Per scacciare la sua irritazione, Marjorie tentò di suscitarne l’interesse: — Sai, Rigo? Vorrei scoprire se anche i ragazzi ed io godremo di immunità diplomatica su questo pianeta.
— Perché non dovreste? — ribatté Roderigo, con gli occhi così sfolgoranti di furore come si conveniva al suo carattere collerico.
— A parte il fatto che su Grass la donna non assume il cognome del marito, una certa frase dell’obermun mi ha indotta a sospettare che non ne acquisti neppure lo status. — Marjorie sapeva bene che la sua famiglia era un po’ più nobile di quella di Rigo, però non vi avrebbe mai neppure accennato. — Dunque non sono affatto sicura che si attribuisca particolare considerazione alla moglie di un diplomatico. — In verità, non aveva mai desiderato diventare ambasciatrice, né Rigo era mai stato ambasciatore! Tante cose erano ben diverse da come avrebbe voluto che fossero. Tuttavia non si poteva escludere che la missione diplomatica si rivelasse degna di essere compiuta.
Senza alcuna allegria, Rigo sorrise: — Ecco un’altra cosa di cui non eravamo informati.
— Non sono sicura di avere ragione.
— Spesso le tue impressioni equivalgono alle certezze altrui, Marjorie — rispose Rigo, nel tono galante che usava spesso con le donne, inclusa la moglie. — Comunque dirò ad Asmir Tanlig di controllare.
— Asmir?
— Uno dei miei collaboratori grassiani. Stamane, dopo essermi sbarazzato di Haunser, ne ho assunti due. — Così dicendo, Rigo si passò l’indice di una mano sul palmo dell’altra e lo fece scattare, come per liberarsi di qualcosa di vischioso.
— Questo Tanlig è forse un bon?
— Certo che no! O almeno, non credo. Appartiene a una famiglia che circa due generazioni fa ebbe un figlio bastardo da un bon.
— Una famiglia collaterale! — rispose Marjorie, compiaciuta di poter sfoggiare tanta conoscenza. — I Tanlig devono essere una di quelle famiglie che sono definite «collaterali».
— Ho assunto anche un Mechanic.
— Hai assunto un meccanico? — chiese Marjorie, perplessa.
— Mechanic, «meccanico», è il cognome del mio secondo collaboratore: l’equivalente di antichi cognomi come Smith, «fabbro», o Wright, «falegname». Si tratta di Sebastian Mechanic, il quale non ha alcuna parentela con gli aristocratici, come si è subito premurato di garantirmi. — Rigo si lasciò cadere su una sedia e cominciò a massaggiarsi la nuca: — Dopo l’ibernazione, mi sento come se fossi convalescente di una lunga malattia.
— Io invece mi sento così languida e distante…
In tono galante, però con una sfumatura di ostilità, Rigo disse: — Mia cara.
— Lo so: tu credi che io sia sempre distante! — Marjorie cercò di ridere per celare il dolore che provava. Se non avesse giudicato la moglie così fredda e distante, Roderigo non avrebbe avuto bisogno di Eugenie Le Fevre. E se il marito non avesse avuto un’amante, forse Marjorie non sarebbe stata così gelida e riservata. Era come un circolo vizioso, o una successione di figure in una quadriglia ippica.
Avuta la meglio, Rigo cambiò argomento: — Ricorda bene, mia cara: Asmir Tanlig. Sebastian Mechanic.
— Appartengono alla borghesia? — chiese Marjorie.
— Forse sarebbero considerati borghesi nella Città Plebea, ma, no, io li definirei piuttosto contadini. E il loro compito sarà appunto quello di indagare nel contado, per scoprire se i villici sanno qualcosa. Probabilmente mi serviranno altri collaboratori per investigare nella Città Plebea, benché Tanlig saprebbe cavarsela abbastanza bene anche là, se volesse. Mechanic, invece, è in tutto e per tutto contadino, e ne è gelosamente fiero.
— Non sono certo i collaboratori più adatti ad aumentare la nostra reputazione presso i bon.
— Per portare a termine la nostra missione, dobbiamo avere rapporti con tutte le classi sociali, ma ciò deve avvenire senza che lo sappiano gli aristocratici. Asmir e Sebastian sanno bene che devono guardarsi dall’attirare l’attenzione dei bon, e se vuoi sapere in che modo sono riuscito ad ottenerne la collaborazione all’insaputa di bon Haunser, ti dirò che il rappresentante della Santità a Semling mi ha parlato di loro. Inoltre, ho già posto la domanda a tutti e due.
