Margaret Weis - La sfida dei gemelli
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Percependo che la figura abbigliata di nero dentro il Portale stava girando lo sguardo su di lui, quando arrivò alla fine della frase Astinus sollevò lo sguardo per incontrare gli occhi dorati.
Così come sei stato il primo, Astinus, disse la figura, così tu sarai l’ultimo. Quando avrai registrato la mia ultima vittoria, il libro verrà chiuso. Io regnerò incontrastato.
“È vero, regnerai incontrastato. Regnerai su un mondo morto. Un mondo che la tua magia ha distrutto. Regnerai da solo. E sarai solo, solo nel vuoto informe ed eterno,” rispose gelidamente Astinus, continuando a scrivere mentre parlava. Accanto a lui, Par-Salian gemeva e si strappava i bianchi capelli.
Vedendo, come vedeva ogni cosa, senza dar l’impressione di vedere,
Astinus osservò le mani della figura abbigliata di nero che si serravano. Questa è una menzogna, vecchio amico! Io creerò! Saranno miei nuovi mondi. Nuovi popoli che creerò, nuove razze che mi faranno oggetto di venerazione!
“Il male non può creare,” osservò Astinus. “Può soltanto distruggere. Aggredisce se stesso, corrodendosi. Già senti che ti stai corrodendo. Già puoi sentire la tua anima che si rattrappisce.
Guarda il volto di Paladine, Raistlin. Guardalo, come l’hai guardato una volta, là sulle Pianure di Dergoth, quando giacevi morente, ferito dalla spada del nano, e Dama Crysania posò su di te le sue mani guaritrici. Vedesti il patimento e il dolore del dio, allora, come lo vedi adesso, Raistlin. E allora sapevi, come anche adesso sai, pur rifiutandoti di ammetterlo, che Paladine soffre non per se stesso, ma per te.
“Sarà facile per noi scivolare di nuovo nel nostro sonno senza sogni. Per te, Raistlin, non ci sarà nessun sonno. Soltanto una veglia interminabile... Tenderai interminabilmente l’orecchio per udire suoni che non verranno mai, fisserai interminabilmente un vuoto che non contiene né luce né tenebra, interminabilmente urlerai parole che nessuno udrà e alle quali nessuno risponderà.
Congiurerai e complotterai interminabilmente senza nessun frutto, girandoti e rigirandoti su te stesso. Alla fine, nella tua follia e disperazione, afferrerai la coda della tua esistenza e, come un serpente affamato, divorerai te stesso per intero nello sforzo di trovare cibo per la tua anima.
“Ma non troverai altro che il vuoto. E continuerai a esistere per sempre dentro questo vuoto, un minuscolo punto di niente, che succhierà ogni cosa intorno a sé per nutrire la tua fame interminabile...”
Il Portale luccicò. Astinus si affrettò a sollevare lo sguardo da ciò che stava scrivendo, sentendo vacillare la volontà dietro quegli occhi dorati. Scrutando oltre la loro superficie simile a uno specchio, guardando nelle loro profondità, vide, nello spazio d’un battito di cuore, proprio il tormento e la tortura che aveva appena descritti. Vide un’anima, spaventata, sola, invischiata nella sua stessa trappola che cercava di fuggire. Per la prima volta nella sua esistenza, Astinus si sentì toccare dalla compassione. Segnando con la mano il punto nel suo libro dov’era rimasto, si alzò a metà dalla sua sedia, tendendo l’altra mano all’interno del Portale...
Poi, una risata... una risata arcana, amara, beffarda. Una risata diretta non a lui, ma a colui che aveva riso.
La figura abbigliata di nero all’interno del Portale era scomparsa.
Con un sospiro, Astinus tornò a sedersi e, quasi nel medesimo istante, un lampo magico guizzò all’interno del Portale. Gli rispose un lampo bianco e smagliante, l’incontro finale tra Paladine e il giovane che aveva sconfitto la Regina delle Tenebre prendendone il posto.
I lampi guizzarono anche all’esterno, trafiggendo con il loro accecante fulgore gli occhi dei due uomini che stavano guardando. Il tuono scrosciò, le pietre della Torre tremarono e anche le sue fondamenta furono scosse. Il vento ululò, il suo gemito soffocò il lamento di Par-Salian.
Sollevando il volto teso e scarno, l’antico stregone torse la testa per guardar fuori dalle finestre, con un’espressione di orrore.
