Sheri Tepper - Pianeta di caccia

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Pianeta di caccia: краткое содержание, описание и аннотация

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Marjorie Westriding Yrarier è stata inviata sul pianeta Grass per rispondere a un misterioso interrogativo: un contagio si sta spargendo fra le stelle, un’epidemia mortale che minaccia di distruggere la razza umana. Nessun pianeta ne è rimasto immune, tranne Grass. Perché?
Poco si conosce di Grass, se non che si tratta di un luogo idilliaco, dove la natura è assolutamente intatta e l’ambiente conserva un perfetto equilibrio. Interamente coperto dalle più strane varietà di vegetazione che si possano immaginare, il pianeta è un’autentica anomalia cosmica. Un gruppo di famiglie giunte secoli prima per colonizzarlo hanno edificato rapidamente una nuova società, ignorando la presenza aliena e creando un’aristocrazia che ruota attorno all’evento della Caccia. Con il passare delle generazioni, la vita su Grass e i vari usi e costumi sono sempre più sprofondati nel mistero e la Caccia, evento già ben noto sulla Terra, si è ora trasformato in uno strano rito, tremendo e inquietante. Già, perché qual è la vera natura e la vera funzione delle creature che partecipano alla Caccia, che cosa si nasconde dietro questo ciclico rituale e soprattutto... qual è la preda? Come ben presto intuisce Lady Westriding, su questo strano pianeta lontano milioni di chilometri vi sono più misteri di quanti se ne possano immaginare.
Un romanzo originalissimo, magistrale nel ritratto di un’ecologia aliena e nello studio dei
Nominato per i premi Hugo e Locus per in 1990.

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— Shhh. Shhh — mormorò Tony. — Bravo ragazzo. Resta immobile ancora un po’ e ti riprenderai. Shhh. Shhh.

Allora il sogno riprese: galoppare, fuggire, braccato da una creatura enorme, rapida, minacciosa. Lo stallone nitrì, implorando di essere rassicurato, e subito si sentì accarezzare.

— Shhh. Shhh.

El Dia Octavo dormì in piedi, mentre il sogno svaniva.

In seguito, si riprese abbastanza da salire una rampa ed entrare in un oggetto, che in breve tempo si mosse. Si riaddormentò, ma appena l’oggetto si fu fermato, si ridestò abbastanza da scendere di nuovo la rampa, e lei era là.

Lei - nitrì Millefiori. — Va tutto bene. È lei.

El Dia Octavo scosse la testa in segno di assenso, con un nitrito gutturale, sforzandosi di seguire lei. Nessun odore era del tutto giusto: i rumori erano familiari, ma gli odori erano sbagliati, compreso quello del fieno nello stallaggio, sul quale giacque.

In quel momento, dall’esterno, provennero i nitriti dell’altro stallone.

El Dia Octavo rispose, assieme alle giumente, e subito Don Chisciotte si tranquillizzò, pur con un nitrito di sofferenza.

Infine arrivò lei , ad accarezzare, massaggiare, parlare, e mormorare, come aveva fatto Tony: — Shhh. Shhh. — E intanto abbeverò tutti i cavalli.

El Dia Octavo bevve, annegando l’arida paura, quindi si riaddormentò; e così, poco a poco, il suo sogno si perse nell’odore di quello strame alieno.

— Che strano — sussurrò Marjorie, fissando El Dia Octavo.

— Sembravano spaventati — disse Tony. — Per tutto il tempo mi sono parsi terrorizzati a morte, ma troppo insonnoliti per poter reagire.

— Ho fatto parecchi brutti sogni, la notte del nostro arrivo, e mi sono svegliata spesso, spaventata.

— Anch’io — Tony rabbrividì. — Non volevo dirlo, ma ho avuto veri e propri incubi.

— Che sia una conseguenza dell’ibernazione? — domandò Marjorie.

— Ho chiesto a parecchia gente, all’astroporto, ma nessuno, a quanto pare, crede che questa sia una conseguenza normale dell’ibernazione.

— Strano — ripeté Marjorie. — Be’, almeno gli stallaggi sono stati completati in tempo.

— È un buon lavoro. Lo hanno fatto i villici?

— Sì. Abbiamo una sorta di tacito accordo: noi offriamo lavoro, acquistiamo i loro prodotti, e i contadini ci aiutano ogni volta che ne abbiamo bisogno. Per anni si sono occupati del mantenimento dell’estancia, benché fosse disabitata. Ne ho scelti alcuni come stallieri. Forse ne troveremo altri due o tre, adatti come palafrenieri.

Lasciata la stalla, madre e figlio ritornarono alla villa, però volgendosi un paio di volte a guardare indietro, come per accertarsi che i cavalli stessero bene. Entrambi giudicavano strano che gli animali avessero manifestato in ogni modo di aver condiviso i loro incubi. Marjorie giurò a se stessa che avrebbe tenuto loro compagnia fino a quando avessero superato il trauma. Nei giorni successivi, tuttavia, fu costretta ad occuparsi di ben altro, fra cui l’arrivo degli artigiani di Strada Nuova, i quali, prendendo appunti, visitarono tutti gli appartamenti estivi di Collina d’Opale.

