Margaret Weis - La sfida dei gemelli
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«Torna a casa... Figlio mio, torna a casa.»
Raistlin aprì gli occhi e vide il volto di sua madre.
Sorridendo, lei gli tese la mano, accarezzandogli i capelli che, in ciuffi bianchi, gli ricadevano sulla fronte. «Povero figlio mio,» mormorò; i suoi occhi scuri erano ammorbiditi dal dolore, dalla pietà e dall’amore. «Cosa ti hanno fatto! Ho osservato. Lo faccio da tanto tempo, ormai... E ho pianto. Sì, figlio mio, perfino i morti piangono. È l’unico conforto che abbiamo. Ma adesso tutto questo è finito. Sei con me. Qui puoi riposare...»
Raistlin lottò per rizzarsi a sedere. Abbassando lo sguardo su se stesso vide, con orrore, che era coperto di sangue. Eppure, non sentiva nessun dolore, pareva che non ci fosse nessuna ferita. Trovò difficile respirare, e annaspò per cercare aria.
«Su, lascia che ti aiuti,» disse sua madre. Cominciò a sciogliere il cordone di seta che lui portava alla vita, il cordone al quale erano appese le borse, con i preziosi materiali per i suoi incantesimi. Di riflesso, Raistlin spinse via la sua mano. Il respiro gli venne più facile. Si guardò intorno.
«Cos’è successo? Dove mi trovo?». Era tremendamente confuso. Gli ritornavano alla mente i ricordi della sua infanzia. Gli ritornavano alla mente i ricordi di due infanzie, la sua, e quella di qualcun altro! Guardò sua madre, lei era qualcuno che lui conosceva... e anche un’estranea!
«Cos’è successo?» ripetè irritato, respingendo i ricordi che salivano nella sua mente come un’onda in piena, minacciando di fargli perdere il controllo del suo equilibrio mentale.
«Tu sei morto, figlio mio,» gli disse sua madre con gentilezza. «E adesso sei qui con me.»
«Morto!» ripetè Raistlin, inorridito.
Riordinò freneticamente i propri ricordi. Ricordò di essere stato vicino alla morte... Come mai aveva fallito? Si portò la mano alla fronte e sentì... carne, ossa, calore... E poi ricordò...
Il Portale!
«No!» gridò furibondo, in preda alla collera, fissando sua madre. «È impossibile.»
«Hai perso il controllo della magia, figlio mio,» disse sua madre, tendendo di nuovo la mano per toccarlo. Raistlin si ritrasse da lei. Con il suo sorriso tenue e triste, un sorriso che lui ricordava fin troppo bene, lei lasciò ricadere la mano in grembo. «Il campo si è spostato, le forze ti hanno lacerato. C’è stata una terribile esplosione che ha completamente spianato le Pianure di Dergoth. La magica fortezza di Zhaman è crollata.» La voce di sua madre tremò. «La vista della tua sofferenza era più di quanto potessi sopportare.»
«Me lo ricordo,» bisbigliò Raistlin, portandosi le mani alla testa. «Ricordo il dolore, ma...»
Ricordava anche qualcos’altro: vivide esplosioni di luci multicolori, ricordava una sensazione di esultanza e di estasi che si gonfiava nella sua anima come una marea, ricordava le teste dei draghi poste a guardia del Portale che urlavano furiose, ricordava di aver avvolto le braccia intorno a Crysania.
Alzandosi in piedi, Raistlin si guardò intorno. Si trovava su un terreno piatto, pianeggiante, un qualche tipo di deserto. In lontananza poteva distinguere delle montagne. Gli parevano familiari, naturalmente! Thorbardin! Il regno dei nani. Si girò. C’erano le rovine della fortezza che parevano un cranio intento a divorare la terra con la bocca eternamente sogghignante. Così, si trovava sui Pianori di Dergoth. Riconosceva il paesaggio. Ma, pur riconoscendolo, gli pareva strano. Ogni cosa era tinta di rosso come se stesse guardando tutti gli oggetti attraverso occhi velati dal sangue. E, anche se quegli oggetti sembravano uguali a come lui li ricordava, allo stesso tempo gli apparivano estranei.
Aveva già visto il Teschio durante la Guerra delle Lance, ma non ricordava di averlo visto sogghignare in quella maniera oscena. Anche le montagne erano nitide e si stagliavano con chiarezza contro il cielo... Il cielo! Raistlin tirò un respiro. Era vuoto! Guardò rapidamente in tutte le direzioni. No, non c’era il sole, eppure non era notte. Non c’erano né lune, né stelle, e aveva un colore così strano... una specie di rosa tenue, spento: il riflesso di un tramonto.
