Margaret Weis - La sfida dei gemelli
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«Ti avevo quasi perduto.»
Alzando le mani, ma senza aprire gli occhi, afferrò le braccia del chierico, aggrappandosi a lei disperatamente. «Che aspetto ho? Dimmelo! Sono cambiato, vero?»
«Sei com’eri quando ti ho incontrato la prima volta nella Grande Biblioteca,» replicò Crysania, con voce ancora ferma, troppo ferma, tesa.
Sì, pensò Raistlin: sono com’ero. Il che significa che sono ritornato al presente. Sentì l’antica fragilità, l’antica debolezza, il dolore bruciante nel petto, e con esso la soffocante asprezza della tosse, come se delle ragnatele venissero intessute nei suoi polmoni. Sapeva che doveva soltanto guardare e avrebbe visto la pelle dalla coloritura dorata, i capelli bianchi, gli occhi a clessidra...
Spingendo via Crysania, si rotolò sullo stomaco, serrando i pugni in preda al furore, singhiozzando per la rabbia e la paura.
«Raistlin!». Adesso nella voce di Crysania c’era autentico terrore. «Cosa succede? Raistlin, dove ci troviamo? Cosa c’è che non va?»
«Ci sono riuscito,» lui ringhiò. Aprendo gli occhi vide il volto della donna, che appassiva a vista d’occhio. «Ci sono riuscito, siamo nell’Abisso.»
Crysania spalancò completamente gli occhi. Le sue labbra si dischiusero. La paura si mischiò alla gioia.
Raistlin ebbe un sorriso amaro. «E la mia magia se n’è andata.»
Sorpresa, Crysania lo fissò. «Non capisco...»
Torcendosi in preda all’agonia, Raistlin le gridò: «La mia magia non c’è più! Qui, nel suo regno, sono debole, impotente!» D’un tratto, ricordandosi che lei poteva essere intenta ad ascoltarlo, osservandolo e godendone, Raistlin s’immobilizzò. Il suo urlo morì in una schiuma color sangue, sulle sue labbra. Si guardò intorno, preoccupato.
«Ma no, non mi hai sconfitto!» bisbigliò. La sua mano si chiuse sul Bastone di Magius, che giaceva al suo fianco. Appoggiandosi pesantemente su di esso, lottò per alzarsi in piedi. Crysania lo cinse col suo braccio robusto, aiutandolo ad alzarsi.
«No,» mormorò, fissando la vastità delle pianure vuote, il cielo rosa e vuoto. «So dove sei! Lo sento! Sei a Godshome. Conosco la configurazione del terreno. So dove andare. Il kender me ne ha dato la chiave durante le sue farneticazioni febbricitanti. La terra sottostante riflette quella sovrastante. Ti scoverò, anche se il viaggio sarà lungo e insidioso.
«Sì,» e si guardò intorno, «sento che stai sondando la mia mente, che stai leggendo i miei pensieri, anticipando tutto ciò che dico e faccio. Tu pensi che sarà facile sconfiggermi! Ma io sento anche la tua confusione. Qui con me c’è qualcuno a cui non puoi toccare la mente! Lei mi difende e mi protegge. Non è vero, Crysania?»
«Sì, Raistlin,» fu la risposta di Crysania, con voce sommessa, mentre sorreggeva l’arcimago.
Raistlin fece un passo, poi un altro, e un altro ancora. Si appoggiò a Crysania, si appoggiò al suo bastone. Ma, anche così, ogni suo passo era uno sforzo, ogni suo respiro sembrava bruciargli i polmoni. Quando guardava quel mondo intorno a sé, tutto quello che vedeva era il vuoto.
Dentro di lui tutto era vuoto. La magia non c’era più.
Raistlin inciampò. Crysania lo afferrò e lo sorresse, stringendolo a sé. Le lacrime gli scorrevano lungo le guance.
Poteva udire delle risate...
Forse dovrei arrendermi adesso! pensò, con amara disperazione. Sono stanco, così stanco... E senza la mia magia, cosa sono?
Niente. Niente, soltanto un bambino debole e sventurato...
Capitolo terzo.
Per lunghi momenti, dopo la dichiarazione di Dalamar, nella stanza vi fu silenzio. Poi il silenzio venne interrotto dal raschiare di una penna mentre Astinus registrava le parole dell’elfo scuro sul grande libro.
«Possa Paladine essere misericordioso,» mormorò Elistan.
«Lei è con lui?»
