivolse un sorriso più ampio. Si alzò, stiracchiò le zampe anteriori e poi si spostò per lasciarlo passare.
«Grazie!» esclamò Harry, e scattò in avanti, stupito della propria abilità.
Ormai doveva essere vicino, doveva… la bacchetta gli diceva che era proprio sulla strada giusta; se non incontrava nulla di troppo orrendo, forse aveva anche una possibilità…
In fondo c’era un bivio. « Guidami! » sussurrò di nuovo alla bacchetta, che ruotò sulla sua mano e gli indicò il sentiero a destra. Lo imboccò rapido e vide una luce davanti a sé.
La Coppa Tremaghi scintillava eretta su un piedistallo a un centinaio di metri. Harry si era appena messo a correre quando una sagoma scura sbucò davanti a lui sul sentiero.
Cedric sarebbe arrivato prima. Correva come il vento, verso la Coppa, e Harry capi che non lo avrebbe mai raggiunto. Cedric era molto più alto, aveva le gambe molto più lunghe…
Poi Harry vide qualcosa di immenso torreggiare su una siepe alla sua sinistra, qualcosa che si muoveva rapido lungo un sentiero che incrociava il suo; avanzava così in fretta che Cedric stava per urtarlo, e poiché aveva gli occhi fissi sulla Coppa, non l’aveva visto…
«Cedric!» urlò Harry. «A sinistra!»
Cedric si voltò a guardare appena in tempo per evitare l’urto e gettarsi oltre la cosa, ma inciampò nello slancio. La bacchetta gli sfuggì di mano, mentre un ragno gigantesco calava sul sentiero e avanzava verso di lui.
« Stupeficium! » gridò Harry. L’incantesimo colpì il mostruoso corpo nero e peloso, ma per l’effetto che ebbe avrebbe anche potuto tirargli un sasso; il ragno sobbalzò, si voltò zampettando e puntò diritto su di lui.
« Stupeficium! Impedimenta! Stupeficium! »
Ma non servì a nulla: il ragno era così grosso o così magico che gli incantesimi riuscivano solo a rallentarlo. Harry ebbe un’orrenda visione di otto occhi neri scintillanti e tenaglie come rasoi prima che gli fosse addosso.
Il ragno lo afferrò tra le zampe anteriori e lo sollevò in aria. Harry lottò furiosamente cercando di prenderlo a calci; la sua gamba urtò contro le tenaglie e un attimo dopo provò un dolore terribile. Udì Cedric urlare a sua volta « Stupeficium! », ma il suo incantesimo non ebbe effetto… Poi, mentre il ragno spalancava di nuovo le tenaglie, Harry levò la bacchetta ed esclamò: « Expelliarmus! »
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