Abbassò lo sguardo sulla donna inginocchiata al suolo davanti a lui.
Raistlin sorrise, le sue labbra sottili premute insieme con espressione cupa.
«No,» disse, e questa volta la sua espressione era ferma e fiduciosa. «No, non sono morto! Ho avuto successo.» Fece un gesto. «Questa è la prova del mio successo. Riconosco questo posto. Il kender me l’ha descritto. Mi ha detto che era tutti i posti nei quali era stato. Questo è il luogo in cui ho varcato il Portale, e adesso mi trovo nell’Abisso.»
Chinandosi, Raistlin afferrò la donna per le braccia, trascinandola in piedi. «Demone, apparizione!
Dov’è Crysania? Dimmi, chiunque o qualsiasi cosa tu sia! Dimmi, o per gli dei, io...»
«Raistlin! Fermati, mi stai facendo male!»
Raistlin trasalì, spalancando gli occhi. Era stata Crysania a parlare, ed era di Crysania il braccio che stringeva! Scosso, mollò la presa ma, nel giro di un istante, fu di nuovo padrone di se stesso. Lei cercò di liberarsi, ma lui la tenne salda, attirandola più vicino a sé.
«Crysania?» l’interrogò, studiandola con attenzione.
Crysania sollevò perplessa lo sguardo su di lui. «Sì,» balbettò confusamente. «Cosa c’è che non va, Raistlin? Hai parlato in maniera così strana...»
L’arcimago accentuò ancora di più la stretta. Crysania lanciò un grido per il dolore. Sì, il dolore nei suoi occhi era reale, e così anche la sua paura.
Sorridendo, sospirando, Raistlin la cinse fra le braccia, premendola contro il proprio corpo.
Crysania era carne, calore, profumo, un cuore che batteva...
«Oh, Raistlin!» Crysania si rannicchiò contro di lui. «Avevo tanta paura... Questo orribile posto.
Ero completamente sola.»
La sua mano s’infilò tra i capelli neri di Crysania. La morbidezza e la fragranza del suo corpo lo intossicavano, colmandolo di desiderio. Lei si strinse ancora di più a lui, piegando indietro la testa.
Le sue labbra erano morbide, bramose. Raistlin chinò lo sguardo su di lei e fissò i suoi occhi ardenti.
Così, sei tornato a casa, finalmente, o mio mago!
Una risata calda e soffocante bruciò la sua mente mentre il corpo snello fra le sue braccia si contorceva furiosamente... stava stringendo un collo di un drago a cinque teste... l’acido sgocciolava dalle fauci spalancate sopra di lui... il fuoco ruggiva intorno a lui... nuvolaglie sulfuree gli facevano mancare il respiro. La testa si abbassò con movimenti serpentini...
Disperatamente, furiosamente, Raistlin fece appello alla sua magia. Però, nel medesimo istante in cui formava le parole del canto dell’incantesimo difensivo, nella sua mente avvertì una punta di dubbio. Forse la magia non avrebbe funzionato. Sono debole, il transito attraverso il Portale ha prosciugato le mie forze. La paura, sottile e tagliente come la lama di una spada, ha trafitto la mia anima. Le parole del canto gli scivolarono via dalla mente. Il panico invase il suo corpo. La Regina!
Mi sta facendo questo! Ast takar ist... No, non è giusto! Sentì delle risate, delle risate vittoriose...
Una folgorante luce bianca lo accecò. Stava cadendo, cadendo, cadendo interminabilmente, scendendo a spirale, passando dall’oscurità al giorno.
Quando riaprì gli occhi, Raistlin vide il volto di Crysania.
Il suo volto... ma non era il volto che ricordava. Stava invecchiando, morendo, anche mentre la stava guardando. Stringeva nella mano il medaglione dì platino di Paladine. La sua radiosità bianca e pura risplendeva luminosa nell’arcana luce rosata che li avvolgeva da ogni lato.
Raistlin chiuse gli occhi per escludere la vista del volto del chierico che invecchiava, richiamando alla memoria i ricordi dell’aspetto che aveva avuto in passato: delicata, bella, viva d’amore e di passione. La voce di lei gli giunse agli orecchi, fredda, ferma.
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