Dopo una breve ricerca ai margini della foresta, il serafino inviò una pattuglia nella palude. Al ritorno, fradici sino alle cosce, i soldati non rammentarono di aver veduto nulla. Anche gli occhi-spia inviati nel buio labirinto di liane non avevano scoperto nulla, o meglio, coloro che ne avevano ricevuto le immagini sugli schermi degli elmetti erano sicuri di non aver visto niente. La conclusione fu che, se si era addentrato nella palude, il vecchio frate era sicuramente annegato da un pezzo.
Mentre i loro commilitoni perlustravano la foresta, i soldati rimasti in città furono accolti con allegra e cordiale ospitalità: mangiarono dolci e oca arrosto, bevvero boccali di birra, e continuarono la loro ricerca con crescente trascuratezza fino a sera, senza concludere nulla. Il serafino stesso, che era molto esperto nell’ostentare la propria appartenenza alla Santità e non perdeva occasione per far sfoggio di dotte citazioni e parabole religiose, trovò fra i cittadini una così lusinghiera attenzione che cominciò davvero a divertirsi, anche se, come confessò a tutti, si sarebbe sentito molto più tranquillo se avesse potuto disporre di alcune centinaia di santi, anziché di poche decine. Secondo la brava gente del Comune, infatti, sul pianeta esistevano alieni ostili che avevano già scavato un passaggio sotterraneo sotto la foresta.
— Non avete sismografi? — chiese il serafino — Potreste usarli per scoprire in tempo gli scavi degli alieni.
— Non esistono terremoti su Grass — spiegò Roald Few. — Le vibrazioni del suolo più intense che si verificano sono quelle prodotte dalle danze degli Hippae.
Il serafino, che si sentiva particolarmente gioviale, scosse la testa: — Vi manderò io qualche sismografo di tipo standard, di quelli che usiamo per localizzare gli artieri che scavano gallerie di mina. Andranno benissimo per le vostre necessità.
— Dovremo collocarli qua in città? — chiese Alverd.
Con l’indice, il serafino tracciò una mappa sulla tovaglia: — Direi qua, a nord, a due terzi della distanza che separa la città dalla foresta. Direi circa una dozzina, disposti a semicerchio. Il ricevitore potrete tenerlo in città, dove vorrete: la Capitaneria, per esempio, andrebbe benissimo. Così almeno vi accorgerete quando gli alieni cominceranno a scavare! — E fece un sorriso beato, fiero di se stesso per essere stato d’aiuto.
Allora Alverd scambiò un’occhiata con Roald, come per dire: Benissimo, lo sapremo. Ma a cosa diavolo ci servirà saperlo?
Intanto, a bordo della Israfel , il vecchio Prelato era inquieto. Secondo gli analizzatori, era possibile che durante il primo interrogatorio gli Yrarier avessero mentito, perciò egli si era convinto di essere stato almeno parzialmente ingannato. Ma durante il secondo interrogatorio Rigo e Marjorie, sempre secondo gli analizzatori, avevano detto la verità e avevano fatto del loro meglio per aiutarlo, mentre Granbravone e Admit bon Maukerden avevano dimostrato di essere bugiardi inveterati fin dalla nascita. Eppure gli Yrarier non appartenevano alla Santità, né sembravano particolarmente intelligenti. Quanto alla faccenda degli Ammuffiti, non poteva certo essere vera: la Santità aveva preso troppe precauzioni per nascondere l’esistenza della peste. Senza dubbio gli Yrarier avevano frainteso le dichiarazioni di frate Mainoa.
Il predecessore di Cory Strange aveva scelto gli Yrarier perché erano suoi parenti, oltre che atleti, ma aveva sbagliato, perché gli atleti in genere non erano certo famosi per la loro intelligenza. Avrebbe dovuto mandare qualcuno più perspicace, più astuto, e senza attendere proprio l’ultimo momento.
Continuare a tener prigionieri gli Yrarier sarebbe del tutto inutile , pensò il Prelato, in conclusione. Non mi resta che recarmi di persona su Grass. Nella navetta che ho fatto appositamente isolare non correrò alcun rischio. Sono certo che dopo si scoprirà qualcosa, o succederà qualcosa!
