La professoressa McGranitt era ancora diversa. Harry aveva avuto ragione di pensare che era meglio non contrariarla. Severa e intelligente, fece un bel discorsetto ai ragazzi nel momento stesso in cui si sedettero per ascoltare la sua prima lezione.
«La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts» disse. «Chiunque faccia confusione nella mia aula verrà espulso e non sarà più riammesso. Siete avvisati».
Poi trasformò la sua cattedra in un maiale e viceversa. Tutti rimasero molto impressionati e non vedevano l’ora di cominciare, ma ben presto si resero conto che ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo prima che diventassero capaci di trasformare un mobile in un animale. Presero un mucchio di appunti complicati, dopodiché a ciascuno fu dato un fiammifero che dovevano provare a trasformare in un ago. Alla fine della lezione, solo Hermione Granger aveva cambiato qualche cosa nel suo fiammifero; la professoressa McGranitt mostrò alla classe che era diventato tutto d’argento e acuminato, e gratificò Hermione con uno dei suoi rari sorrisi.
Il corso che tutti non vedevano l’ora di frequentare era Difesa contro le Arti Oscure, ma le lezioni di Raptor si dimostrarono un po’ una barzelletta. L’aula odorava fortemente di aglio: tutti dicevano servisse a tenere lontano un vampiro che egli aveva incontrato in Romania, e che temeva che sarebbe tornato un giorno o l’altro a prenderlo per portarlo via. Il turbante, così disse ai suoi allievi, lo aveva ricevuto in dono da un principe africano, come pegno di gratitudine per averlo liberato di un fastidioso zombie; ma loro non erano così sicuri che quella storia fosse vera. Tanto per cominciare, quando Seamus Finnigan aveva chiesto a Raptor di raccontare come aveva fatto a scacciare lo zombie, lui era diventato tutto rosso e aveva cominciato a parlare del tempo. E poi avevano notato che intorno al turbante aleggiava uno strano odore, e i gemelli Weasley insistevano che anche quello era imbottito d’aglio, perché Raptor fosse protetto ovunque andasse.
Harry fu molto sollevato nel constatare che non era poi così indietro rispetto agli altri. Molti venivano da famiglie di Babbani e, come lui, non sapevano di essere streghe o maghi. C’era così tanto da imparare che anche persone come Ron non erano poi molto avvantaggiate.
Il venerdì successivo fu un giorno importante per Harry e Ron. Finalmente riuscirono ad arrivare alla Sala Grande per colazione senza perdersi neanche una volta.
«Cosa abbiamo oggi?» chiese Harry a Ron versandosi lo zucchero nel tè.
«Pozioni doppie con i Serpeverde» disse Ron. «Il direttore della Casa dei Serpeverde è Piton, e quelli di Serpeverde dicono che lui li favorisce sempre… vedremo se è vero».
«Quanto vorrei che la McGranitt favorisse noi» disse Harry. La professoressa McGranitt era la direttrice della Casa di Grifondoro, ma questo non le aveva impedito, il giorno prima, di dargli una montagna di compiti.
In quel momento arrivò la posta. Oramai Harry ci aveva fatto l’abitudine, ma il primo giorno era rimasto alquanto impressionato quando un centinaio di gufi avevano fatto irruzione all’improvviso nella Sala Grande, durante la colazione, descrivendo cerchi sopra i tavoli finché, individuato il proprio padrone, non gli avevano lasciato cadere in grembo lettere e pacchetti.
A Harry, Edvige non aveva ancora portato niente. Ogni tanto, veniva per mordicchiargli l’orecchio e farsi dare un pezzetto di toast prima di tornare a dormire nella grande voliera insieme agli altri pennuti della scuola. Ma quella mattina si posò fra la zuccheriera e la coppetta della marmellata d’arancia, lasciando cadere un biglietto sul piatto di Harry. Il ragazzo lacerò immediatamente la busta.
