La porta si aprì su una rampa di scale che odorava di vernice vecchia e mosche morte. I gradini scricchiolavano peggio delle ginocchia di Windle.
Qualcuno aveva scritto sui muri. La fraseologia era esotica ma il tono generale era familiare: Spettri di tutto il mondo sorgete, Rompiamo le Catene e La Maggioranza Silenziosa vuole Diritti per i Morti e la Fine del Vitalismo.
In cima c’era un pianerottolo su cui si apriva una porta. Un tempo qualcuno aveva appeso una lampada a olio al soffitto, ma sembrava che non venisse accesa da alcune migliaia di anni. Un vecchio ragno, che probabilmente viveva del resto dell’olio, lo guardò con fare circospetto dal suo anfratto.
Windle guardò di nuovo il biglietto, respirò a fondo per forza d’abitudine, e bussò.
L’Arcicancelliere tornò all’Università come una furia, con la coda degli altri maghi disperati al seguito.
«Chi chiamerà lui! Siamo noi i maghi qui!»
«Sì, ma non sappiamo veramente cosa sta succedendo, no?» disse il Decano.
«Allora lo scopriremo!» ruggì Ridcully. «Non so chi ha intenzione di chiamare lui, ma so chi chiamerò io!»
Si fermò di botto. Gli altri gli andarono a sbattere contro.
«Oh no» disse il Sommo Algebrico. «Quello no, la prego!»
«Ma non è niente» disse Ridcully. «Non c’è nulla da temere. Lo leggevo proprio ieri sera. Si può fare con tre pezzi di legno e…»
«Quattro cc di sangue di topo» disse il Sommo Algebrico in tono lugubre. «Ma non per forza. Si possono anche usare due pezzi di legno e un uovo. Però dev’essere un uovo fresco».
«Perché?»
«Credo che così il topo sia più contento».
«No, dicevo: perché l’uovo fresco».
«Oh, che ne sappiamo noi di cosa pensano le uova?»
« Comunque» disse il Decano, «è pericoloso. Ho sempre avuto l’impressione che stia nell’ottagramma per fare scena. Odio il modo in cui ti guarda e sembra che stia contando».
«Sì» disse il Sommo Algebrico. «Non siamo costretti a farlo. Possiamo venire a capo di quasi tutto. Draghi, mostri. Ratti. Vi ricordate i ratti, l’anno scorso? Sembrava che fossero dappertutto. Lord Vetinari non ci ha dato retta, oh no. Ha pagato quell’idiota in calzamaglia rossa e gialla mille pezzi d’oro per liberarsi dei ratti».
«Però ha funzionato» disse il professore di Rune Recenti.
«Ah, ci puoi giurare» disse il Decano. «Ha funzionato anche a Quirm e a Sto Lat. E l’avrebbe fatta franca anche a Pseudopolis se qualcuno non l’avesse riconosciuto. Il cosiddetto Maurice il Magnifico e i suoi Roditori Ammaestrati!»
«Non serve a nulla cercare di cambiare argomento» disse Ridcully. «Faremo il rito di AshKente. D’accordo?»
«Ed evocheremo la Morte» disse il Decano. «Oh, cielo».
«Non c’è niente di male nella Morte» disse Ridcully. «È un vero professionista. Fa il suo lavoro, e basta. Giochiamo onestamente. Lui saprà cosa sta succedendo».
«Oh, cielo» ripeté il Decano.
Arrivarono al cancello. La signora Torta si fece avanti, bloccando la strada all’Arcicancelliere.
Ridcully inarcò le sopracciglia.
L’Arcicancelliere non era il tipo d’uomo che prova un particolare piacere a essere sgarbato e brusco con le donne. O meglio, era sgarbato e brusco assolutamente con chiunque, indipendentemente dal sesso; comunque era una forma di parità. E se la conversazione che segue non fosse avvenuta tra una persona che ascoltava ciò che gli altri dicevano diversi secondi prima che lo dicessero, e una che non ascoltava mai nessuno, le cose sarebbero state molto diverse. O magari no.
Iniziò la signora Torta con una risposta.
«Non sono la sua brava donna!» sbottò.
«E lei chi è, brava donna?» disse l’Arcicancelliere.
«Be’, non è il modo di parlare a una persona rispettabile» disse la signora Torta.
