Sai bene che è meglio non pensare a ciò che pensi.
Chiuse gli occhi e si sforzò di sgombrare la mente. Uno specchio splendente, pensò, ricordando le parole di un poema Shenshiu che tutti gli Angeli avevano imparato a memoria durante l’addestramento. Ripulire tutto con cura, in modo da non lasciare accendere nemmeno un granello di brace.
Ma la brace si era accesa, pensò. Dentro di sé sentiva affiorare sensazioni che credeva di aver cauterizzato già da molto tempo.
Adhyasa , ripeté tristemente. Il peccato degli Angeli.
Si svegliò oppresso dalla stanchezza. Byron gli porse una tazza di caffè attinta dal distributore a parete. A metà mattina l’autista non era ancora arrivato.
Teresa camminava inquieta per la stanza con indosso un paio di pantaloni da lavoro e una camicia cachi, le mani in tasca e il viso accigliato.
— Voglio uscire — disse alla fine.
— Dobbiamo aspettare qui — replicò Byron. — È importante che Ng ci trovi qui, quando verrà.
— Non è necessario che rimaniamo tutti.
Byron rovesciò indietro la testa e tamburellò con le dita. — Dove vuoi andare?
— A vedere la chiesa di ieri sera. La chiesa con l’insegna delle pietre dei sogni.
— È una chiesa della Valle — spiegò lui. — Vi si praticano i riti della giungla. Vuoi sacrificare un pollo? Forse si può fare.
Keller ricordava la Valle dell’epoca di guerra. La Vale do Amenhecar era un culto brasiliano della pietra, una delle religioni secondarie fiorite dopo la scoperta degli oneiroliti. Era una religione rurale, estremamente sincretica; i fedeli credevano contemporaneamente nella sacralità del giaguaro, nella divinità di Cristo e nel prossimo imminente arrivo di una flotta di dischi volanti.
— Voglio vedere com’è — insisté Teresa. Poi aggiunse, in tono pacato: — Ne ho diritto.
— Non è sicuro.
— Niente è sicuro. — La donna si rivolse a Keller. — Vuoi venire con me?
Lui rispose di sì senza pensarci.
Byron, rigido, si girò verso la finestra. Sopra la sua spalla, Keller vide la pioggia scendere come un velo dal cielo color piombo. Le strade erano lucide e nere.
— Andate — disse Byron con freddezza. — Ammirate un po’ del folclore locale. — Si volse a fissare l’amico, con espressione addolorata. — Diavolo, perché no?
Teresa comperò un ombrello in una delle bancarelle ai lati della strada e riparò la sua testa e quella di Keller. Era poco più che carta cerata, pensò, del colore delle dalie, ma serviva a impedire che la pioggerellina sottile li inzuppasse.
— È innamorato di te, lo sai? — disse Ray.
La colse di sorpresa. Teresa scrutò i suoi impenetrabili occhi azzurri.
— È una domanda da Angelo? — chiese. — Oppure sei sinceramente preoccupato per lui?
— Non era una domanda — replicò lui, asciutto. — E immagino che non siano affari miei. Ma basta guardarlo per capire.
Il traffico scorreva lungo le strade bagnate. Veicoli elettrici, motorini, grosse auto giapponesi. Keller si rannicchiò sotto l’ombrello e le passò un braccio attorno alla vita.
— Sono affezionata a Byron — dichiarò Teresa, scegliendo le parole con cura. — Davvero. Gli voglio bene per ciò che ha fatto. Non sono un’ingrata.
— Ci sono molti tipi di affetto.
— Siamo stati insieme per un po’. Non ha funzionato.
— Lui non ha smesso di preoccuparsi per te.
— Gli sono grata anche di questo. A volte ne ho avuto bisogno. Forse è egoismo, non lo so. — Teresa si accigliò, meravigliandosi della curiosità di Keller.
Lui continuò. — Mi ha colto di sorpresa. Non sapevo che potesse essere così… — si interruppe, cercando la parola giusta — ingenuo.
