Joanne Rowling - Harry Potter e la pietra filosofale

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Harry Potter e la pietra filosofale: краткое содержание, описание и аннотация

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Un orfanello dotato di misteriosi poteri, due zii molto antipatici e… si entra nell’eccitante universo del Meraviglioso!
Un ragazzino con gli occhiali grossi ha conquistato la copertina del Time: si chiama Harry Potter. Nel giorno del suo undicesimo compleanno Harry si rende conto di essere dotato di straordinari poteri magici. E di potersi finalmente vendicare di tutte le angherie subite dagli odiosi zii che l’hanno allevato malvolentieri al posto dei genitori spariti nel nulla. Dovrà però frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore d’Inghilterra, in un castello dove è custodita la prodigiosa Pietra Filosofale che può sconfiggere le forze del male…

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Poi «Bulstrode Millicent» diventò una Serpeverde. Forse era una pura fantasia di Harry, dopo tutto quel che aveva sentito dire su quella Casa, ma gli venne da pensare che avevano tutti un aspetto sgradevole.

Ora cominciava a sentirsi veramente male. Ricordava quando, nella sua vecchia scuola, era stato scelto per la squadra sportiva. Lui era stato sempre scelto per ultimo, non perché non fosse bravo, ma perché nessuno voleva che Dudley pensasse che era simpatico a qualcuno.

«Finch-Fletchley Justin!»

«TASSOROSSO!»

Harry notò che qualche volta il cappello gridava all’istante il nome della Casa e altre volte, invece, ci metteva un po’ a decidersi. «Finnigan Seamus», il ragazzo dai capelli color sabbia che precedeva Harry nella fila rimase seduto quasi per un minuto prima di venire dichiarato un Grifondoro.

«Granger Hermione!»

Hermione arrivò quasi di corsa allo sgabello e si pigiò il cappello in testa con gesto impaziente.

«GRIFONDORO!» gridò il cappello. Ron emise un gemito.

Harry fu colpito da un pensiero orribile, come sono sempre i pensieri di quando siamo molto nervosi. E se lui non fosse stato scelto affatto? Se gli fosse capitato di rimanere lì seduto con il cappello sugli occhi per ore, finché la professoressa McGranitt glielo avesse strappato dalla testa dicendo che evidentemente c’era stato un errore, e che lui doveva andarsene e riprendere il treno?

Poi fu chiamato il ragazzo che perdeva continuamente il suo rospo, Neville Paciock, il quale, lungo il percorso verso lo sgabello, cadde. Con lui, il cappello impiegò molto tempo a decidere. Quando finalmente gridò «GRIFONDORO!», Neville corse via senza neanche toglierselo dalla testa, e tra scrosci di risa dovette correre a consegnarlo a «MacDougal Morag».

Malfoy si presentò con aria tracotante, quando venne chiamato il suo nome, e fu esaudito immediatamente: il cappello gli aveva appena sfiorato la testa quando gridò: «SERPEVERDE!»

Malfoy andò a unirsi ai suoi amici Tiger e Goyle, con aria molto compiaciuta.

Ormai erano rimasti in pochi.

«Moon»… «Nott»… «Parkinson»… poi due gemelle, «Patil» e «Patil»…, poi «Perks, Sally Anne»…, e finalmente…

«Potter Harry!»

Mentre Harry si avvicinava allo sgabello, la sala fu percorsa d’un tratto da sussurri simili allo scoppiettio di tanti piccoli fuochi.

« Potter, ha detto?»

«Ma proprio quell’ Harry Potter…?»

L’ultima cosa che Harry vide prima che il cappello gli coprisse gli occhi fu la sala piena di gente che allungava il collo per guardarlo meglio. L’attimo dopo, era immerso nel buio. Rimase in attesa.

«Ehm…» gli sussurrò una vocina all’orecchio. «Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar via. C’è talento, oh, accipicchia, si… e un bel desiderio di mettersi alla prova. Molto interessante… Allora, dove ti metto?»

Harry si aggrappò forte ai bordi dello sgabello e pensò: «Non a Serpeverde, non a Serpeverde!»

«Non a Serpeverde, eh?» disse la vocina. «Ne sei proprio così sicuro? Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio… No? Be’, se sei proprio cosi sicuro… meglio GRIFONDORO!»