«Non c’è motivo di offendersi» disse Ridcully.
«Oh, cavolo, lo sto facendo?» disse la signora Torta.
«Signora, perché mi risponde prima che io parli?»
«Cosa?»
«In che senso?»
«In che senso cosa?»
«Cosa?»
Si guardarono negli occhi, bloccati in un impasse senza uscita. Poi la signora Torta capì.
«Sono io, ho la premonizione accesa» disse. Si infilò un dito in un orecchio e lo agitò con un suono umido. «Ora è a posto. Ecco, la ragione per cui…»
Ma Ridcully ne aveva già abbastanza.
«Tesoriere» disse, «dia a questa donna un penny e la rimandi da dov’è venuta, faccia il piacere».
«Cosa?» disse la signora Torta, improvvisamente furiosa oltre ogni dire.
«C’è troppa roba del genere in giro di questi tempi» disse Ridcully al Decano, mentre si allontanavano.
«È colpa della vita stressante della grande città» disse il Sommo Algebrico. «L’ho letto da qualche parte. La gente diventa strana».
Entrarono da una delle porticine nel portone principale e il Decano la richiuse in faccia alla signora Torta.
«Magari non verrà» disse il Sommo Algebrico, mentre attraversavano il cortile. «Alla festa di addio del povero Windle non si è presentato».
«Per il Rito verrà» disse Ridcully. «Non è solo un invito del cavolo, è come se dicesse pure Si Prega di Dare Conferma!»
«Oh, bene. Mi piacciono i ricevimenti» disse il Tesoriere.
«Silenzio, Tesoriere».
C’era un vicolo da qualche parte nelle Ombre. Era la zona più densa di vicoli in una città già molto piena di vicoli.
Qualcosa di piccolo e lucente rotolò nel vicolo, e svanì nell’oscurità.
Dopo un po’ si udirono dei leggeri rumori metallici.
L’atmosfera nello studio dell’Arcicancelliere era molto fredda.
Alla fine il Tesoriere disse con voce tremula: «Forse è occupato?»
«Silenzio» dissero i maghi all’unisono.
Qualcosa stava succedendo. Il pavimento all’interno dell’ottagramma magico di gesso stava diventando bianco di brina.
«Non l’ha mai fatto prima» disse il Sommo Algebrico.
«È tutto sbagliato» disse il Decano. «Dovremmo avere delle candele, dei calderoni e qualcosa che bolle nei crogioli e polvere scintillante e fumo colorato…»
«Non c’è bisogno di quella roba per il Rito» disse seccamente Ridcully.
«Per il Rito magari no, ma per me sì» mormorò il Decano. «Farlo senza tutto l’armamentario giusto è come togliersi tutti i vestiti per fare il bagno».
«Io lo faccio così, il bagno» disse Ridcully.
«Umf. Certo, ognuno fa a modo suo, ma ci sono persone tra noi che amano pensare di mantenere un certo stile».
«Forse è in vacanza?» disse il Tesoriere.
«Oh, certo» lo schernì il Decano. «Su una bella spiaggia? Un paio di bibite ghiacciate e un cappellino con su scritto ‘Baciatemi’?»
«Un momento, un momento. Arriva qualcuno» sussurrò il Sommo Algebrico.
Il contorno indistinto di una figura incappucciata apparve sopra l’ottagramma. Ondeggiava costantemente, come una cosa vista attraverso l’aria surriscaldata.
«È lui» disse il Decano.
«No, non è lui» disse il professore di Rune Recenti. «È solo una veste grigia… non c’è niente…»
Si interruppe.
La veste si voltò lentamente. Sembrava piena, suggeriva la sagoma di qualcuno all’interno, ma allo stesso tempo dava una sensazione di vuoto, come una forma per qualcosa che non l’aveva di suo. Il cappuccio era vuoto.
Il vuoto osservò i maghi per qualche secondo e poi si concentrò sull’Arcicancelliere.
Disse: Chi sei tu?
Ridcully deglutì. «Ehm. Mustrum Ridcully. Arcicancelliere».
Il cappuccio annuì. Il Decano si mise un dito nell’orecchio e lo agitò. La veste non stava parlando. Non si sentiva nulla. Era solo che dopo ti ritrovavi improvvisamente con il ricordo di ciò che non era stato detto e nessuna idea di come ci fosse arrivato.
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