Tuttavia, proprio quando stava per partire, il Prelato ricevette un messaggio con cui il serafino lo avvertiva che sarebbe stato pericoloso recarsi su Grass non soltanto a causa della peste, bensì anche per la presenza di mostri enormi e feroci che sembrava stessero progettando di invadere l’astroporto.
Questa ulteriore frustrazione bastò a scatenare uno dei rari ma violentissimi accessi di collera cui andava soggetto il Prelato. Atterriti, alcuni novizi che in precedenza erano a malapena sopravvissuti a questi furori, agirono senza perdere tempo: il medico personale somministrò un farmaco di emergenza al Prelato, che subito si addormentò. Allora tutti sospirarono di sollievo. Così, il sonno di Cory Strange si protrasse per alcuni giorni, e nessun ordine fu impartito per la liberazione degli Yrarier.
Seguendo le istruzioni del serafino, Persun, Sebastian e Roald installarono i sismografi nei prati a settentrione della città. Il procedimento era semplice: conficcare un tubo sottile nel terreno mediante una trivella meccanica; inserire nel tubo un congegno fornito di una lunga antenna; avvitare il trasmettitore in cima.
— Non si può sbagliare — aveva garantito il serafino. — È necessario che sia così, visto che all’occorrenza l’operazione deve essere svolta da soldati inesperti, è semplice: uno, conficcare; due, inserire; tre, avvitare.
Senza dubbio erano congegni semplici, ma anche pesanti. Fu necessario un aeromobile per trasportarne una dozzina di sismografi e una ingombrante trivella. L’installazione cominciò all’estremità occidentale del semicerchio da coprire, poi proseguì verso settentrione, parallelamente al margine della foresta.
Era trascorso quasi tutto il giorno, sette sismografi erano stati installati, e il gruppetto stava deviando ad oriente, quando Persun si ombreggiò gli occhi con una mano: — C’è qualcuno nei guai, lassù.
Interrompendo il lavoro, udirono tutti lo sputacchiare di un motore che perdeva colpi. I silenzi erano così lunghi fra un rumore e l’altro, che sembravano le pause nel respiro di un agonizzante: proprio quando pareva che si fosse guastato irrimediabilmente, il motore ripartiva.
Finalmente un aeromobile comparve appena sopra gli alberi e si avvicinò lentamente, sbandando e sussultando. Appena oltre il margine della foresta, perse quota, riprese quota, infine precipitò, atterrando violentemente a meno di cento yarde dalla palude.
Senza esitare, Persun e Sebastian partirono di corsa, seguiti più lentamente da Roald. Sulle prime non provenne alcun segno di vita dall’aeromobile, infine il portello si aprì con uno stridio di metallo torturato e un Frate Verde uscì, intontito, tenendosi la testa fra le mani. Altri dieci o dodici monaci lo seguirono e si lasciarono cadere al suolo, spossati.
Il primo a raggiungerli fu Persun: — Il mio nome è Pollut — si presentò. — Possiamo mandare alcuni velivoli a prendervi, giacché il vostro sembra ormai inservibile.
Il frate più vecchio si alzò a fatica e offrì la mano: — Sono il priore Laeroa. Siamo rimasti nei pressi del Monastero con l’intento di raccogliere eventuali superstiti, ma evidentemente abbiamo indugiato troppo. Il carburante ci è bastato a malapena.
— Siamo sorpresi di vedervi — confessò Sebastian. — Il Monastero era completamente distrutto dal fuoco.
Laeroa si passò le dita tremanti sul viso: — Quando è giunta la notizia dell’assalto a Collina d’Opale e alle altre estancia, abbiamo suggerito al priore Jhamlees Zoe di evacuare il Monastero, ma lui ha sostenuto che gli Hippae non avevano nulla contro i Frati Verdi. Ho cercato invano di spiegargli che gli Hippae non avevano bisogno di alcun pretesto per uccidere. — Barcollò, fu subito sostenuto da un giovane monaco, e dopo un momento proseguì con voce limpida, come se parlasse dal pulpito: — Zoe non ha mai tollerato le discussioni e non ha mai voluto intendere ragione, perciò questi fratelli ed io abbiamo sempre dormito, da allora, nell’aeromobile.
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