— Abbiamo molto da imparare — commentò Marjorie, palpando il cuoio morbido del minuscolo Nuovo Testamento che teneva in tasca. Prima che lei e Rigo lasciassero la Terra, padre Sandoval aveva inviato il libriccino alla Chiesa in Esilio affinché fosse benedetto dal Papa: sostenendo di conoscerla meglio di quanto lei medesima si conoscesse, le aveva assicurato che, dileguato l’iniziale entusiasmo, il Vangelo l’avrebbe aiutata ad adattarsi alla nuova esperienza. Fino a quel momento, però, ella ne aveva tratto ben poco conforto. — Le autorità della Santità — aggiunse — non ci hanno detto quasi niente a proposito di Grass.
— Perdonatemi, se lo dico, ma i Terrestri non sanno nulla di Grass: in passato hanno dimostrato scarsissimo interesse nei nostri confronti.
Ancora una volta la Terra, il pianeta, era confusa con la Santità, l’impero religioso. Accettando il rimprovero, che d’altronde era stato espresso con gentilezza e probabilmente era giustificato, Marjorie annuì. In effetti, i Terrestri non si erano affatto curati di Grass, né di Semling, né di Cancelli Perlacei, né di Shafne, né di Pentimento, né di alcun altro dei cento remoti pianeti, perduti nell’oceano dello spazio, che erano stati colonizzati dall’umanità. La civiltà superstite sulla Terra era stata troppo impegnata a contenere la popolazione e a ripristinare l’ecologia virtualmente distrutta dallo sfruttamento dell’umanità insaziabile, per preoccuparsi delle emigrazioni che pure l’avevano salvata. Dall’estremo settentrione, la Santità controllava il comportamento dei suoi seguaci ovunque fosse possibile, mentre tutti gli altri abitanti della Terra si limitavano a cercar di sopravvivere. Però, a parte il periodo delle celebrazioni annuali, a cui partecipavano anche i fedeli provenienti da altri pianeti, sembrava che la Santità non esistesse; e infatti essa non corrispondeva alla Terra. Marjorie avrebbe voluto dichiarare a voce alta, con passione, che la Terra era la sua patria; tuttavia se ne astenne. Chiese invece: — Potrei vedere le stalle? I nostri cavalli sono già stati rianimati e condotti qui, vero?
Fino a quel momento il viso dell’aristocratico non aveva mai manifestato nulla di simile a un autentico disagio. Jerril aveva ricevuto gli Yrarier al porto, nel centro di accoglienza del rianimatorio, dove aveva dato disposizioni per il ritiro dei loro bagagli; poi, con due aeromobili, li aveva accompagnati all’estancia che era stata riservata al loro «soggiorno»; infine aveva mostrato a Marjorie gli appartamenti estivi, mentre Roderigo si era recato agli appartamenti invernali e agli uffici della nuova ambasciata insieme con Eric bon Haunser, che era più giovane dell’obermun, ma non era meno fedele all’aristocrazia grassiana, cui apparteneva. Nello svolgere la sua funzione tutt’altro che trascurabile di accompagnatore, Jerril si era dimostrato calmo, cortese, affabile; però la domanda a proposito dei cavalli lo mise a disagio, anche se tale stato d’animo fu tradito unicamente da un guizzar di muscoli agli angoli della bocca, e soltanto per un istante fugace.
Espertissima nel comunicare coi cavalli, e vincitrice di medaglie d’oro nel dressage, nella corsa ad ostacoli e nelle gare di resistenza, Marjorie era molto abile nell’interpretare il linguaggio somatico. In tono gentile, conservando un assoluto controllo di se stessa, domandò: — Qualcosa non va?
— Non siamo stati… — Jerril fece una pausa, cercando il modo migliore di esprimersi. — Non siamo stati preavvisati a proposito degli animali.
Animali? pensò Marjorie. E da quando i cavalli sono «animali»? Quindi chiese: — Ciò crea forse qualche problema? Da Semling ci hanno informato che l’estancia è fornita di stalle.
— No, non di stalle. Qua vicino vi sono ricoveri che, inutile dirlo, erano usati dagli Hippae prima della costruzione dell’estancia.
Perché inutile dirlo? pensò Marjorie. E cosa sono gli Hippae? Probabilmente si tratta di quegli animali, nativi del pianeta, che sono simili ai cavalli. E chiese di nuovo: — Gli Hippae sono dunque tanto diversi, che le nostre cavalcature non possono occuparne gli stallaggi?