— Ossessionato, vuoi dire. Be’, lo siamo tutti. — Avevano raggiunto la chiesa, e vedevano ardere le candele dietro le finestre incrostate di polvere. — Ossessionati — ripeté Teresa. — Tutti e tre. — Stese la mano e toccò con un dito l’icona raffigurante la pietra dei sogni. Sentì la simpatia di lui svanire di colpo.
Ray le prese la mano e gliela tirò indietro. — Se continui in questa follia rischi di arrivare molto in profondità — l’avvertì.
— Tu ne sai qualcosa vero? — Keller parve stupito. Ma non era un insulto: lei lo credeva davvero. — Essere un Angelo comporta anche questo. Byron ne parla, a volte. Vedere senza emozione. — Teresa lo guardò con circospezione. — Sembra che anche tu sia arrivato abbastanza in profondità.
Un velo gli scivolò davanti al volto. — Non è lo stesso.
Lei alzò le spalle e aprì la porta.
L’interno della chiesa era scuro e deserto. Molto tempo prima doveva essere stata un tempio cattolico, sepolto lì tra edifici più alti e più nuovi. Alle spalle dell’altare c’era un intaglio in vetro colorato raffigurante la Vergine Maria con la mano alzata. La vetrata era debolmente illuminata dal basso e non riceveva luce dall’esterno.
Una vecchia sbucò da un locale sul retro. Li guardò con espressione acida e sibilò qualcosa in portoghese. — Dice che l’ingresso è proibito ai turisti — tradusse Keller. Igreja , disse ancora la vecchia. — È una chiesa.
— Dille che vogliamo usare una pietra.
Keller parlò scandendo ogni sillaba. La donna sospirò e scomparve nel retro. Teresa occupò uno dei tavoli illuminati dalle candele che erano stati istallati dove probabilmente una volta si trovavano i banchi. La vecchia ritornò con una cassettina di sicurezza metallica sottobraccio. Fece l’atto di stringerla di più e protese la mano aperta, con il palmo rivolto verso l’alto. Keller le diede una banconota da cento cruzeiros.
Mentre Teresa apriva la cassettina, la donna prese posto vicino alla porta.
La pietra era una copia consumata di una generazione dimenticata da chissà quando, ormai scura per le innumerevoli contaminazioni; gli angoli erano smussati e i colori sbiaditi. Non poteva valere molto più di quanto Keller aveva pagato solo per avere il privilegio di toccarla. Eppure…
Era così vicina , pensò Teresa.
La prese in mano.
Era sempre lo stesso, per lei, come se le si schiudesse un nuovo mondo, come se all’improvviso potesse evadere dal guscio della propria carne. Con gli occhi chiusi si sentì sospesa in uno spazio indefinito. Le pareti della chiesa erano cadute e il suo corpo era lontano e insensibile.
Il fenomeno restava misterioso: le numerose ricerche condotte in proposito non erano mai riuscite a spiegarlo. La teoria più recente giunta alle orecchie di Teresa affermava che gli oneiroliti agivano direttamente sulla mente. I fantasmi del cristallo svegliavano i fantasmi che dormivano nella straordinaria architettura di sangue e tessuti del cervello. Forse gli Esotici se ne servivano in quel modo; o forse le visioni derivavano da. un’alterazione della funzione cerebrale, determinate dal fatto che la mente umana faticava ad adattarsi a un codice sconosciuto.
Tuttavia, qualsiasi spiegazione aveva un’importanza relativa. Quello che importava era la persistenza di quegli strani sogni, popolati di delicate immagini azzurre e alate di angeli fantastici nella loro impossibile completezza… i loro deserti, le foreste, le fattorie e le città… e anche gli scenari umani, altrettanto sconosciuti, come una galleria di antenati. Teresa avvertì la potenza delle immagini anche attraverso quella pietra riprodotta in modo tanto rozzo. Quasi stordita, tese la mano per prendere quella di Keller.
Ray si ritrasse.
— Non succederà niente — bisbigliò lei. Anche la sua voce le sembrò distante e irreale. — È solo che… mi piacerebbe non essere da sola. — Lo guardò, aprendo gli occhi per un attimo.
Lui annuì, lentamente. Guardandola, gli occhi fissi nei suoi con l’intensità di un animale spaventato, tese la mano al di sopra del tavolo.
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