Scanyon fece una smorfia. — Capisco ciò che intende dire: ha ragione, ma ho anch’io qualcosa da obiettare. Ricorda ciò che ha dichiarato questa notte, maggiore Carpenter? A proposito dell’opportunità di non interrompere troppo bruscamente la modificazione del comportamento.
Sulie disse: — Roger è in una fase massima stabilizzata, generale. Se potessi averlo a disposizione per altri sei mesi, capirei. Cinque giorni, no: il rischio è superiore al beneficio. Ha trovato un interesse autentico nella sua chitarra… dovrebbe sentirlo. Ha creato ottime difese strutturali per quanto riguarda la mancanza degli organi sessuali. Ha persino dimostrato molto spirito d’iniziativa scappando ieri sera… è stato un passo avanti molto importante, generale: il suo profilo era troppo passivo, tenendo conto delle esigenze della missione. Ripeto che dobbiamo rallentarlo subito.
— E io ripeto che ho bisogno ancora di un po’ di tempo, — scattò Brad. — Forse Sulie ha ragione. Ma ho ragione anch’io, e se sarà necessario, mi rivolgerò al presidente.
Scanyon fissò pensoso Brad, poi si guardò intorno. — Altri commenti?
Intervenne Don Kayman. — Per quel che può valere, sono d’accordo con Sulie. Roger non è felice, per quanto riguarda sua moglie, ma non è neppure molto scosso. Questo è un posto che per lui va bene quanto qualunque altro.
— Già, — disse Scanyon, battendo di nuovo le mani sul piano della scrivania, delicatamente. Poi aggiunse: — C’è qualcosa che nessuno di voi sa. La vostra simulazione per Roger non è la sola che sia stata eseguita recentemente. — Guardò in faccia i presenti, uno ad uno, e disse, sottolineando ogni parola: — È una cosa di cui non dovrete parlare con nessuno , fuori da questa stanza. Gli asiatici ne stanno preparando una anche loro. Si sono inseriti clandestinamente nei nostri circuiti del 3070, tra qui e gli altri due computer, e hanno rubato tutti i dati: e se ne sono serviti per preparare una loro simulazione.
— Perché? — domandò Dan Kayman, precedendo di una frazione di secondo gli altri.
— È quel che vorrei sapere anch’io, — disse Scanyon, pesantemente. — Non interferiscono affatto. Non ce ne saremmo neppure accorti se un normale controllo delle linee non avesse portato alla scoperta dell’intercettazione… e poi è successo qualcosa, a Pechino, nello stile dei romanzi di cappa e spada, di cui non so niente e non voglio saper niente. Non hanno fatto altro che leggere tutto quanto e preparare un loro programma. Non sappiamo in che modo intendano servirsene: però c’è stata una sorpresa. Subito dopo, hanno smesso di protestare contro il lancio. Anzi, ci hanno messo a disposizione il loro satellite in orbita intorno a Marte per facilitare la telemetria della missione.
— Io non mi fiderei! — insorse Brad.
— Beh, non ci fideremo molto del loro satellite, su questo potete scommettere. Ma il fatto resta: dicono che vogliono anche loro il successo della missione. Bene, — aggiunse il generale, — è solo una complicazione in più, ma tutto si riduce a un’unica decisione da prendere, giusto? Devo decidere se mettere o no Roger in attesa. Okay, lo farò. Accetto la sua raccomandazione, maggiore Carpenter. Spieghi a Roger cosa intendiamo fare, e gli dica tutto quello che secondo lei e il dottor Ramez è più opportuno. In quanto a lei, Brad… — Alzò una mano per prevenire le proteste dell’interessato. — So quel che vorrebbe dire. Sono d’accordo. Roger ha bisogno di restare ancora con lei. Bene, provvedo subito. Le ordino di partecipare alla missione. — Tirò a sé un foglio di carta, e cancellò un nome sull’elenco. — Lascerò a terra uno dei piloti, per far il posto a lei. Ho già controllato. Andrà tutto bene, con i sistemi di guida automatici e il fatto che tutti voi avete una certa preparazione come piloti. Ecco l’elenco definitivo dell’equipaggio per il lancio a Marte: Torraway, Kayman, il generale Hesburgh come pilota… e lei.
