Andie passò gran parte della notte a sedere sul divano, rimuginando sulle medesime angosciose perplessità.
In che rapporti era, Stephen, con Ben? Quanto sapeva dei suoi trascorsi?
Molto prima che albeggiasse rinunciò definitivamente a ogni tentativo di prender sonno, e si vestì.
La stazione del metrò le apparve misteriosa e deserta, illuminata dal chiarore azzurrino delle crioluci. Aveva la sensazione di essere rimasta l’unica persona viva in tutta Washington. Giunse in ufficio prima delle sei.
Una donna dalla pelle scura, in completo color malva, se ne stava tranquillamente fuori della porta dell’ufficio, neanche fossero le due del pomeriggio.
«La signorina Greenberg?» domandò, con gradevole voce di contralto.
«Sì?»
«Sono Rayma Esteron, del Washington Post. » Mostrò le proprie credenziali. «Potremmo parlare da qualche parte in privato?»
Andie la osservava perplessa. «Ma non è un po’ presto, signora Esteron? Come ha fatto a entrare? Non sarà mica rimasta accampata qui fuori tutta la notte?
La donna sorrise con aria semplice. «Macché. Sa, conosco qualcuno…»
«Comunque non posso riceverla, senza appuntamento», troncò Andie con estrema freddezza.
«Si tratta di una cosa molto importante, signorina Greenberg. È sicura di non potermi concedere pochi minuti?»
«Temo di no.»
«Riguarda il senatore Jeffers. E il signor Canay.»
«Ah.»
Rayma Esteron la fissava impassibile.
«Va bene», assentì Andie guardinga. «Vuole accomodarsi in ufficio?»
Rayma Esteron scosse la testa. «Meglio da un’altra parte. Nel mio libratore. È parcheggiato qui fuori.»
Andie la fissò sbalordita.
«È una procedura estremamente irregolare!»
«La prego, mi accontenti», insisté l’altra in tono conciliante.
Andie si strinse nelle spalle. «Faccia strada.»
Il libratore color vinaccia di Rayma Esteron era in sosta davanti all’ingresso di servizio dell’ala nord. Rabbrividendo, Andie seguì la donna nell’aria gelida di quella mattina di febbraio.
Deve cononoscere davvero un mucchio di gente, pensò. A quest’ora sul mio libratore ci sarebbero almeno cinque multe.
La giornalista azionò il telecomando che portava al polso e gli sportelli si spalancarono. Andie prese posto dalla parte del passeggero.
«Allora? Qui siamo al sicuro da orecchie indiscrete. Mi dica tutto.»
«Facciamoci un giro», disse la Esteron. Programmò il robopilota e si rilassò sul sedile rivolgendosi ad Andie. Il libratore partì spedito verso la circonvallazione.
«Signorina Greenberg, prima di morire Jackie Renstrow aveva raccolto un’ampia documentazione sulle operazioni finanziarie del senatore Jeffers. Le è mai capitato di rilevare qualche irregolarità nei movimenti contabili del senatore?»
«Perché lo chiede a me? Io mi occupo di pubbliche relazioni.»
Rayma Esteron le lanciò un’occhiata d’intesa. «Ma lei è anche molto vicina al senatore…»
«Credo che farebbe meglio a parlare con qualcuno in contabilità», replicò Andie immediatamente. «Per quanto mi riguarda, non ho nulla da dire in proposito.»
L’altra sospirò. «Speravo che lei avrebbe deciso di collaborare.» Cercò nella borsetta, ne estrasse un sottile portafoglio, lo aprì. Un distintivo dorato percorso dal reticolo bluverde di un complesso oloschema ammiccò ad Andie.
«Signorina Greenberg, sono un’agente dell’FBI. Stiamo conducendo un’indagine sulle finanze del senatore Jeffers. Pare che ingenti somme di denaro siano state e vengano tuttora stornate dal vostro ufficio.»
«Cosa? E a che scopo?»
«È quello che vorremmo scoprire.»
«Ma perché dirmelo? Non ha paura che possa parlarne a lui?»
La Esteron annuì. «Francamente sì. Siamo a conoscenza della sua relazione col senatore. Tuttavia lei è una delle uniche due persone nonmutanti che lavorano in quell’ufficio. E, capirà, non possiamo certo rivolgerci a Canay.»
