Robert Silverberg - Gilgamesh
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- Название:Gilgamesh
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1988
- Город:Roma
- ISBN:8-8347-0051-1
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
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Migliaia di cittadini di Uruk erano venuti ad assistere al mio ritorno; ma tutti sembravano stranamente spaventati e intimoriti, e pochi gridavano il mio nome al mio passaggio. Mi guardavano, si giravano l’uno verso l’altro a sussurrare, e facevano i Segni Santi, per la grande paura che avevano. Attraversammo una città silenziosa lungo l’ampia strada che portava ai Recinti Sacri del Tempio. Ai margini della Piattaforma Bianca, Ninurta-mansun fermò il carro e io ne discesi. Da solo salii gli alti gradini che conducevano al portico dell’immenso Tempio, quel Tempio che per amore della Dea avevo costruito al posto del Tempio di mio nonno Enmerkar. Alcuni Sacerdoti uscirono e mi bloccarono il cammino verso la porta del Tempio.
Uno di essi chiese con coraggio: «Che cosa ti ha portato qui, Gilgamesh?»
«Voglio vedere Inanna.»
«Il Re non può entrare nel Tempio di Inanna, a meno che non sia stato invitato. È l’usanza. Lo sai.»
«L’usanza è cambiata,» risposi. «Fatti da parte.»
«È vietato! È sconveniente!»
«Fatti da parte,» dissi a voce molto bassa. Fu sufficiente. Si fece da parte.
Le sale del Tempio erano buie e fresche nonostante il calore del giorno, tanto erano spesse le mura. Erano accese le lampade che illuminavano debolmente gli ornamenti colorati che avevo fatto mettere a migliaia sulle pareti. Camminai rapidamente. Era il mio Tempio: l’avevo progettato e conoscevo la strada. Mi aspettavo di trovare Inanna nella grande camera della Dea, e così fu. Era al centro della stanza, completamente vestita e con indosso i pettorali e gli ornamenti migliori, come se si fosse preparata a una cerimonia importante. Indossava un ornamento che non le avevo mai visto prima: una maschera di scintillante oro battuto che le copriva tutta la faccia, tranne labbra e mento, con due piccole feritoie per gli occhi.
«Non dovresti essere qui, Gilgamesh,» disse freddamente.
«No, non dovrei. Dovrei giacere cadavere in una tenda al di fuori delle mura. Non è vero?» Non permisi alla rabbia di permeare la mia voce. «In questo momento le Sacerdotesse stanno pronunciando le parole rituali per Abisimti. Ha bevuto il vino al mio posto. Ha eseguito i tuoi ordini e mi ha offerto la coppa, ma io non ho voluto bere, perciò ha bevuto lei stessa, di propria spontanea volontà.»
Inanna non disse nulla. Le labbra che spuntavano dalla maschera erano serrate e formavano una linea stretta e sottile.
«Quando ero a Eridu mi hanno detto,» dissi, «che durante la mia assenza mi hai dichiarato morto e che hai chiesto l’elezione di un nuovo Re. È vero, Inanna?»
«La città deve avere un Re,» disse.
«La città ne ha uno.»
«Tu sei scappato dalla città. Sei fuggito nelle regioni selvagge come un pazzo. Se anche non eri morto, era come se lo fossi.»
«Sono andato alla ricerca di qualcosa. E ora sono tornato.»
«Hai trovato quello che cercavi?»
«Sì,» dissi. «E no. Non importa. Perché porti quella maschera, Inanna?»
«Non importa.»
«Non ti avevo mai visto indossare una maschera.»
«È una nuova usanza,» rispose.
«Ah. Ci sono molte usanze nuove, a quanto pare.»
«Compresa l’usanza che il Re entri nel Tempio senza essere stato invitato.»
«E,» dissi, «compresa l’usanza di offrire al Re, al suo ritorno da un viaggio, una coppa di vino che uccide.» Mi avvicinai di qualche passo. «Togli quella maschera, Inanna. Fammi rivedere il tuo volto.»
«No,» disse.
«Togliti quella maschera. Ti prego.»
«Lasciami stare. Non toglierò questa maschera.»
Ma non riuscivo a parlare con quella sconosciuta dalla faccia di metallo. Era la donna in carne e ossa che desideravo rivedere, l’infida e bellissima donna che conoscevo da tanto tempo, che avevo amato, a modo mio, come non avevo amato nessuna donna. Volevo rivedere quella donna ancora una volta.
