Hal Clement - Luce di stelle

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Chi non ricorda il pianeta Mesklin e i suoi straordinari abitanti, costretti a vivere in condizioni di gravità proibitive per gli esseri umani? Gli eroi meskliniti di Hal Clement tornano in questo romanzo, in sé pefettamente autonomo, che è di fatto il secondo capitolo della saga iniziata con
(
), tenuto a battesimo in Italia proprio sulle pagine di URANIA. Ancora una volta la pazienza, il coraggio e le straordinarie caratteristiche fisiche dei meskliniti permetteranno loro di avere ragione di un mondo in cui la forza di gravità è così schiacciante da rappresentare da sola il più terribile e immediato dei pericoli. Senza contare le numerose incognite di questa nuova e inedita missione nello spazio, scritta da un maestro della tecnologica…

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— Perfetto — replicò con un cenno del capo il piccolo uomo leggermente brizzolato che sedeva di fianco. Era uno dei progettisti dei ricognitori e uno dei pochi umani che si sobbarcasse la fatica di studiare a terra l’equatore di Mesklin da una quota in cui la gravità equivaleva a tre volte quella della Terra. — Non credo di avere problemi per spiegarlo a Dondragmer anche senza traduzione. Lo conosco personalmente, e so che parla bene la nostra lingua.

Benj annuì a queste parole ma cominciò a parlare nel microfono in stennita. Easy pensò che suo figlio stava mettendosi in mostra un po’ troppo e sperò che i suoi entusiasmi non venissero malamente frustrati, ma non vide motivo di interferire. Doveva ammettere che Benj si stava comportando egregiamente e che la sua padronanza della lingua era migliorata di molto. Questo si doveva alle lunghe conversazioni avute con Beetchermarlf, che gli aveva insegnato molte espressioni gergali come poté sentire in quel momento quando Benj usò una locuzione che mai aveva sentito prima d’ora.

Ma la risposta del capitano arrivò in lingua umana. Pratico come sempre, Dondragmer non vedeva perché doveva parlare con il ragazzo piuttosto che con l’ingegnere di fianco a lui. Benj rimase perplesso, e rivolse istintivamente lo sguardo verso sua madre. Easy però mantenne ferrea gli occhi sullo schermo.

— Ho capito — disse Dondragmer con il suo inconfondibile accento. Non tutte le tonalità della voce mesclinita erano percepibili dall’orecchio umano, e spesso i mescliniti lo scordavano. — Possiamo staccare la barra di condizionamento e utilizzarla, collegata a un generatore, come un calorifero per sciogliere il ghiaccio attorno alla Kwembly. Energia più che sufficiente e nessun rischio di bruciare tutto. Vorrei però domandare due cose.

“Primo: come possiamo ricongiungere la barra ai due punti in cui siamo obbligati a segarla? Non credo che il cemento vada bene. Non possiamo compromettere il sistema di condizionamento perché Dhrawn si sta avvicinando al suo sole e la temperatura salirà.

“Secondo: la sbarra metallica elettrificata viene a contatto del ghiaccio o dell’acqua. Questo non sarà rischioso per i due che si trovano sotto? Le loro tute spaziali sono in grado di proteggerli? Dovrebbero essere isolanti al massimo grado, visto che sono trasparenti.”

L’ingegnere cominciò immediatamente a rispondere, lasciando Benj perplesso sulla relazione che poteva mai esistere tra conduttività e trasparenza. Come faceva Dondragmer a conoscerla?

— Ricongiungere le estremità della barra una volta effettuato il lavoro è abbastanza facile. Basta rimetterle esattamente al loro posto e avvolgere lo speciale nastro color grigio metallico che avete in dotazione, prestando attenzione a non urtare la barra per qualche giorno. Lei ha ragione riguardo la conduttanza del cemento, e aggiungerei anche della colla: se avvolgete le estremità con le vostre corde, prestate attenzione che tra i punti di giunzione non finiscano né colla né tessuti. Anche, non dovete preoccuparvi della corrente elettrica nell’acqua. Le tute spaziali rappresentano una protezione più che adeguata. Immagino tra l’altro che sia necessario un voltaggio molto elevato perché voi lo sentiate, dato che i vostri liquidi corporei sono non-polari, ma non abbiamo mai fatto ricerche e non credo che desideriate farle adesso. Mi viene però in mente che forse vi conviene sviluppare un arco sulla superficie del ghiaccio, che contenendo ammoniaca dovrebbe risultare abbastanza conduttrice. Se questo funziona, i risultati si faranno vedere rapidamente. Solo, il calore potrebbe essere molto elevato e i suoi uomini non dovrebbero rimanere nelle vicinanze… è anche necessario un controllo molto accurato. Ma forse la barra ne risulterebbe troppo danneggiata per permettervi di usarla nuovamente per il condizionamento. Meglio limitarsi al semplice calore per resistenza e sciogliere il ghiaccio piuttosto che liquefarlo di colpo — concluse Katimi, rimanendo poi in silenzio ad aspettare la risposta di Dondragmer. Benj osservava silenzioso insieme agli altri lo schermo con il volto del capitano mesclinita. Il fatto che la conversazione si svolgesse in lingua umana aveva attratto anche l’attenzione dei più fedeli alle loro consolle.