— Gli Hippae non usano stallaggi — spiegò Jerril, senza però sembrare sincero. Era così imbarazzato, che si mordicchiò l’unghia di un pollice, prima di continuare: — Attualmente, il ricovero presso Collina d’Opale non è usato dagli Hippae, quindi credo che potrà ospitare in modo adeguato i vostri cavalli. Al momento, purtroppo, non abbiamo a disposizione alcun aviocarro. — Di nuovo tentò di sorridere: — Vi prego di scusarci, lady Marjorie. Abbiamo avuto qualche piccolo contrattempo, tuttavia sono certo che in un paio di giorni al massimo risolveremo il problema.
— Dunque i cavalli non sono stati rianimati — ribatté Marjorie, irata, in tono suo malgrado tagliente, pensando: Povere creature! Le hanno lasciate in quell’incubo di gelido nulla!
— Non ancora, ma provvederemo entro pochi giorni.
Decisa a non trovarsi in imbarazzo e a conservare la propria dignità, Marjorie recuperò prontamente il controllo di se stessa: — Vi dispiacerebbe se mi recassi all’astroporto, o se mandassi uno dei miei figli? Se non avete nessuno abituato a trattare i cavalli, Stella sarebbe lieta di andare, oppure Anthony. — E pensò: Oppure io stessa, o Rigo: chiunque di noi, per l’amor del cielo!
— Vostro figlio?
Il sollievo di Jerril fu così evidente, che Marjorie si rese conto che quell’aspetto del problema aveva una importanza notevole. Senza dubbio si trattava di qualche dettaglio di etichetta: forse era indegno sia dell’ambasciatore che di sua moglie occuparsi di faccende del genere. D’altra parte, chi altri avrebbe potuto incaricarsene? Ad ogni modo conveniva lasciar correre, e non mettere a repentaglio la missione per un ritardo di due soli giorni: sembrava proprio che l’incarico diplomatico fosse l’occasione, per cui Marjorie aveva tanto pregato, di compiere qualcosa di significativo. Dopotutto, Don Chisciotte e El Dia Octavo potevano continuare il loro sonno ancora per qualche tempo, insieme a Sua Maestà, Ragazza Irlandese, Millefiori e Stella Azzurra.
— Non vediamo l’ora di partecipare alla nostra prima Caccia — dichiarò Marjorie. Poi subito aggiunse, notando l’evidente costernazione dell’obermun: — Soltanto come spettatori, naturalmente. — Ma l’espressione di puro panico che trasformò il volto di bon Haunser le fece capire di aver soltanto peggiorato la situazione: Buon Dio! pensò. Cosa ho mai detto?
— A questo proposito abbiamo già predisposto un aerostato — rispose Jerril. — Almeno per la prima volta, fino a quando vi sarete un po’ ambientati.
— Qualunque cosa giudichiate opportuna — convenne Marjorie con voce ferma, convincendo l’obermun di non avere alcuna intenzione di creare difficoltà. — Ci affidiamo completamente a voi.
Il viso di Jerril si rischiarò: — Vi siamo molto grati della collaborazione, lady Marjorie.
Nonostante l’impazienza esasperante che provava, Marjorie riuscì a sorridere. Sin da quando era arrivata, si sentiva irritabile, e anche spiacevolmente affamata, quantunque avesse mangiato a sazietà. Disse: — A proposito, obermun bon Haunser. Occupiamoci della questione dei titoli.
Jerril si aggrondò: — Non capisco.
Marjorie decise di chiarire una volta per tutte la differenza fra la Santità e la Terra: — In patria, sul pianeta Terra, coloro che un tempo si definivano «santi» e ora si definiscono «santificati», mi chiamerebbero semplicemente matrona Yrarier. Infatti, un uomo è chiamato «ragazzo» oppure «marito», mentre una donna è chiamata «ragazza», o, brevemente, «moglie», oppure «matrona». Sia gli uomini che le donne ambiscono a sposarsi presto per assumere i titoli dell’età adulta. Ma noi, vale a dire la mia famiglia ed io, non apparteniamo ai santificati, perciò io non considero adeguato a me stessa nessun titolo femminile riconosciuto dalla Santità. D’altronde, sono terrestre. Nel paese in cui sono nata e in cui sono vissuta da fanciulla, ossia la Bretagna, sono Marjorie, lady Westriding, figlia maggiore di mio padre, vedovo. «Lady Marjorie» sarebbe corretto soltanto se fossi una figlia minore. Inoltre, ho l’onore di essere maestro di caccia dei Westriding: rango che mi è stato conferito, credo, a causa delle buone prove che ho dato alle Olimpiadi.
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