« Guidami » sussurrò alla bacchetta, tenendola piatta sul palmo della mano.
La bacchetta roteò una volta e puntò alla sua destra, verso il folto della siepe. Da quella parte c’era il nord, e sapeva di doversi dirigere a nord-ovest per raggiungere il centro del labirinto. La cosa migliore che poteva fare era prendere il sentiero a sinistra, e girare di nuovo a destra alla prima occasione.
La strada era deserta, e tale rimase anche quando Harry imboccò un sentiero sulla destra. Non sapeva perché, ma l’assenza di ostacoli lo rendeva nervoso. Avrebbe già dovuto incontrarne uno, no? Era come se il labirinto volesse indurlo a una falsa sensazione di sicurezza. Poi sentì un movimento alle sue spalle. Tese la bacchetta, pronto all’attacco, ma il raggio di luce colpì soltanto Cedric, che era appena sbucato di corsa da un sentiero a destra. Sembrava profondamente scosso. La manica della sua veste fumava.
«Gli Schiopodi Sparacoda di Hagrid!» sibilò. «Sono enormi… sono riuscito a fuggire per un pelo!»
Scosse la testa e sparì, imboccando un altro sentiero. Ben deciso a mettere una bella distanza tra sé e gli Schiopodi, Harry riprese a correre. Poi, voltò un angolo e vide…
Un Dissennatore avanzava scivolando verso di lui. Alto tre metri e mezzo, il volto nascosto dal cappuccio, le mani putrescenti e coperte di croste tese davanti a sé, si faceva strada alla cieca verso di lui. Harry ne udì il respiro simile a un rantolo; si sentì invadere da un gelo appiccicoso, ma sapeva che cosa doveva fare…
Evocò il pensiero più felice che poté, si concentrò con tutte le sue forze sul pensiero di uscire dal labirinto e festeggiare con Ron e Hermione, levò la bacchetta e urlò: « Expecto Patronum! »
Un cervo d’argento sbucò dalla punta della bacchetta di Harry e avanzò al galoppo verso il Dissennatore, che cadde indietro e s’impigliò nell’orlo della veste… Harry non aveva mai visto un Dissennatore inciampare.
«Aspetta!» gridò, avanzando nella scia del suo Patronus d’argento, «tu sei un Molliccio! Riddikulus! »
Si udì un colpo secco e forte, e la figura esplose in un fil di fumo. Il cervo d’argento svanì. Harry avrebbe voluto che restasse con lui, gli avrebbe fatto bene un po’ di compagnia… avanzò più rapidamente e silenziosamente possibile, le orecchie tese, la bacchetta di nuovo alta.
Sinistra… destra… ancora sinistra… due volte si trovò in un vicolo cieco. Rifece l’Incanto Quattro Punti, e scoprì che stava andando troppo a est. Fece dietrofront, svoltò a destra, e vide una strana nebbiolina dorata aleggiare davanti a lui.
Harry si avvicinò cautamente, la bacchetta puntata. Sembrava una qualche sorta di incantesimo. Si chiese se sarebbe stato capace di sbarazzarsene facendolo saltare per aria.
« Reducto! » esclamò.
La formula magica schizzò nella nebbiolina, lasciandola intatta. Si disse che avrebbe dovuto saperlo; l’Incantesimo Reductor funzionava con gli oggetti solidi. Che cosa sarebbe successo se avesse attraversato la nebbia? Valeva la pena di tentare, o doveva tornare sui suoi passi?
Era ancora incerto quando un grido lacerò il silenzio.
«Fleur!» gridò Harry.
Silenzio. Si guardò attorno. Che cosa le era accaduto? Il grido sembrava provenire da un punto più avanti. Trasse un profondo respiro e si tuffò nella nebbiolina incantata.
Il mondo si rovesciò. Harry penzolava dal suolo, coi capelli dritti, gli occhiali che minacciavano di cadere nel cielo senza fondo. Harry se li ricacciò sul naso e rimase lì a ciondolare, terrorizzato. Era come avere i piedi incollati all’erba. Sotto di lui il cielo scuro trapunto di stelle si stendeva all’infinito. Aveva la sensazione che se solo avesse cercato di muovere un piede, si sarebbe staccato per sempre dal terreno.
