Robert Silverberg - Gilgamesh
Здесь есть возможность читать онлайн «Robert Silverberg - Gilgamesh» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию без сокращений). В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Город: Roma, Год выпуска: 1988, ISBN: 1988, Издательство: Fanucci, Жанр: Фэнтези, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.
- Название:Gilgamesh
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1988
- Город:Roma
- ISBN:8-8347-0051-1
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
-
Избранное:Добавить в избранное
- Отзывы:
-
Ваша оценка:
- 60
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
Gilgamesh: краткое содержание, описание и аннотация
Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «Gilgamesh»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.
Gilgamesh — читать онлайн бесплатно полную книгу (весь текст) целиком
Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «Gilgamesh», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.
Интервал:
Закладка:
Al momento della partenza, abbracciai Shulutula e gli giurai ancora una volta che avrei difeso la sua città dalle ambizioni del Re di Ur. Il governatore uccise una capra e offrì una libagione di sangue e di miele alla porta principale, per assicurarmi un ritorno tranquillo a casa. Poi partii.
Uscimmo dalla città attraverso la Porta dell’Abisso e oltrepassammo le alte dune e un grande bosco di spinosi alberi kishanu: quasi una foresta. Quando mi girai a guardare, vidi le torri del palazzo e dei Templi di Eridu ergersi, simili a castelli di Principi-Demoni, contro il cielo chiaro dell’alba. Poi attraversammo un’aspra cresta rocciosa e scendemmo nella valle. Ormai la città non si vedeva più.
Ninurta-mansum sapeva molto bene chi fossi e che cosa sarebbe probabilmente accaduto se fossi caduto nelle mani di qualche squadrone di soldati di Ur in pattugliamento. Perciò girò alla larga dalla città e deviò per la landa abbandonata e desolata che si trova ad occidente di Eridu. Era una terra deserta, spazzata da un vento aspro: la sabbia si alzava in vortici e prendeva la forma di tenui fantasmi, i cui occhi malinconici non mi lasciarono per tutto il giorno. Ma non ebbi paura. Non era nient’altro che sabbia che turbinava.
Gli asini sembravano instancabili. Correvano un’ora dopo l’altra e non sembravano conoscere né sete né stanchezza. Avrebbero potuto essere sotto un incantesimo, o forse Demoni stregati, tanto erano instancabili. Quando al tramonto ci fermammo, erano ancora freschi. Mi chiesi che cosa avrebbero bevuto gli animali in quella regione selvaggia, ma Ninurta-mansum cominciò subito a scavare, e poco dopo un zampillo di acqua dolce e fresca cominciò a uscire gorgogliando dalla sabbia. Senza dubbio, quell’uomo era sotto la protezione di Enki.
Quando non corremmo più rischi di incontrare guerrieri di Ur, l’auriga cominciò a guidarci più vicino al fiume. Eravamo sul lato orientale del Buranunu e dovevamo attraversarlo in qualche modo per arrivare a Uruk, ma questo non era un compito difficile per Ninurta-mansun. Conosceva un posto dove a quell’epoca dell’anno il fiume era basso e il fondo era solido e sicuro, e fu lì che ci fece attraversare il fiume. L’unico brutto momento fu quando l’asino di sinistra mise una zampa in fallo e cadde. Pensai che avrebbe rovesciato il carro nella caduta, ma Ninurta-mansum afferrò le tirelle e usò tutta la sua forza per tenerci diritti. Gli altri tre asini restarono saldi. Quello che era caduto si rialzò dall’acqua soffiando e sputando, riprese l’equilibrio, e così arrivammo sani e salvi sulla riva orientale del fiume. Forse nemmeno Namhani ci sarebbe riuscito.
Ci trovavamo nelle terre vassalle di Uruk. La città, però, era ancora a qualche lega di distanza, a nord-est. Non sapevo di chi fosse la terra in cui eravamo entrati, se fosse di Inanna, di An, o di qualche grande proprietario della città. Avrebbe anche potuto essere mia, perché avevo vasti possedimenti in quella regione. Ma, di chiunque fosse, una terra del Tempio o privata, era sempre terra di Uruk.
Dopo la mia lunga assenza, provai una tale gioia nel vedere quei campi fertili e ricchi che sarei saltato giù dal carro e avrei abbracciato la terra. Invece, mi accontentai di una libagione e dei brevi riti del ritorno a casa. L’auriga si inginocchiò al mio fianco, sebbene fosse uno straniero. Era un brav’uomo quell’auriga: più bravo di qualche Sacerdote e Sacerdotessa di mia conoscenza.
Incominciammo a incontrare i contadini. Naturalmente, riconobbero il loro Re, non fosse altro per l’altezza e il portamento. Corsero accanto al carro gridando il mio nome: agitai le mani, sorrisi, feci i Segni degli Dei. Ninurta-mansum frenò gli asini e il carro si mosse ad un trotto lento, in modo che la gente potesse tenerne il passo.