Harry udì il cappello gridare l’ultima parola a tutta la sala. Se lo tolse di testa e si avviò con passo vacillante verso il tavolo dei Grifondoro. Il sollievo di essere stato scelto per quella Casa e non per Serpeverde era tale che a malapena si accorse di essere stato salutato dall’applauso più fragoroso. Il prefetto Percy si alzò in piedi e gli strinse vigorosamente la mano, mentre i gemelli Weasley si sgolavano: «Potter è dei nostri! Potter è dei nostri!» Harry si sedette davanti al fantasma con la gorgiera che aveva visto prima. Questo gli batté un colpetto sul braccio, dandogli l’improvvisa, orribile sensazione di averlo appena immerso in un catino di acqua ghiacciata.

Ora poteva vedere bene il tavolo delle autorità. All’estremità più vicina a lui sedeva Hagrid, che incrociò lo sguardo col suo e gli fece un segno di vittoria. Harry gli rispose con un sorriso. E là, al centro, su un ampio scranno d’oro, sedeva Albus Silente. Harry lo riconobbe subito per via della figurina che aveva trovato nella Cioccorana, sul treno. La chioma argentea di Silente era l’unica cosa, in tutta la sala, che luccicasse quanto i fantasmi. Harry intravide anche il professor Raptor, il giovanotto nervoso che aveva incontrato al Paiolo magico. Aveva un’aria molto strana, e in testa un gran turbante color porpora.

E ora erano rimaste solo tre persone da smistare. «Turpin Lisa» divenne una Corvonero e poi fu il turno di Ron. Il ragazzo aveva assunto ormai un colorito terreo. Harry incrociò le dita sotto il tavolo, e un attimo dopo il cappello gridò: «GRIFONDORO!»

Harry batté le mani forte con tutti gli altri, mentre Ron si accasciava sulla sedia vicino alla sua.

«Ben fatto, Ron, ottimo!» si congratulò Percy Weasley pomposamente da sopra la testa di Harry, mentre «Zabini Blaise» veniva mandato a Serpeverde. A quel punto, la professoressa McGranitt arrotolò la sua pergamena e portò via il Cappello Parlante.

Harry guardò nel suo piatto d’oro e lo vide vuoto. Soltanto ora si era reso conto di quanta fame avesse. Gli zuccotti di zucca sembravano appartenere a secoli prima.

Albus Silente si era alzato in piedi. Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.

«Benvenuti!» disse. «Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!»

E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti. Harry non sapeva se ridere o no.

«Ma… è un po’ matto?» chiese incerto a Percy.

«Matto?» gli fece quello con disinvoltura. «È un genio! Il miglior mago del mondo! Ma è un po’ matto, sì. Patate, Harry?»

Harry rimase a bocca aperta. Di colpo, i piatti davanti a lui erano pieni zeppi di pietanze. Non aveva mai visto tante cose buone tutte insieme su un solo tavolo: roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e di agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, carote, ragù, salsa ketchup e, per qualche strana ragione, dolci alla menta.

Non si poteva dire che i Dursley lo lasciassero morire di fame, ma certo non gli veniva mai permesso di mangiare a sazietà. Dudley prendeva sempre tutto quello che faceva gola a Harry, anche a costo di sentirsi male. Harry si riempì il piatto di un po’ di tutto, tranne i dolci alla menta, e cominciò a mangiare. Era tutto squisito.

«Ha l’aria di essere molto buona» disse il fantasma con la gorgiera in tono triste, guardando Harry che tagliava la bistecca.

«Ma perché, tu non puoi…?»

«Sono circa quattrocento anni che non mangio» disse il fantasma. «Naturalmente, non ne ho bisogno, ma uno finisce col sentirne la mancanza. Forse non mi sono presentato. Sir Nicholas de Mimsy-Porpington al tuo servizio. Il fantasma ufficiale di Grifondoro».

«Io lo so chi sei!» disse d’un tratto Ron. «I miei fratelli mi hanno parlato di te… Tu sei Nick-Quasi-Senza-Testa».

« Preferirei che mi chiamassi Sir Nicholas de Mimsy…» cominciò a dire tutto impettito il fantasma, ma Seamus Finnigan dai capelli color sabbia lo interruppe.

« Quasi senza testa? Come è possibile essere quasi senza testa?»

Sir Nicholas sembrava estremamente stizzito, come se la conversazione non stesse prendendo la piega da lui desiderata.

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