Non era Mrs Purr. Era Neville. Stava lì raggomitolato sul pavimento, profondamente addormentato; ma non appena gli si furono avvicinati, si svegliò di colpo e saltò su.
«Meno male! Mi avete trovato! Sono ore e ore che sono qui. Non riuscivo a ricordarmi la parola d’ordine per andare a letto».
«Parla piano, Neville. La parola d’ordine è ‘gnigno di porco’, ma ora non ti servirà a niente: la Signora Grassa è andata a zonzo».
«Come va il braccio?» chiese Harry.
«Bene» rispose Neville mostrandoglielo. «Madama Chips me lo ha aggiustato in meno di un minuto».
«Bene. E ora, Neville… dobbiamo andare in un certo posto. Ci vediamo più tardi…»
«Non mi lasciate!» li scongiurò il ragazzo balzando in piedi. «Non voglio rimanere qui da solo, il Barone Sanguinario è già passato due volte».
Ron guardò l’orologio e poi lanciò un’occhiata furibonda a Hermione e a Neville.
«Se uno di voi due si fa beccare, non avrò pace finché non avrò imparato quella Maledizione dei Fantasmi di cui ci ha parlato Raptor, e giuro che la userò contro di voi».
Hermione fece per aprir bocca, forse proprio per dire a Ron come usare la Maledizione dei Fantasmi, ma Harry le sibilò di tacere e fece cenno a tutti di procedere.
Scivolarono lungo corridoi illuminati a strisce dal chiarore lunare proveniente dalle alte finestre. Ogni volta che giravano un angolo, Harry si aspettava di imbattersi in Gazza o in Mrs Purr, ma ebbero fortuna. Salirono a tutta velocità su per una scala fino al terzo piano, e in punta di piedi si avviarono verso la sala dei trofei.
Malfoy e Tiger non erano ancora arrivati. Le teche di cristallo dei trofei luccicavano nei punti illuminati dai raggi della luna. Coppe, scudi, piatti e statue, era tutto uno scintillio d’oro e d’argento. Strisciavano lungo i muri, tenendo d’occhio le porte situate a entrambe le estremità della stanza. Harry estrasse la sua bacchetta nel caso Malfoy fosse arrivato e avesse attaccato subito… I minuti scorrevano lentamente.
«È in ritardo. Forse ha avuto paura» fece Ron in un sussurro.
Poi, un rumore nella stanza accanto li fece sobbalzare. Harry aveva appena fatto in tempo a sollevare la bacchetta magica quando udì qualcuno parlare… ma non era Malfoy.
«Annusa qua dentro, ciccina, potrebbero essere nascosti in un angolo».
Era Gazza che parlava con la gatta, Mrs Purr. Inorridito, Harry agitò all’impazzata la bacchetta, facendo segno agli altri tre di seguirlo più in fretta possibile. Svelti svelti, senza far rumore si diressero verso la porta opposta al punto da cui proveniva la voce di Gazza. L’ultimo lembo degli abiti di Neville era appena sparito dietro l’angolo, quando udirono Gazza entrare nella sala dei trofei.
«Sono qui, da qualche parte» lo udirono borbottare, «probabilmente nascosti».
«Da questa parte!» Harry bisbigliò agli altri e, in preda al terrore, cominciarono a sgattaiolare lungo la galleria che rigurgitava di armature. Sentivano avvicinarsi Gazza. D’un tratto, Neville lanciò un gridolino di terrore e spiccò la corsa… incespicò, afferrò Ron per la vita e franarono entrambi sopra un’armatura.
Il baccano e lo strepito furono tali da svegliare l’intero castello.
«CORRETE!» gridò Harry e tutti e quattro si misero a correre per la gallerìa, senza guardarsi indietro per vedere se Gazza li stesse seguendo. Girarono dietro lo stipite di una porta, percorsero un corridoio, e poi un altro, Harry in testa, senza la minima idea di dove si trovassero o di dove stessero andando. Passarono attraverso un arazzo, lacerandolo, e si ritrovarono in un passaggio nascosto, lo percorsero a precipizio e sbucarono vicino all’aula di Incantesimi, che sapevano essere lontana mille miglia dalla sala dei trofei.
«Credo che lo abbiamo seminato» ansimò Harry appoggiandosi contro la parete fredda e asciugandosi la fronte. Neville era piegato in due, e ansimava senza riuscire a riprender fiato.
