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Leigh Brackett: La città proibita

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Leigh Brackett La città proibita

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La storia di Len Colter e di suo cugino Esaù, può essere la storia dei nostri nipoti. Len Colter viveva in un piccolo paese rurale degli Stati Uniti, dove per legge, dopo la distruzione, era stata proibita la costruzione di città e la diffusione del sapere nelle sue forme piú avanzate. Due generazíoní prima era caduta sulle loro città la grande Distruzione, provocata dalla conoscenza scientifica dei segreti della natura. Lo spaventoso flagello era stato interpretato dalle coscienze terrorizzate come il castigo di Dio per l’orgoglio e i peccati dell’uomo. I due giovani, spinti dal desiderio delle «cose vecchie», delle quali sentivano parlare con nostalgia dai nonni: le automobili, gli aeroplani, le case con ogni comfort, le città in una fantasmagoria di luci, e ossessionati dai discorsi sentiti di nascosto sulla esistenza di una città sopravvissuta, si mettono su di un sentiero aspro e difficile. Incontreranno l’amicizia, e la delusione, l’amore e la morte, la fame e la sete, la lotta contro le intemperie e contro la propria coscienza: ma andranno alla ricerca della città del loro sogno. Len, dal carattere piú complesso, sostiene la lotta píú aspra ed è salvato piú volte, non solo materialmente dall’amicizia di Hostetter, il mercante, che rappresenta il legame ideale tra il mondo lasciato da Len e il mondo nuovo. E sarà Hostetter che ricondurrà Len di fronte alla realtà e lo costringerà a una decisione.

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«Sai, c’è stato un momento in cui non eri molto diverso da un Nuovo Ismaelita. Cominciavo ad avere paura.»

Borbottò qualcosa, sulla penitenza che faceva bene all’anima, e la fece stare zitta. Ma, intimamente, le sue parole lo colpirono, e lo riempirono di vergogna. Perché c’era molta verità in esse.

Ma lui doveva ugualmente ritornare a Piper’s Run. Solo che adesso si rendeva conto che la strada sarebbe stata lunga, e difficile, com’era stata lunga e difficile la strada seguita per lasciare il paese, e capì anche che nessuna potenza mistica lo avrebbe portato là. Avrebbe dovuto andarci a piedi, con le sue forze umane.

«Ma quando saremo arrivati là,» diceva, «Saremo al sicuro. Gli uomini di Bartorstown non possono toccarci, a Piper’s Run. Se ci denunciassero, denuncerebbero se stessi. Saremo al sicuro.»

Sicuri nei campi e nelle stagioni, sicuri nella quiete della negazione del pensiero e del desiderio. Una mente contenta e un cuore riconoscente. Papà diceva che erano quelle le più grandi benedizioni. E aveva ragione. Piper’s Run è il luogo dove ho smarrito quei doni, Piper’s Run è il luogo dove io potrò ritrovarli.

Solo che, quando ora io penso a Piper’s Run, lo vedo molto piccolo e molto lontano, è c’è una bellissima luce su di esso, come la luce di una sera di primavera, ma non riesco a vederlo più da vicino, rimane sempre lontano dai miei occhi. Quando pensò a mamma, e a papà, e a mio fratello James, e alla piccola Esther, non riesco a vederli chiaramente, e i loro volti sono tutti confusi e sfocati.

Vedo me stesso, è vero, mi vedo correre con Esaù attraverso un pascolo di notte, inginocchiato nella paglia del fienile, mentre la cinghia di papà cala dall’alto sulla mia schiena, dolorosa, cattiva. Vedo me stesso com’ero allora. Ma quando cerco di vedere me stesso come sarò, un uomo adulto, ma di nuovo parte di Piper’s Run, non ci riesco.

Cerco di vedere Joan con la cuffia bianca e l’umiltà della terra, e neppure questo posso vedere.

Eppure io devo tornare indietro. Devo trovare quello che avevo là, e che non ho più avuto da quando sono partito. Devo trovare la certezza.

Devo trovare la pace.

Poi una sera, al tramonto, Len vide l’uomo che guidava un carro da mercante, tirato da grandi cavalli attraverso una verde ondulazione della prateria, apparendo per breve tempo sulla linea del cielo, e scomparve così rapidamente che Len non fu sicuro di averlo veramente visto. Joan era inginocchiata al suolo, stava accendendo il fuoco. Le disse di spegnerlo, e quella notte camminarono a lungo sotto il chiarore della luna, prima che lui volesse fermarsi.

Si unirono a una banda di cacciatori… era sicuro, questo, perché gli uomini di Bartorstown non andavano con i cacciatori, e Joan lo sapeva, e conosceva coloro che appartenevano alla sua gente, e nessuno di loro era nella banda. Raccontarono una fantastica storia di un attacco dei Nuovi Ismaeliti, per giustificare le loro condizioni, e i cacciatori scossero la testa e sputarono.

«Quei maledetti diavoli assassini,» disse uno di loro. «Anch’io sono un credente,» e guardò cauto al cielo, «Ma uccidere non è il modo giusto di servire il Signore.»