— Desiderate un arredamento consono all’usanza locale, vero? — chiese, in lingua franca, un individuo calvo, corpulento, con grosse borse sotto gli occhi e un sorriso accattivante, il cui nome era Roald Few. — Non volete niente che possa dispiacere ai bon, vero?

— Esatto — convenne Marjorie, sbalordita, ma anche divertita dal proprio sbalordimento. Cosa mi aspettavo? pensò. Gente povera, stupida e ignorante come gli abitanti della Città dei Procreatori? Quindi soggiunse: — Siete molto perspicace, signor Few. Credevo che fossimo i primi ambasciatori mai giunti su Grass.

— Attualmente siete gli unici — rispose Few — anche se avete avuto alcuni predecessori. Costoro, comunque, non sono riusciti a superare l’inverno, perché non sopportavano la solitudine. Qua, per un po’, ha vissuto un ambasciatore di Semling. E intendo dire proprio qui, a Collina d’Opale. L’estancia è stata costruita dalla gente di Semling, sapete?

— Come mai gli appartamenti estivi non sono stati arredati?

— Perché l’autunno era imminente, quando la costruzione della estancia fu terminata, e verso la metà dell’autunno l’ambasciatore di Semling tagliò la corda, senza potersi godere la stagione migliore dell’anno. Ebbene, quali sono le vostre preferenze, quanto a colori e cose del genere?

— Posso contare su di voi per rendere accettabile la residenza? In caso affermativo, vi guadagnerete una lauta gratifica. Mio marito predilige i colori caldi, come il rosso e l’ambra, mentre io preferisco quelli freddi: azzurro, grigio chiaro, verdemare. Ah! — Marjorie fece una pausa. — È vero che su Grass il mare non esiste, però avete capito, vero?

Few annuì.

— Potete offrirci un po’ di varietà, ammesso che ciò si accordi all’usanza locale?

— Varietà e rispetto della convenzione. — disse Few, imbronciato, nel prendere appunti. — Farò del mio meglio, lady. E consentitemi di affermare che dimostrate molto buon senso nel lasciar fare a noi della Strada Nuova: vi posso assicurare che collaboriamo nella massima armonia e trattiamo nel migliore dei modi i clienti che hanno fiducia in noi. — Ciò detto, scrutò Marjorie con franchezza e annuì: — E ora, se permettete, vorrei dirvi alcune cose in confidenza. Vi consiglio di prendere l’aeromobile, ogni tanto, e di recarvi con la vostra famiglia oltre la foresta, nella zona plebea. Gli aristocratici la chiamano Città Plebea, ma noi diciamo il Comune, perché la città appartiene a tutti noi. Là troverete cibi che qui non potrete mai avere, giacché li importiamo soltanto per il nostro fabbisogno. — Da queste parti si soffre maledettamente di solitudine, se non si è come i bon, quindi potreste anche preferire di svernare al Comune, se resterete tanto a lungo. Anche i vostri cavalli sverneranno molto meglio al Comune, visto che siamo perfettamente attrezzati a questo scopo. Abbiamo abbondanti provviste di fieno raccolto in estate, nonché stalle molto accoglienti, situate accanto alle nostre stesse case. In inverno, gli abitanti dei villaggi si trasferiscono in città. Se lo faceste anche voi, gli aristocratici non se ne accorgerebbero neanche. Vi basterà collegare il dimmi con Collina d’Opale per rispondere direttamente dal Comune ad ogni eventuale chiamata: chi noterà che non siete qui a subire l’inverno? A proposito, parlate Grassano?

— Credevo che i Grassiani parlassero il Terrestre o la lingua franca — rispose Marjorie, sgomenta. — L’obermun bon Haunser mi ha sempre parlato in Terrestre diplomatico.

— Sicuro che lo parlano, se vogliono — spiegò Few, con un sorriso cattivo. — Tutti quanti i bon parlano il diplomatico, all’inizio, e alcuni si abbassano persino alla lingua franca. Ma in seguito vi ignorano completamente, fingendo di non comprendervi affatto. Conoscendo il Grassano, invece, ve la caverete molto meglio. Secondo me, si tratta di un miscuglio delle lingue parlate dai bon all’epoca della colonizzazione, evolutosi coll’andar del tempo. Ogni famiglia parla una sorta di dialetto che le è tipico, ma se si conosce la lingua, si può capir bene il senso del discorso in qualsiasi dialetto, a parte certe parole caratteristiche. E ve la caverete ancor meglio se, prima di aver padroneggiato il Grassano, non permetterete ai bon di accorgersi che lo capite. Potrei mandarvi un insegnante.

— Sì, ve ne prego — rispose subito Marjorie, la quale scoprì di provar fiducia e simpatia nei confronti dell’artigiano. — Mandatemi un insegnante, signor Few, e non fatene parola con nessuno, se non vi dispiace.

— Oh, non mi dispiace affatto — sbuffò Few. — Vi manderò qualcuno fra due giorni. E chiamatemi pure Roald, come fanno tutti al Comune. Ah, quei dannati bon!

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