Caro Harry, c’era scritto con una calligrafia tutta scarabocchi. so che il venerdì pomeriggio sei libero: ti va di venire a prendere una tazza di tè con me intorno alle tre? Voglio sapere tutto della tua prima settimana. Mandami la risposta con Edvige.
Hagrid
Harry si fece prestare la penna d’oca da Ron e buttò giù la risposta sul retro del biglietto: « Sì, grazie, ci vediamo più tardi » . E la consegnò a Edvige perché la recapitasse.
Meno male che Harry aveva la piacevole aspettativa del tè con Hagrid, perché la lezione di Pozioni fu la peggior cosa che gli fosse capitata fino a quel momento.
Appena arrivato, durante il banchetto inaugurale, Harry aveva avuto l’impressione di non stare simpatico al professor Piton. Alla fine della prima lezione di Pozioni seppe che si era sbagliato. Non è che lo trovasse antipatico… lo odiava.
Le lezioni di Pozioni si svolgevano in una delle celle sotterranee. Qui faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato a far venire loro la pelle d’oca anche senza tutti quegli animali che galleggiavano nei barattoli di vetro lungo le pareti.
Come Vitious, anche Piton iniziò la lezione prendendo il registro, e sempre come Vitious, giunto al nome di Harry si fermò.
«Ah, vedo» disse con voce melliflua, «Harry Potter. La nostra nuova… celebrità » .
Draco Malfoy e i suoi amici Tiger e Goyle nascosero un ghigno dietro la mano. Piton finì di fare l’appello e alzò lo sguardo sulla classe. Aveva gli occhi neri come quelli di Hagrid, ma del tutto privi del suo calore. Erano gelidi e vuoti, e facevano pensare a due tunnel immersi nel buio.
«Siete qui per imparare la delicata scienza e l’arte esatta delle Pozioni» cominciò. Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma ai ragazzi non ne sfuggiva una: come la professoressa McGranitt, Piton aveva il dono di mantenere senza sforzo il silenzio in classe. «Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia. Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza del calderone che bolle a fuoco lento, con i suoi vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che scorrono nelle vene umane, ammaliando la mente, stregando i sensi… Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, la gloria, addirittura la morte… sempre che non siate una manica di teste di legno, come in genere sono tutti gli allievi che mi toccano».
Anche questo discorsetto cadde nel silenzio. Harry e Ron si scambiarono un’occhiata alzando le sopracciglia. Hermione Granger era seduta sul bordo della sedia e sembrava non vedesse l’ora di dimostrare che lei non era una ‘testa di legno’.
«Potter» disse Piton d’un tratto. «Che cosa ottengo se verso della radice di asfodelo in polvere dentro un infuso di artemisia?»
Radice in polvere di che cosa, in un infuso di che cosa ? Harry lanciò un’occhiata a Ron, che appariva altrettanto sconcertato; invece Hermione era già lì con la mano alzata.
«Non lo so, signore» disse Harry.
Le labbra di Piton si incresparono in un ghigno.
«Bene, bene… è chiaro che la fama non è tutto».
Ignorò la mano alzata di Hermione.
«Proviamo ancora. Potter, dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi una pietra bezoar?»
Hermione alzò di nuovo la mano più in alto che poteva senza alzarsi dalla sedia, ma Harry non aveva la più pallida idea di che cosa fosse un bezoar. Cercò di ignorare Malfoy, Tiger e Goyle che si sbellicavano dalle risate.
«Non lo so, signore».
«Immagino che tu non abbia neanche aperto un libro prima di venire qui, vero, Potter?»
Harry si costrinse a continuare a guardare fisso quegli occhi glaciali. In realtà aveva dato una scorsa ai libri, quando era ancora dai Dursley, ma forse Piton si aspettava che si ricordasse tutto quel che era scritto in Mille erbe e funghi magici ?
Piton continuava a ignorare la mano fremente di Hermione.
«E… Potter, qual è la differenza tra l’ Aconitum napellus e l’ Aconitum lycoctonum ?»
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