Eppure tu ci uccideresti, se lo sapessi, pensò Len, ci uccideresti per servire il Signore. E tormentò Joan, che non aveva mai avuto bisogno di controllare in quel modo le sue parole, finché lei non ebbe paura di pronunciare anche il suo nome.

«Ma è tutto così?» gli bisbigliò, di notte, nell’intimità delle loro coperte. «Sono tutti come dei lupi pronti a sbranarti?»

«Per Bartorstown, sì. Non dire mai da dove vieni, non dare mai il più lieve indizio, non farli mai sospettare.»

I cacciatori li lasciarono a dei mercanti, che vennero loro incontro in un luogo già fissato, e che dovevano andare a sud-est con un carico di pellicce e di rame. Joan si assicurò che non ci fossero uomini di Bartorstown tra loro. Tenne la bocca ben chiusa, guardando con occhi dubbiosi i piccoli paesi bruciati dal sole nei quali si fermarono, le fattorie solitarie che incontrarono durante il loro viaggio.

«Sarà diverso a Piper’s Run, vero, Len?»

«Sì, sarà diverso.»

Più dolce, più mite, più verde, più fertile, sì. Ma in altri modi no, non sarà diverso. Non sarà affatto diverso.

Cos’è che si stende sull’intero paese, nelle strade polverose e nel lento battito degli zoccoli dei cavalli, nei volti delle persone?

Ma Piper’s Run è casa mia.

In una notte chiara, a mezzanotte, gli parve di vedere il tendone di un carro solitario che viaggiava lontano, scintillante sotto la luna. Prese Joan e si allontanarono verso est, da soli, lungo fiumi disseccati, biancheggianti nel sole d’estate, faticando e andando di fattoria in fattoria, di paese in paese, in una lenta avanzata.

«Ma che cosa fa la gente in questi posti?» domandò Joan.

E lui le rispose, irato:

«Vive.»

I giorni dell’arsura e del sole passarono. Le lunghe, aspre miglia si srotolavano. La visione di Piper’s Run sbiadiva, poco a poco, per quanto egli vi si aggrappasse tenacemente, scolorita dal sole e dalla distanza e dalla fatica, fino a quando non fu così debole da potersi a malapena distinguere. Aveva proseguito per molto tempo sullo slancio, e ora questo si stava consumando. E l’uomo sul carro lo ossessionava, lo perseguitava per tutti i giorni dell’estate, avanzando senza posa sull’orizzonte immenso, sbucando dal vento e dalla polvere della prateria. E con il passare dei giorni, la corsa di Len si trasformava sempre più in una fuga da qualcosa, che non verso qualcosa. Non riuscì mai a vedere il volto di quell’uomo. Non poté essere neppure sicuro che fosse sempre lo stesso carro. Ma lo seguiva. E lui sapeva.

E in settembre, in una piccola comunità ardente, smarrita in un mare verde-grigio di alte erbe, al confine con il Texas, egli sedette ad aspettare.

«Stupido,» gli disse Joan, disperata. «Non è lui. È solo la tua coscienza colpevole che te lo fa pensare.»

«È lui. E tu lo sai.»

«Perché dovrebbe essere lui? Anche se si tratta di qualcuno di là…»

«Capisco quando non dici la verità, Joan. Non farlo.»

«Va bene! È lui, naturalmente è lui. Era responsabile di te. Aveva giurato davanti a Sherman, aveva garantito per te. Che cosa pensi?»

Lo fissò, irata, con le piccole mani brune chiuse a pugno, con gli occhi lampeggianti.

«Lascerai che ti riporti indietro, Len Colter? Non sei ancora un uomo, con tutta quella barba che hai? Alzati. Andiamo.»

«No.» Len scosse il capo. «Non mi ero mai reso conto che lui avesse giurato per me.»

«Non sarà solo. Ci saranno degli altri con lui.»

«Forse. E forse no.»

«Ti lascerai riprendere da lui.» La sua voce era stridula, si spezzava come quella di una bambina. «Ma lui non prenderà me. Io continuo.»

Le parlò con un tono che non aveva mai usato prima.

«Resterai con me, Joan.»

Lei lo fissò, sorpresa, e poi nei suoi occhi apparve un’ombra di dubbio, di qualche palpito di oscura apprensione.

«Cosa intendi fare?»

«Non lo so ancora. È quello che devo decidere.»

Il suo volto si era indurito, era diventato impassibile e freddo come pietra.

«Di due cose sono sicuro. Non intendo scappare. E non intendo lasciarmi prendere.»

Lei rimase accanto a lui, silenziosa, spaventata senza sapere il perché.

Len aspettò.

Due giorni. Non è ancora venuto, ma verrà. Ha giurato per me.

Due giorni per pensare, per rimanere in attesa sul campo di battaglia. Esaù non ha mai combattuto questa battaglia, e neppure mio fratello James. Loro sono i fortunati. Ma papà ha combattuto, e Hostetter ha combattuto, e ora è venuto il mio momento. La battaglia della decisione, il tempo della scelta.

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