Dopo aver riferito tutto ciò al marito, Marjorie attese, e quando l’obermun, finalmente, le raccomandò un certo Admit Maukerden, gli rispose nel modo che le era stato suggerito.
Fra una cosa e l’altra, trascorsero alcuni giorni prima che Marjorie trovasse il tempo per dedicarsi ai cavalli, ma Anthony e Rigo andarono a cavalcare varie volte, e persino Stella fu obbligata ad esercitarsi. Il giorno successivo al termine dei lavori di arredamento, in una mattina limpida, luminosa e calda, Marjorie uscì assieme al marito e al figlio, rammaricandosi che la figlia avesse rifiutato con una certa alterigia il loro invito. Stella era un’abilissima amazzone, però aveva detto chiaro e tondo che non le sarebbe affatto piaciuto cavalcare su Grass, o meglio, che nessuna attività le sarebbe piaciuta, su Grass. Aveva lasciato parecchi amici, sulla Terra, fra cui uno in particolare; e poiché sua madre non ne era affatto dispiaciuta, forse ostentava la propria infelicità appositamente per punirla. Ad ogni modo, Marjorie non poteva affatto dispiacersi, sapendo quello che la figlia ignorava: nel camminare giù per il sentiero sinuoso che conduceva alle stalle di recente costruzione, non poteva far di meglio che dolersi dell’assenza di Stella.
Come era stato loro ordinato, gli stallieri avevano pulito gli stallaggi e riempito le greppie con fieno di vario genere, nonché con tre o quattro varietà di biada locale, affinché gli animali potessero scegliere. Mentre i Terrestri sellavano tre cavalli, gli stallieri osservarono, ponendo domande in lingua franca senza imbarazzo né timidezza: — Cosa state facendo? A cosa serve?
— Forse che i bon non cavalcano? — chiese Tony di rimando. — Non avete mai visto una sella?
In profondo silenzio, i tre stallieri, due uomini e una donna, si scambiarono occhiate perplesse: evidentemente non si trattava di un argomento che potesse essere discusso senza disagio. Infine, la donna rispose, quasi in un sussurro: — Gli Hippae non permetterebbero affatto le selle. Invece, i cavalieri indossano calzoni imbottiti.
Bene, bene, bene , pensò Marjorie. È proprio sorprendente. Poi, mentre Tony stava per chiedere da quando i cavalli decidevano che cosa era permesso, intercettò il suo sguardo e scosse lievemente la testa: — I nostri cavalli trovano che le selle siano molto più comode dei nostri deretani ossuti — spiegò, placida. — Forse gli Hippae sono fatti in modo diverso.
Ciò parve tranquillizzare gli stallieri, che ripresero a porre domande. Dal canto suo, Marjorie prestò particolare attenzione a chi fece le domande più intelligenti e mostrò di comprender meglio le risposte.
— L’erba azzurra è difficile da falciare — disse uno stalliere — ma è quella preferita dai cavalli.
— Cosa usate per tagliarla? — chiese Marjorie. E quando le fu mostrato un falcetto di acciaio scadente, soggiunse: — Vi darò attrezzi migliori. — Aprì il lucchetto di un forziere e distribuì agli stallieri alcuni coltelli laser: — Però fate attenzione, mi raccomando — avvertì, mostrando loro come si usavano — perché potreste perdere un braccio o una gamba. Accertatevi che nessuno vi stia vicino. — Quindi rimase ad osservare mentre gli stallieri si esercitavano a tagliare intere bracciate d’erba ad ogni colpo, lanciando esclamazioni di sorpresa e di gioia, nonché occhiate di gratitudine. Intanto pensò che gli stallieri vezzeggiavano già troppo i cavalli e che fosse necessario scegliere un palafreniere, ovviamente fra i villici.
La Santità aveva concesso loro di portare soltanto sei animali, perciò gli Yrarier, tenuto conto che probabilmente avrebbero dovuto restare molto a lungo su Grass, li avevano scelti da riproduzione. Marjorie aveva deciso di lasciare sulla Terra la sua cavalcatura preferita, il castrato baio Reliant, per montare invece El Dia Octavo, uno stallone berbero allenato da un eccellente addestratore. Rigo montava Don Chisciotte, uno stallone arabo, mentre Tony cavalcava Millefiori, una delle tre giumente purosangue. L’altra giumenta, Ragazza Irlandese, era da tiro, ed era stata scelta per la sua robustezza e la sua taglia. Se avessero dovuto restare su quel pianeta per un intero anno grassiano, o forse più, gli Yrarier avrebbero potuto almeno dedicarsi a costituire una loro scuderia.