«Ve l’avevo detto, io » mormorò Hermione premendosi una mano sul petto, «ve l’avevo detto!»
«Dobbiamo tornare alla torre di Grifondoro il più in fretta possibile» disse Ron.
«Malfoy vi ha ingannato» disse Hermione a Harry. «Te ne rendi conto, non è vero? Non ha mai avuto la minima intenzione di battersi con te… Gazza sapeva che qualcuno si sarebbe trovato nella sala dei trofei; Malfoy deve avergli fatto una soffiata».
Harry pensò che la ragazza avesse ragione, ma non era disposto a dirglielo.
«Andiamo».
La cosa non sarebbe stata tanto semplice. Non avevano fatto neanche una decina di passi che il pomello di una porta cigolò e qualcosa schizzò come una pallottola fuori da un’aula di fronte a loro.
Era Pix. Li vide ed emise uno squittio di contentezza.
«Zitto, Pix… per piacere… o ci farai espellere».
Pix ridacchiò.
«In giro per il castello a mezzanotte, pivellini? Ah, ah, ah! Sciocchi e insulsi, sarete espulsi!»
«No, se non ci fai la spia, Pix. Ti prego!»
«Dovrei proprio dirlo a Gazza» disse Pix con voce serafica, ma gli occhi gli brillavano di cattiveria. «È per il vostro bene, sapete?»
«Ma levati di mezzo!» sbottò Ron colpendolo con forza… ma fu un grosso errore.
«ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE!» cominciò a gridare Pix, «ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE, NEL CORRIDOIO DEGLI INCANTESIMI!»
Si tuffarono sotto di lui e spiccarono una corsa con tutta la forza che avevano nelle gambe, dritti verso l’estremità del corridoio, dove andarono a sbattere contro una porta… chiusa a chiave.
«Siamo arrivati al capolinea» disse Ron sconfortato mentre spingevano inutilmente cercando di aprirla. «Siamo perduti! È la fine!»
Udirono dei passi: era Gazza, che correva più in fretta che poteva verso il punto da cui provenivano le grida di Pix.
«Vi decidete a fare qualcosa?» sbottò Hermione. Afferrò la bacchetta di Harry, colpì il lucchetto e sussurrò: « Alohomora !»
Il lucchetto scattò e la porta si spalancò davanti a loro, la oltrepassarono spintonandosi, la richiusero velocemente e vi pigiarono contro l’orecchio, rimanendo in ascolto.
«Da che parte sono andati, Pix?» stava chiedendo Gazza. «Svelto, parla!»
«Di’ ‘per favore’».
«Non farmi perdere tempo, Pix. Dimmi, dove sono andati ?»
«Non ti dirò un bel niente se non me lo chiedi per favore» disse Pix con la sua fastidiosa cantilena.
«E va bene… per favore !»
«NIENTE! Ah-ha! Te l’avevo detto che non avrei detto niente se non dicevi per favore! Ha ha! Haaaa!» E i ragazzi udirono Pix allontanarsi con un sibilo mentre Gazza, furente, lanciava maledizioni.
«Crede che questa porta sia chiusa a chiave» bisbigliò Harry. «Penso che siamo salvi… E piantala, Neville!» Infatti, era un minuto circa che Neville tirava la manica della vestaglia di Harry. « Che cosa c’è?»
Harry si voltò… e vide chiaramente che cosa c’era. Per un attimo, fu pronto a giurare di essere precipitato in un incubo: era troppo, dopo tutto quel che aveva passato fino a quel momento.
Non si trovavano in una stanza, come aveva creduto. Erano in un corridoio. Il corridoio proibito del terzo piano. E ora, capivano perché fosse proibito.
Stavano fissando dritto negli occhi un cane mostruoso, un bestione che riempiva tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste. Tre paia di occhi roteanti, dallo sguardo folle; tre nasi che si contraevano e vibravano nella loro direzione; tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva come tante funi viscide dalle zanne giallastre.
Era lì, perfettamente immobile, tutti e sei gli occhi fissi su di loro, e Harry capì che l’unica ragione per cui non erano ancora morti era che la loro improvvisa comparsa lo aveva colto di sorpresa, sorpresa che però stava superando rapidamente: il suo ringhiare sordo non dava adito a equivoci.
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