In tono gentile, dissi: «Vorrei rivedere lo splendore del tuo volto. Penso che non esista un viso più bello in tutto il mondo. Lo sai, Inanna? Sai quanto mi sembravi bella?», risposi. «Ricordi le notti in cui ci siamo uniti nel Matrimonio Sacro? Naturalmente. Come potresti dimenticarle? L’anno in cui fui eletto Re, e restai tutta la notte tra le tue braccia, e la mattina arrivò la pioggia. Ricordo. Ricordo quei giorni, quando tu non eri Inanna, e mi invitavi nella camera che era nella profondità del vecchio Tempio. Ero solo un bambino impaurito allora, e non capivo a che gioco giocavi con me. Oppure, la prima volta, durante la cerimonia di incoronazione di Dumuzi, quando mi smarrii nei corridoi del Tempio e tu mi trovasti. Anche tu eri solo una bambina, sebbene avessi già i seni. Ricordi? Ah, Inanna, quando ho capito il gioco a cui giocavi con me! Ma adesso vorrei rivedere il tuo volto. Togliti la maschera!»
«Gilgamesh…»
«Togliti la maschera,» dissi. «Toglila.» E la chiamai con il suo vero nome: non il nome da Sacerdotessa ma l’altro, l’antico nome, il suo nome di nascita che nessuno aveva più pronunciato da quando era diventata Inanna. Con quel nome la scongiurai. Quando lo sentì, restò senza fiato e alzò le mani in un Segno Segreto della Dea, per proteggersi. Non potevo vederle gli occhi dietro la maschera, ma immaginai che fossero fissi su di me, fermi, penetranti, freddi.
«Sei pazzo a chiamarmi con quel nome!», sussurrò.
«Sì? Allora sono pazzo. Vorrei rivedere il tuo volto ancora una volta, un’ultima volta.»
Adesso la sua voce tremava.
«Lasciami stare, Gilgamesh. Non voglio farti del male. Quello che ho fatto, l’ho fatto per amore della città… la città deve avere un Re, e tu te n’eri andato… la Dea mi aveva ordinato…»
«Sì. La Dea ti aveva ordinato di eliminare Dumuzi, e tu lo hai fatto. La Dea ti ha ordinato di eliminare Gilgamesh, e tu lo volevi fare. Ah, Inanna, Inanna: l’hai fatto per amore della città, sì. E per amore della città, ti concedo il mio perdono. Ti perdono tutti i tuoi intrighi. Ti perdono quello che hai fatto nel nome della Dea per nuocermi e indebolire il mio potere. Ti perdono il tuo odio, la tua rabbia, la tua ira. Ti perdono perfino la tua vendetta, perché sei stata tu a mettere gli Dei contro Enkidu che io amavo, e penso che, se non fosse per te, sarebbe ancora vivo. Ma ti perdono. Ti perdono tutto, Inanna. Se non fossimo stati il Re e la Sacerdotessa, penso che ti avrei amato ancora più di quanto amassi lui, più di quanto amassi la vita stessa. Ma ero il Re, tu eri la Sacerdotessa. Ah, Inanna, Inanna…»
Non usai la spada. Presi il pugnale, che avevo al fianco e glielo posai tra il pettorale e i fili di lapislazzuli che portava intorno alla vita. Lo spinsi fino ad incontrare il suo cuore. Le sue labbra emisero un solo flebile suono. Cadde. Penso che morì subito. Espirai lentamente. Ero finalmente libero, ma era stato come tagliare una parte della mia anima.
Mi inginocchiai accanto a lei, sciolsi la maschera e la sollevai dal suo volto.
Vorrei non averlo mai fatto. Era difficile credere a quello che le era accaduto da quando l’avevo vista per l’ultima volta. Né i suoi occhi né le labbra avevano perso nulla della sua bellezza, ma tutto il resto era una rovina. Un morbo devastante le aveva colpito il volto e l’aveva distrutto. La pelle era butterata e pustolosa, rossa e scorticata in un punto, grigia e molle in un altro: una strega da incubo, un mostro dalla faccia di Demone. Sembrava invecchiata di mille anni. Sarebbe stato meglio se l’avessi lasciata coperta.
Ma la scoprii, e devo portarne il fardello. Mi chinai in avanti, posai le labbra sulle sue e la baciai per l’ultima volta. Poi rimisi la maschera a posto, mi alzai e uscii sul portico del Tempio per chiamare il popolo e spiegare quale sarebbe stato il nuovo ordine delle cose, adesso che avevo ripreso il mio trono a Uruk.
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