Guidati da Tony, i cavalieri seguirono per circa mezzo miglio un sentiero che percorreva un fossato e conduceva ad un catino di forma quasi perfettamente circolare, con un prato pianeggiante di corta erba ambrata, dove il ragazzo aveva già esercitato i cavalli. Quivi giunti, eseguirono la consueta sequenza di andature: passo, trotto, galoppo lento e galoppo breve, trotto, passo, prima in una direzione, poi nell’altra, infine trotto e galoppo più rapidi.
Quando smontarono ad esaminare i cavalli, Rigo osservò: — Hanno il respiro perfettamente regolare. Migliorano di giorno in giorno.
Poiché il marito sembrava entusiasta, Marjorie capì che stava tramando qualcosa: era sempre particolarmente felice, infatti, quando meditava qualche macchinazione. Ma di cosa poteva trattarsi? Aveva forse escogitato qualcosa per sbalordire i nativi?
Intanto, Rigo continuò a ciarlare a proposito dei cavalli: — È veramente notevole la rapidità con cui si sono ripresi!
— Proprio come noi — commentò Marjorie. — Ci siamo sentiti malissimo per un paio di giorni, ma adesso siamo di nuovo noi stessi. Be’, i cavalli non hanno perduto il tono muscolare. Facciamo far loro un altro po’ di moto, e torniamo indietro al passo. Domani faremo di più.
Ciò detto, rimontò in sella ed eseguì gli esercizi consueti: mezzo passo, cerchio stretto, ancora mezzo passo.
D’un tratto, Marjorie notò con la coda dell’occhio una forma su un crinale lontano: un’ombra nel sole primaverile. Perplessa, alzò lo sguardo e intravide alcune figure nella luce accecante. Cavalli? Forse. Ma era soltanto una percezione vaga di colli inarcati e groppe arrotondate: impossibile stabilire la taglia delle creature, e la distanza.
Anche El Dia Octavo si fermò a fissare quegli esseri misteriosi, con un gemito gutturale, mentre la pelle delle spalle gli guizzava come assalita dagli insetti.
— Shhh — Marjorie gli accarezzò il collo, contagiata dalla sua inquietudine improvvisa: qualcosa, lassù, lo turbava. Di nuovo scrutò controluce, per vedere meglio. Intanto, una nube si avvicinò al sole; però, proprio un istante prima che la luce scemasse, le sagome nere scomparvero dal crinale, come se gli osservatori preferissero non essere osservati. Allora Marjorie incitò lo stallone ad avanzare, decisa a valicare il crinale per vedere dove fossero andate le creature aliene. Tuttavia, Octavo fu scosso da uno spasmo come di sofferenza, quasi che stesse accadendo qualcosa di terribile, e lanciò un altro gemito gutturale, preparandosi a nitrire di terrore. Parve incapace di procedere, e a stento in grado di reggersi: soltanto le carezze di Marjorie al collo e la stretta rassicurante delle sue gambe lo tranquillizzarono un poco.
Notando il tremito della pelle sulle spalle dello stallone, Marjorie pensò distrattamente: Interessante. Anziché esortarlo a muoversi, si concentrò esclusivamente nel calmarlo: — Shhh — ripeté. — Va tutto bene. Va tutto bene. — Ma poi, ad un tratto, avvertì un fremito di terrore immotivato nel profondo di se stessa: capì cosa provava Octavo, e comprese che non andava affatto tutto bene.
La mattina della Caccia trovò gli Yrarier colmi di un’angoscia strana, ma riluttanti a mostrarla, e ancor più a condividerla. Dopo una notte quasi del tutto insonne, Marjorie si alzò di buonora, percorse la galleria che conduceva alla cappella, e partecipò alla messa. Ritornata nella villa, trovò il marito in sala da pranzo e ammise il proprio nervosismo. Pur fingendosi calmo, Rigo era ansioso come un fantino prima della corsa. Tony invece si sentiva solo, come lasciò intendere chiaramente salutando con grande trasporto i genitori e indugiando lievemente ad abbracciare la madre. Sdegnosa, Stella non manifestò alcun affetto: semisvestita, imprecò e minacciò rabbiosamente contro la pace e la tranquillità di Grass: — Sarà terribile! Ho quasi deciso di non partecipare! Perché mai non…
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