“Questa è la fine,” mormorò e le sue mani nodose, devastate dal tempo, annasparono debolmente nell’aria. “La fine di ogni cosa.”
“Sì,” confermò Astinus, corrugando la fronte infastidito, quando un improvviso sussulto della Torre gli fece commettere un errore. Strinse il libro con maggior fermezza, con gli occhi fissi sul Portale, scrivendo, registrando l’ultima battaglia mentre si svolgeva.
Nel giro di pochi istanti tutto terminò. La luce bianca guizzò brevemente, meravigliosamente, per un istante. Poi si spense. All’interno del Portale tutto era tenebra. Par-Salian pianse. Le sue lacrime caddero sul pavimento di pietra e, al loro tocco, la Torre fu scossa come una creatura vivente, come se anch’essa presentisse la propria condanna e tremasse per l’orrore.
Ignorando le pietre che cadevano e le rocce che si sollevavano dal suolo, Astinus vergò con freddezza le ultime parole:
In questo Quartogiorno, Quintomese, Anno 358, il mondo termina.
Poi, con un sospiro, Astinus cominciò a chiudere il libro.
Una mano calò con violenza sulle pagine.
“No,” disse una voce ferma. “Non terminerà qui.”
Le mani di Astinus tremarono, dalla sua penna una macchia d’inchiostro cadde sulla pagina, cancellando le ultime parole.
“Caramon... Caramon Majere!” gridò Par-Salian, penosamente, tendendo verso l’uomo le sue deboli mani. “Eri tu quello che ho sentito nella Foresta!”
“Dubitavi di me?” ringhiò Caramon. Malgrado la vista del miserando stregone in preda ai tormenti lo sbigottisse e lo facesse inorridire, Caramon trovò difficile provare un po’ di compassione per l’arcimago. Fissando Par-Salian, vedendo la sua metà inferiore trasformata in marmo, Caramon ricordò anche troppo chiaramente il tormento del suo gemello nella Torre, e il suo stesso tormento per essere stato mandato a Istar con Crysania.
“No, non ho dubitato di te!” Par-Salian si torse le mani. “Ho dubitato del mio equilibrio mentale! Non riesci a capire? Come puoi essere qui? Come puoi essere riuscito a sopravvivere alle battaglie magiche che hanno distrutto il mondo?”
“Non l’ha fatto,” interloquì Astinus, con voce severa. Avendo ripreso la propria compostezza, appoggiò il libro aperto sul pavimento, ai propri piedi, e si alzò. Fissò Caramon con occhi furenti e gli puntò contro un dito accusatore. “Che razza di trucco è mai questo? Tu sei morto! Qual è il significato...”
Senza dire una parola, Caramon trascinò avanti Tas da dietro le proprie spalle. Profondamente impressionato dalla solennità e dalla serietà della circostanza, Tas si rannicchiò accanto a Caramon, fissando Par-Salian con gli occhi spalancati e lo sguardo implorante.
“Vuoi... vuoi che glielo spieghi io, Caramon?” chiese Tas gentilmente, con un filo di voce appena udibile sopra il fragore del tuono. “Io... io penso proprio che dovrei spiegare perché ho scombussolato l’incantesimo per i viaggi nel tempo, e poi c’è il fatto di come Raistlin mi abbia dato le istruzioni sbagliate, facendomi rompere il congegno magico, anche se in parte è stata colpa mia, suppongo, e come io sia finito nell’Abisso dove ho incontrato il povero Gnimsh.” Gli occhi di Tas si riempirono di lacrime. “E di come Raistlin l’abbia ucciso...”
“Tutto questo mi è noto,” lo interruppe Astinus che si rivolse a Caramon. “Così, sei stato in grado di arrivare fin qui grazie al kender. Ci rimane poco tempo. Cosa intendi fare, Caramon Majere?”
L’omone girò lo sguardo su Par-Salian. “Non ho nessun amore per te, stregone. In questo sono tutt’uno con il mio gemello. Forse avevi le tue ragioni per ciò che facesti a me e a Dama Crysania là a Istar. Se è così,” Caramon sollevò una mano per fermare Par-Salian che, a quanto pareva, stava per replicare, “se è così, allora sei tu che devi vivere con esse, non io. Ora, sappi che è in mio potere alterare il tempo. Come lo stesso Raistlin mi disse, a causa del kender possiamo cambiare quello che è accaduto.
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