«Che intende dire?»
«Joe Bailey è mio amico», rispose l’agente in tono pacato. «E anche suo. È preoccupato per lei. Dopo la vostra conversazione di ieri pomeriggio mi ha chiamato. Abbiamo messo immediatamente il suo appartamento sotto controllo. Per questo, stamattina, mi ha trovato ad aspettarla nonostante l’ora.»
«Bailey le ha detto di Canay?» Andie scosse la testa. «Lo ucciderò, quel chiacchierone!» esclamò stringendo i pugni. Poi i suoi occhi incontrarono quelli di Rayma Esteron, e alle labbra le affiorò quasi un sorriso.
«Be’, se decide di farlo lo tenga per sé.» Nella voce della Esteron aleggiava un pizzico di amichevole ilarità. Ma il suo volto era serio. «Signorina Greenberg, noi nutriamo forti sospetti nei confronti di Canay. Il senatore potrebbe anche essere innocente. Nel caso dubitasse delle mie affermazioni, posso mostrarle i riscontri contabili. Ma sono convinta che lei mi crede.»
«Ha ragione.»
«Bene. Vorrei dunque chiederle di aiutarci nelle indagini.»
«Cosa?» Andie la fissò incredula.
«Dovrebbe semplicemente riferirci quello che vede, una volta al giorno.»
«Non credo di poterlo fare.»
Rayma Esteron sorrise lievemente. «Si rende conto, vero, che se il senatore o il signor Canay venissero incriminati per appropriazione indebita e falso in bilancio lei potrebbe essere accusata di complicità?»
«Si risparmi pure le sue ridicole minacce», replicò Andie. «Come senza dubbio risulterà dai vostri documenti, io sono avvocato, e saprei benissimo come difendermi in un’aula di tribunale. Innanzitutto parlerei di deliberati atti discriminatori e persecutori nei confronti dell’unico senatore mutante presente in Congresso. E poi, se siete andati in giro a curiosare quanto credo, dovreste sapere che non agirò mai contro Stephen per fare un piacere a voi. Mai.»
«Temevo che l’avrebbe presa a questo modo.» Per un attimo lo sguardo dell’agente si perse, pensieroso, fuori del finestrino. «Gli dirà tutto?»
«Non lo so.» Andie sollevò le mani in un gesto di esasperazione. «Ma perché dovete coinvolgermi in questa storia? Perché il vostro lavoro non lo fate da voi?»
«Ci serve il suo aiuto.»
«Be’, fatevi aiutare da qualcun altro.»
«Solamente lei ci può aiutare.»
«E allora mi sa proprio che vi è andata male!» esclamò Andie con voce aspra. «Jackie Renstrow lavorava per voi?»
«Sì, era una nostra informatrice. E sospettiamo che la sua morte sia da collegarsi a questa vicenda.»
«Non ci posso credere», ribatté Andie. «E non ci credo. Stephen non può essere implicato in niente di tutto questo.»
«Speriamo di no.»
Andie si sforzò di mantenere l’autocontrollo. «Non voglio discuterne oltre. Gradirei solo essere riportata al mio luogo di lavoro.» E, incrociate le braccia, fissò ostentatamente lo sguardo all’esterno, verso i primi, esitanti raggi di sole.
«Come vuole», assentì Rayma Esteron con voce sommessa, colma di rammarico. Premette un pulsante e il libratore svoltò al primo angolo, invertendo la rotta in direzione Campidoglio. Per tutto il resto del viaggio nessuna delle due aprì bocca.
Il libratore tornò esattamente da dov’era partito, fermandosi dinanzi all’ingresso di servizio dell’ala nord. Mentre Andie scendeva, Rayma Esteron le porse un’olocarta.
«Se dovesse cambiare idea.» Poi l’agente le rivolse un breve cenno di saluto e se ne andò.
Andie si affrettò a salire in ufficio. Erano passate da un pezzo le sette. Possibile che il colloquio con la Esteron fosse durato tanto? Aveva le idee confuse. Un palpito incessante le aggrediva le tempie. Si programmò una tazza di caffè. Cosa poteva dire, a Jeffers? Il colpevole doveva essere Canay. Stephen non avrebbe mai commesso qualcosa di illegale. Mai.
Читать дальше