Pensa, si disse, mentre gli andava il sangue alla testa, pensa…
Ma nessuno degli incantesimi che aveva provato era progettato per opporsi a un improvviso scambio tra cielo e terra. Avrebbe osato spostare il piede? Sentiva il sangue pulsare nelle orecchie. Aveva due possibilità: o cercare di muoversi, o sparare in alto scintille rosse, farsi tirar fuori dal Labirinto ed essere squalificato.
Chiuse gli occhi per non vedere il cielo senza fondo e staccò con decisione il piede dal soffitto d’erba.
All’improvviso il mondo si raddrizzò. Harry cadde sulle ginocchia, sul terreno meravigliosamente solido. Per un attimo si senti molle dallo spavento. Respirò profondamente per calmarsi, poi si rialzò e corse avanti, guardandosi indietro mentre usciva dalla nebbiolina dorata, che scintillava innocente al chiaro di luna.
Si fermò a un incrocio e si guardò intorno, cercando qualche traccia di Fleur. Era sicuro che fosse stata lei a urlare. In cosa si era imbattuta? Stava bene? Non c’era segno di scintille rosse: significava che se l’era cavata, o che era nei guai al punto da non riuscire a recuperare la bacchetta? Harry imboccò il sentiero a destra con una sensazione di crescente disagio… ma nello stesso tempo non riuscì a non pensare un campione di meno…
La Coppa era da qualche parte nelle vicinanze, e a quel che pareva Fleur non era più in gara. Era arrivato fino a lì, no? E se fosse davvero riuscito a vincere? Fugacemente, e per la prima volta da quando si era ritrovato tra i campioni, si vide di nuovo alzare la Coppa Tremaghi davanti al resto della scuola…
Non incontrò nulla per dieci minuti, tranne vicoli ciechi. Due volte prese la stessa direzione sbagliata. Alla fine trovò un nuovo percorso e lo imboccò di corsa. La luce della bacchetta sobbalzava, agitando e deformando la sua ombra sulle pareti di siepe. Poi girò un altro angolo e si trovò davanti a uno Schiopodo Sparacoda.
Cedric aveva ragione: era proprio enorme. Lungo tre metri, sembrava più che altro uno scoipione gigante. Il suo lungo pungiglione era inarcato sopra la schiena. La spessa corazza brillò alla luce della bacchetta di Harry, che gliela puntò contro.
« Stupeficium! »
L’incantesimo colpì la corazza dello Schiopodo, e rimbalzò indietro; Harry si chinò appena in tempo, ma sentì odore di capelli bruciati: gli aveva strinato la testa. Lo Schiopodo emise un lampo di fuoco dalla coda, e gli si scagliò addosso.
« Impedimenta! » strillò Harry. L’incantesimo colpì di nuovo la corazza dello Schiopodo e rimbalzò indietro; Harry arretrò barcollando di qualche passo e inciampò. «IMPEDIMENTA!»
A pochi centimetri da lui, lo Schiopodo si fermò di colpo: Harry l’aveva colpito al ventre molle e indifeso. Ansante, si allontanò da lui e corse nella direzione opposta: l’Incantesimo di Ostacolo non era permanente, lo Schiopodo avrebbe riguadagnato l’uso delle zampe da un momento all’altro.
Prese un sentiero a sinistra, e finì in un vicolo cieco, uno a destra, e finì in un altro vicolo cieco: si costrinse a fermarsi, col cuore che martellava in petto, formulò l’Incanto Quattro Punti, tornò sui suoi passi e scelse un sentiero che lo avrebbe portato a nord-ovest.
Correva da qualche minuto quando udì qualcosa nel sentiero parallelo oltre la siepe, qualcosa che lo fece fermare di botto.
«Che cosa fai?» urlò la voce di Cedric. «Che cosa diavolo credi di fare?»
E poi Harry sentì la voce di Krum.
« Crucio! »
L’aria si riempì all’improvviso delle urla di Cedric. Atterrito, Harry scattò in avanti, cercando di trovare un passaggio per raggiungere Cedric. Quando capì che non ce n’erano, ritentò con l’Incantesimo Reductor. Non fu molto efficace, ma bruciò un buchetto nella siepe, in cui Harry fece passare a forza la gamba, prendendo a calci i fitti rovi e i rami finché non si spezzarono; s’infilò a fatica nel varco, strappandosi la veste, e guardando a destra vide Krum incombere su Cedric, che sussultava e si contorceva al suolo.
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