— Ah — Marjorie attese, trattenendo il fiato.
— Hanno risposto no.
— Ah — ripeté Marjorie. C’è speranza , pensò, riprendendo a respirare. E soggiunse — Qui la peste non si è ancora diffusa, dunque.
— Non si è verificata nessuna malattia inesplicabile. Come convenuto, ho spiegato che abbiamo incarico di compiere una ricerca.
— Forse non hanno saputo.
— Sia Asmir che Sebastian hanno parenti alla Città Plebea, perciò credo che sarebbero stati senz’altro informati dell’esistenza di qualunque malattia misteriosa. D’altra parte, gli aristocratici controllano praticamente il novantanove per cento della superficie del pianeta, quindi non si può escludere che i plebei semplicemente non siano al corrente di certi avvenimenti.
— Hai la situazione in pugno, a quanto pare. — Improvvisamente incapace di sopportare oltre la stanchezza e la fame, Marjorie sospirò. — Sai dov’è Anthony?
— Se mi ha obbedito, è con Stella, su negli appartamenti estivi, a tracciare una pianta della villa. Temo che dovremo arredarla piuttosto in fretta. Comunque ho saputo da Asmir che nella Città Plebea gli artigiani non mancano. Abitano un quartiere chiamato, con scarsa immaginazione, Strada Nuova. Soltanto il Signore sa dove fosse la strada vecchia!
— Sulla Terra, forse.
— O su chissà quale altro pianeta! Comunque, non ha nessuna importanza. Asmir mi ha garantito che gli artigiani della Strada Nuova sono in grado di arredare Collina d’Opale in modo del tutto accettabile entro due o tre settimane. Naturalmente, si tratta delle lunghe settimane di Grass. Lui stesso, servendosi di quello che chiama un «dimmi», ha già chiesto ad alcuni artigiani di recarsi qua da noi.
— Con «accettabile», Asmir si riferiva ai criteri dei bon, vero, Rigo? Ho la sensazione che tutto quello che faremo sarà attentamente valutato dagli aristocratici. Fra l’altro, credo che i nostri poveri cavalli non siano stati rianimati proprio perché i bon non hanno ancora deciso se accettare o meno la loro presenza, qua su Grass. Infatti, hanno già le loro creature.
— Gli Hippae.
— Esatto. E non li tengono mai negli stallaggi, stando a quello che mi ha detto l’obermun.
— E dove diavolo li tengono, allora?
— Ho il grave sospetto che non li «tengano» affatto, Rigo. Comunque sia, gli Hippae vivono in luoghi che non sono chiamati «stalle». Perché non andiamo subito ad esplorarli con Anthony e Stella?
I rifugi degli Hippae erano sei caverne colonnate simili a gallerie, che si aprivano nel versante di una collina. Ognuna aveva un unico ingresso, ed era provvista, in fondo, di una vasca di sasso, alimentata da una sorgente, che spandeva una pallida luminescenza sulla volta bassa.
— Qua dentro potremmo tenere gli stalloni, le giumente, e tutti i loro puledri per i prossimi cento anni — osservò Stella, annoiata, mordendo una mela. — Però sarebbe sempre un posto maledettamente inadeguato. — Con la chioma corvina, gli occhi neri e il carattere focoso, in tutto rapida, fragorosa e improvvisa come uno schiocco di frusta, la ragazza era identica al padre. Aveva diciassette anni, e la bellezza del suo corpo flessuoso era appena sbocciata. D’un tratto cominciò a gridare come si usava durante la caccia, per annunciare l’avvistamento della volpe: — Halloooo! Halloooo! — E si divertì ad ascoltare gli echi che rimbalzavano nel buio, fra le solide colonne.
In silenzio, Anthony si limitò a guardare attorno con sgomento, però cercando di conservare la calma che gli sembrava si addicesse al figlio di un ambasciatore. Aveva meditato a lungo sul proprio ruolo e pregava spesso di conservare sempre la forza sufficiente per sostenerlo. Come la madre, era biondo e bello, con gli occhi nocciola, il viso pallido e freddo, il corpo snello e agile, il carattere tranquillo e costante. Al pari di Marjorie, suscitava universale ammirazione, però era preda di innumerevoli dubbi ed orrori, anche se non li lasciava mai trasparire. A diciannove anni, era alto quasi quanto il padre, pur senza essere molto robusto.
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