Aumentavano sempre di più, arrivavano dai campi a mano a mano che la voce si diffondeva, finché non furono centinaia. Quella sera, quando ci fermammo, ci portarono le cose migliori che avevano, birra forte e nera, la birra rossa che a loro piace tanto, il vino di datteri e la carne arrostita di vitello e di pecora. Per ore vennero da me uno alla volta, piangendo di gioia, per inginocchiarsi al mio cospetto e rendere grazie perché ero ancora vivo. Mi sono stati dedicati festeggiamenti più sontuosi, ma nessuno, credo, che mi abbia commosso così profondamente.
Naturalmente, la notizia che mi stavo avvicinando alla città mi precedette a Uruk. Era quello che volevo. Ero certo che Inanna avesse usato la mia assenza per prendere tutto il potere nelle sue grinfie. Volevo che quel potere cominciasse a scivolarle dalle mani, un’ora dopo l’altra, mentre i cittadini si sussurravano l’un l’altro che il loro Re stava per tornare.
Poi, finalmente, un giorno in cui il caldo danzava nel cielo come le onde dell’oceano, vidi le mura di Uruk alzarsi in lontananza, luccicanti, splendenti sotto il sole. Esiste in tutto il mondo una visione più bella delle mura di Uruk? Penso di no. Penso che avrei dovuto sentirne parlare, se fosse esistita un’altra meraviglia del genere. Ma non esiste, perché la nostra città è la Città delle Città, la dea tra le città, la città che è il cuore e il centro del mondo.
Quando ci avvicinammo, però, vidi qualcosa di insolito. Sulla pianura che si trova all’esterno della città, sulla distesa di terra nuda e sabbiosa che si stende tra la Porta Alta e la Porta di Nippur, macchie di colori vivaci spuntavano come enormi fiori al di sotto delle mura: sbuffi di scarlatto e di nero, di giallo e di blu. Erano un mistero per me, finché non mi avvicinai: capii allora che erano stati eretti tende e padiglioni. Per celebrare il mio ritorno, pensai, ma mi sbagliavo.
Mi aspettavo che mi venissero incontro i miei guerrieri, Bir-hurturre e Zabardi-bunugga, insieme alle truppe, e che mi scortassero in città. Invece, tre donne di Inanna uscirono a piedi da quei padiglioni. Capii subito che ci sarebbero stati problemi. Non conoscevo i loro nomi, ma le avevo viste durante le cerimonie: erano Alte Sacerdotesse. Indossavano lussuose tuniche scarlatte e portavano l’emblema del serpente in bronzo, avvolto a spirale intorno al braccio sinistro. Quando fui a portata di voce, quella al centro, che era alta e bella, con capelli neri intrecciati fittamente, fece il Segno della Dea e disse a voce alta: «Nel Nome di Inanna, ti ordiniamo di non andare oltre!»
Era troppo impudente perfino per Inanna. Mi irrigidii e trattenni il respiro, mentre un’ondata di rabbia mi montava dentro. Poi mi costrinsi alla calma. Con compostezza dissi:
«Sai chi sono, Sacerdotessa?»
Lei sostenne il mio sguardo con freddezza. Avvertii in lei una grande forza, e un potere spaventoso.
«Sei Gilgamesh, figlio di Lugalbanda,» rispose.
«Esatto. Sono Gilgamesh il Re di Uruk, di ritorno dal mio pellegrinaggio. Oppure vorresti metterlo in dubbio?»
Nello stesso tono misurato, disse, come se non concedesse nulla: «È vero. Sei il Re.»
«Allora, perché le donne della Dea mi ordinano di fermarmi in questo posto, al di fuori delle mura? Io voglio entrare nella mia città. Sono stato lontano per molto tempo. Sono ansioso di rivederla.»
Somigliavamo a due spadaccini che si provassero l’un altro con caute stoccate.
«La Dea mi ha ordinato di dirti quanto sia felice del tuo ritorno,» replicò lei, senza nessuna traccia dì gioia nella voce, «e vuole che ti porti nel luogo di purificazione che abbiamo eretto al di fuori delle mura.»
Spalancai gli occhi.
«Purificazione! Sono diventato impuro, allora?»
In tono blando, continuò:
«In sogno la Dea ha seguito i tuoi vagabondaggi, o Re. Sa che spiriti oscuri hanno invaso la tua anima, e vorrebbe liberarti del loro influsso malefico prima che tu entri nella città. È il suo modo di servire, e questa è la sua funzione: lo sai certamente.»
Читать дальшеИнтервал:
Закладка:
Похожие книги на «Gilgamesh»
Представляем Вашему вниманию похожие книги на «Gilgamesh» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.
Обсуждение, отзывы о книге «Gilgamesh» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.