Questa circostanza fu molto riprovevole per l’interesse degli umani. Più tardi, Barlennan lo avrebbe catalogato tra i colpi di fortuna.

— E va bene — annunciò infine Dondragmer. — Staccheremo la barra metallica e cercheremo di usarla come calorifero. Ho intenzione di far rientrare parte dell’equipaggio e dare l’ordine di rimuovere le staffe. Ordinerò anche di installare un prendimmagini all’esterno, in modo che voi possiate seguire i lavori ed eventualmente dare consigli. Procederemo lentamente, così sarà possibile per voi intervenire e correggere gli errori prima che ci si spinga troppo avanti. Ma vi annuncio che non mi piace questa faccenda. Non mi è mai piaciuto fare cose che non so a cosa servano e dove portino. Sono il comandante di tutto l’equipaggio e debbo mettere a repentaglio la Kwembly in questo modo… vorrei solo aver imparato di più sulla vostra scienza e tecnologia. Le spiegazioni che mi avete dato mi sembrano chiare, e so che posso fidarmi dei vostri consigli e dei vostri ingegneri, ma è la prima volta in tanti anni che mi sento insicuro su quello che faccio.

Fu Benj a rispondere, battendo sua madre di una frazione di secondo.

— Ho saputo che lei è stato il primo mesclinita ad afferrare il concetto di scienza in senso lato e che ha fatto di tutto per far partire l’università di Mesklin. Cosa intende dire allora con “vorrei aver imparato di più?”

Easy si intromise. Come Benj, parlò nella lingua di Dondragmer.

— Lei ha imparato più di quanto sappia io, Dondragmer, e ha il potere di decidere. Se lei non fosse stato convinto da Katimi, non avrebbe dato questi ordini. Deve semplicemente abituarsi a questa sensazione che lei trova tanto sgradevole: è entrato in contatto con qualcos’altro che non conosceva, come quella volta di cinquant’anni fa, molto prima che io nascessi, in cui si è reso conto che per capire la scienza di noi alieni bisognava andare oltre la realtà concreta di tutti i giorni. Ora ha scoperto che nessuno, neppure un capitano esperto quanto lei, può sperare di sapere tutto, e che gli esperti servono proprio a dare consigli a chi non sa. Deve accettarlo, come del resto tutti noi.

Easy si appoggiò allo schienale della sedia e guardò suo figlio, che era il solo nella stanza ad aver seguito appieno il suo discorso. Benj sembrava sorpreso, quasi timoroso. Qualsiasi fosse l’effetto che le sue parole potevano fare su Dondragmer non appena le avesse ricevute, senza dubbio avevano colpito la sicurezza di suo figlio, Benjamin Ibson Hoffman. Era una sensazione intossicante per un genitore: dovette lottare con se stessa per non aggiungere altro. Ma una voce allarmata di sottofondo l’aiutò nel compito.

— Ehi! Dov’è l’elicottero? Cosa è successo?

Tutti gli sguardi si spostarono sullo schermo di Reffel. Segui un secondo di completo silenzio, rotto dalla voce di Easy.

— Benj! Riferisci a Dondragmer mentre io contatto Barlennan.

9

Obiettivi incrociati

Il tempo si era schiarito ormai da qualche ora alla colonia e i venti avevano disperso la nebbia di ammoniaca verso le regioni centrali inesplorate di Alfa Inferiore. In quel momento soffiava una brezza gentile da nordest. Le stelle rilucevano violentemente richiamando l’attenzione dei mescliniti che percorrevano i corridoi in penombra senza però risultare visibili, per via dell’illuminazione più intensa, a coloro che si trovavano nelle stanze. Barlennan si trovava ai laboratori quando arrivò la chiamata di Easy per lui e quindi non poté riceverla subito. Gli arrivò dopo qualche tempo la trascrizione, portata da un messaggero inviato da Guzmeen. Obbedendo agli ordini ricevuti, il messaggero ignorò la porta chiusa della sala riunioni oltre cui Barlennan discuteva con gli scienziati e posò la nota direttamente davanti al comandante. La discussione si arrestò per permettere a Barlennan di leggerla sotto lo sguardo interessato di Bendivence e Deeslenver, la cui curiosità risultava evidente anche dall’espressione corporea. Barlennan lesse il messaggio due volte, assunse l’espressione di chi cerca di ricordare qualcosa e si girò verso il messaggero dicendo: — Voglio essere informato immediatamente di qualsiasi altra comunicazione in arrivo.

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