«Naturalmente,» esclamò Dalamar, irritato, rivelando un nervosismo che tutta l’abilità della sua Arte era impotente a nascondere. «Come pensi altrimenti che possa aver avuto successo? Il Portale è chiuso per tutti salvo che alle forze unite di uno stregone dalle Vesti Nere, potente come lo è lui, e un chierico dalle Vesti Bianche, con una fede come quella di Crysania.»
Tanis, confuso, fece passare lo sguardo dall’uno all’altro. «Ascoltate,» disse con collera, «non capisco. Cosa sta succedendo? Di chi state parlando? Di Raistlin? Cos’ha fatto? Ha qualcosa a che fare con Crysania? E Caramon? E scomparso anche lui, insieme a Tas! Io...»
«Cerca di controllare quell’impaziente metà umana della tua natura, Mezzelfo,» lo rampognò Astinus, continuando a scrivere con tratti neri e fermi. «E tu, elfo scuro, comincia dall’inizio, invece che dal mezzo.»
«Oppure dalla fine, a seconda del caso,» aggiunse Elistan a bassa voce.
Bagnatesi le labbra con del vino, Dalamar, con lo sguardo ancora fìsso sul fuoco, raccontò la strana storia che Tanis, fino a quel momento, aveva conosciuto soltanto in parte. Molte cose il mezzelfo avrebbe potuto indovinarle, molte altre lo colsero di sorpresa, molte lo riempirono di orrore.
«Dama Crysania è stata ammaliata da Raistlin. E, se dobbiamo dire la verità, anche lui era attirato da lei, credo. Chi può dirlo con certezza, con un individuo come Raistlin? L’acqua gelida è ancora troppo calda per poter scorrere nelle sue vene. Chi può sapere da quanto tempo progettava questo, da quanto lo sognava? Ma, alla fine, era pronto. Aveva programmato un viaggio indietro nel tempo, per cercare quell’unica cosa che gli mancava, le conoscenze del più grande stregone che sia mai vissuto: Fistandantilus.
«Preparò una trappola per Dama Crysania, avendo progettato di attirarla indietro nel tempo insieme a lui, oltre al proprio fratello gemello...»
«Caramon?» chiese Tanis, in preda allo stupore.
Dalamar lo ignorò. «Ma accadde qualcosa d’imprevisto. La sorellastra dello Shalafi, Kitiara, un Signore dei Draghi...»
Il sangue pulsava nella testa di Tanis, offuscando la sua visione e ottundendo il suo udito. Sentì lo stesso sangue pulsargli nel volto. Aveva la sensazione che la sua pelle bruciasse a toccarla, tanto era calda.
Kitiara!
Si ergeva davanti a lui, gli occhi che lampeggiavano, i capelli scuri e riccioluti che le ricadevano sul viso, le sue labbra leggermente dischiuse in quell’incantevole, furfantesco sorriso, la luce che traeva vividi riflessi dalla sua armatura...
Abbassò lo sguardo su di lui dal dorso del suo drago azzurro, circondata dai suoi tirapiedi, altera e possente, forte e spietata...
Giaceva tra le sue braccia, languida, amorosa, sorridente...
Tanis sentì, anche se non poteva vederlo, lo sguardo pieno di comprensione, ma anche di pietà, di Elistan. Si ritrasse davanti all’espressione severa e consapevole di Astinus. Invischiato nel proprio senso di colpa, nella propria vergogna, nella propria infelicità, Tanis non si accorse che anche Dalamar stava avendo problemi con la propria espressione che, dopo essersi imporporata, ora stava impallidendo. Non percepì il tremolio nella voce dell’elfo scuro quando pronunciò il nome della donna.
Dopo aver lottato, Tanis recuperò il controllo di sé e fu in grado di riprendere l’ascolto. Ma sentì, ancora una volta, quell’antico dolore nel suo cuore, il dolore che aveva pensato fosse scomparso per sempre. Era felice con Laurana, l’amava più profondamente e teneramente di quanto fosse possibile per un uomo amare una donna. Era in pace con se stesso. La sua vita era ricca, piena. E adesso era stupito nello scoprire quell’oscurità nelle profondità del suo spirito... quell’oscurità che pensava di aver bandito per sempre.
«A un ordine di Kitiara, il cavaliere della morte, Lord Soth, lanciò un incantesimo su Dama Crysania, un incantesimo che avrebbe dovuto ucciderla. Ma Paladine intervenne: prese la sua anima facendola dimorare con sé, lasciando sulla terra l’involucro vuoto del suo corpo. Credevo che lo Shalafi fosse stato sconfitto. Ma no, tramutò in vantaggio questo tradimento da parte di sua sorella.
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