Brad protestò. Fu solo un riflesso condizionato. Quando l’idea mise radici, l’accettò. Ciò che aveva detto Scanyon era vero: e inoltre Brad si rese immediatamente conto che sarebbe stato un bene per la sua carriera se avesse partecipato personalmente alla missione. Sarebbe stato un peccato lasciare Dorrie, e tutte le altre Dorrie, ma ne avrebbe trovate tante al suo ritorno…
E tutto il resto venne naturalmente, come alla notte segue il giorno. Quella fu l’ultima decisione. Tutto il resto, ormai, era solo parte della realizzazione pratica. A Merritt Island, cominciarono a rifornire di carburante il razzo vettore. Le navi addette al recupero vennero messe in posizione nei vari punti dell’Atlantico, nell’eventualità di un insuccesso. Brad venne inviato in aereo all’isola per farsi adattare le tute, in compagnia di sei ex astronauti incaricati di aggiornarlo per quanto era possibile nel tempo a disposizione. Tra i sei c’era anche Hesburgh, bassotto, sicuro di sé e sorridente, con un’aria che ispirava tranquillità. Don Kayman si prese dodici ore di licenza per accommiatarsi dalla sua suorina.
Noi eravamo molto soddisfatti. Eravamo soddisfatti della decisione di far partecipare anche Brad alla missione. Eravamo soddisfatti delle estrapolazioni delle linee di tendenza, che ogni giorno mostravano risultati sempre più positivi circa l’effetto del lancio sull’opinione pubblica e sugli eventi mondiali. Eravamo soddisfatti dello stato d’animo di Roger. Ed eravamo soddisfatti soprattutto della simulazione di Roger effettuata dalla Nuova Asia Popolare: infatti, era essenziale per i nostri piani per la salvezza della razza.
CAPITOLO TREDICESIMO
QUANDO PASSIAMO IL PUNTO DEL NO-RETURN
Il lungo volo a Marte nell’orbita di Hohnmann richiede sette mesi. Tutti gli altri astronauti, cosmonauti e sinonauti li avevano trovati molto noiosi. Ogni giorno aveva 86.400 secondi da riempire, e c’era molto poco per riempirli.
Roger era diverso da tutti gli altri, sotto due punti di vista. In primo luogo, era il passeggero più prezioso che avesse mai portato un’astronave. Dentro e intorno al suo corpo c’erano i frutti di sette miliardi di dollari, spesi per il Progetto Man Plus. Nella misura del possibile, egli doveva essere risparmiato.
In secondo luogo, egli poteva essere risparmiato.
I suoi orologi fisiologici erano stati isolati. La sua percezione del tempo era quella che gli diceva il computer.
Lo rallentarono gradualmente, all’inizio. Cominciò a sembrargli che gli altri si muovessero un po’ più vivacemente. L’ora del pasto arrivava prima che lui se l’aspettasse. Le voci diventarono più acute.
Quando Roger si abituò bene a tutto questo, aumentarono il ritardo dei suoi sistemi. Le voci divennero stridii incomprensibili, e poi sfuggirono completamente alla sua percezione. Quasi non vedeva gli altri, se non come guizzi velocissimi. Isolarono la sua stanza… non per impedirgli di scappare, ma per proteggerlo dalla rapida transizione dal giorno alla notte. Davanti a lui apparivano piatti di cibi a temperatura ambiente, stile picnic. Quando cominciava a spingerli lontani da sé per indicare che aveva finito o che non li voleva, i piatti sparivano.
Roger sapeva cosa gli stavano facendo. Non gli dispiaceva. Accettava le assicurazioni di Sulie: era un bene per lui, gli era necessario, perciò andava bene. Pensava che avrebbe sentito la mancanza di Sulie, e cercava un sistema per dirglielo. Un mezzo c’era, ma tutto si svolse così rapidamente: alcuni messaggi vennero tracciati col gesso, come per magia, su una lavagna davanti a lui. Quando rispondeva, le risposte gli venivano strappate via e cancellate, prima che egli fosse veramente sicuro di aver finito:
COME TI SENTI?
Prendi il gesso, scrivi una parola.
BENE
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