Cominciai coi film di Busby Berkeley, per quanto fossero poveri di ballo, e la trovai a ballare il tip tap senza musica in La danza delle luci e nel gran finale di Quarantaduesima strada , ma nient’altro. Ottenni risultati migliori (e, a quanto sembrava, anche lei) coi film che non erano di Busby. Cappelli in aria , dove ovviamente portava il cappello, e Show of Shows e Too Much Harmony , dove interpretava Buckin’ in the Wind , un numero pensato per Marilyn, in reggicalze e gonna bianca che le si gonfiava attorno alle gambe. Era anche in Nata per danzare , però come ballerina di fila, e non riuscii a rintracciarla in altri film di Eleanor Powell.
Mi occorse una settimana per finire i bianco e nero, e per tutto quel periodo non riuscii a contattare Hedda, e lei non mi chiamò. Quando alla fine il mio computer fece bip , non aspettai nemmeno di vedere la sua faccia. — Hai saputo qualcosa? — chiesi.
— Ho saputo sì! — rispose Mayer, sussultando. — Sono tre settimane che non mandi un film! Io volevo consegnare tutto il pacchetto al mio boss alla riunione della settimana prossima, e tu stai perdendo tempo con Sol levante , che non è neanche sull’elenco!
Il che significava che Vincent stava interpretando il ruolo di Joe Spinell, il soffia, in Il Padrino II.
— Avevo bisogno di sostituire un paio di scene — dissi. — Troppi elementi visivi per poter cancellare. Una delle due è una scena di ballo. Tu per caso conosci qualcuno che sappia ballare? — Lo scrutai, in cerca di un segno, di un’indicazione che lui ricordasse Alis, la conoscesse, e se la fosse voluta scopare talmente tanto da incollare la sua faccia su una dozzina di ballerine. Niente. Nemmeno una pausa nei sussulti.
— Un po’ di tempo fa è venuta una faccia a un paio di party — continuai. — Molto carina, capelli castano chiaro. Voleva ballare nei film.
Niente. Mayer non c’entrava.
— Lascia perdere le ballerine — disse. — Lascia perdere L’uomo che visse nel futuro. Togli il maledetto alcol “e basta”! Voglio quel che resta dell’elenco finito per lunedì, o non lavorerai mai più per l’ILMGM!
— Può contare su me, signor Potter — risposi, e gli lasciai dire che mi avrebbe bloccato il conto.
— Ti voglio sobrio! — urlò. Stranamente, lo ero.
Tolsi la Ninna nanna del liquore distillato di frodo da Anna, prendi il fucile e i narghilè da Il mendicante di Baghdad per fargli vedere che gli avevo dato retta, poi cominciai a passare in rassegna gli anni Quaranta in cerca di alcol e di Alis: due piccioni con una fava. Lei era in Ribalta di gloria e in un numero di I ragazzi di Broadway , dove indossava lo stesso scamiciato della sera che era venuta a chiedermi i dischi ottici.
Hedda entrò mentre stavo guardando Tre ragazze in blu , che conteneva molte gonne gonfie e Vera-Ellen, ma non Alis.
— Ho trovato il dirigente — disse. — Adesso lavora per la Warner. Dice che stanno considerando la possibilità di assorbire l’ILMGM.
— Come si chiama?
— Non ha voluto dirmi niente. Dice che non hanno prodotto Ovunque nel tempo perché non sono riusciti a decidere se farlo con Vivien Leigh o Marilyn Monroe.
— Gli parlerò io. Come si chiama?
Hedda esitò. — Ho parlato anche con i techno. Hanno detto che l’anno scorso hanno trasmesso immagini facendole passare attraverso una regione di antimateria e hanno riscontrato interferenze che hanno interpretato come una discrepanza temporale, ma non sono riusciti a duplicare i risultati e adesso pensano che si trattasse di trasmissioni da un’altra fonte.
— Una discrepanza temporale grande quanto? — chiesi.
Lei prese un’aria poco allegra. — Ho chiesto se siano in grado di duplicare i risultati, di spedire una persona indietro nel passato, e mi hanno detto che se anche funzionasse parlavano solo di elettroni, non di atomi, e che è impossibile che un essere vivente sopravviva a una regione di antimateria.
Ma il peggio doveva ancora venire. Hedda era ferma accanto alla porta, come Clara Bow in Ali , riluttante a darmi la cattiva notizia.
— L’hai trovata in altri film? — mi chiese.
— Sei. E se non si è servita del viaggio nel tempo, deve essere entrata nello schermo come Mia Farrow. Perché non sono copia-e-incolla. E Mayer non c’entra.
— C’è un’altra spiegazione. — Il tono di Hedda era tutt’altro che felice. — Per un po’ tu sei rimasto completamente fuori. Uno dei film che ho visto parlava di un alcolizzato.
— Giorni perduti. Ray Milland. — Avevo già afferrato l’antifona.
— Quando beveva, aveva vuoti di memoria. Faceva cose che poi non riusciva a ricordare. — Hedda mi guardò. — Tu conoscevi la sua faccia. E avevi gli accessi.
DANA ANDREWS: [Chino sulla scrivania del sergente di polizia] Non è stata lei, glielo dico io.
BRODERICK CRAWFORD: Davvero? Allora chi è stato?
DANA ANDREWS: Non lo so, ma so che non può essere stata lei. Non è quel tipo di ragazza.
BRODERICK CRAWFORD: Be’, qualcuno è stato. [Socchiudendo sospettoso gli occhi] Magari è stato lei. Lei dov’era quando hanno ucciso Carson?
DANA ANDREWS: Stavo facendo una passeggiata.
Era la spiegazione più probabile. Io ero un esperto di copia-e-incolla. E la sua faccia mi era rimasta impressa nella mente da quando avevo avuto il flash. E avevo un accesso da dirigente di studio. Movente e occasione.
Desideravo Alis, e lei desiderava ballare nei film, e nel meraviglioso mondo della CG tutto è possibile. Ma se fossi stato io, non le avrei dato due miserabili minuti in un balletto. Avrei cancellato Doris Day e i suoi denti e permesso ad Alis di ballare davanti agli specchi di quella grande sala. Se avessi conosciuto il numero, il che non era. Non avevo mai nemmeno visto Tè per due.
Oppure “non ricordavo” di averlo visto. Subito dopo l’episodio dello scivolo, Mayer mi aveva accreditato i soldi per una mezza dozzina di western che non ricordavo di avere ripulito. Ma se fossi stato io, non l’avrei infilata in una di quelle stupide gonne gonfie. Non l’avrei fatta ballare con Gene Kelly.
Avevo messo un controlla-e-avverti su Fred Astaire e Cenerentola a Parigi. Lo spostai su Balla con me e chiesi un rapporto sulla causa. La decisione del tribunale era vicina, ma si attendeva una controazione legale, e anche la SSF stava pensando di intervenire.
La Società per la Salvaguardia dei Film. Registrava automaticamente ogni minimo cambiamento, e gli studios non avevano alcun controllo sulla Società. Mayer non era riuscito a farmi scavalcare tutti quei codici perché erano parte integrante del sistema di trasmissione via cavo a fibre ottiche. Se si trattava di un incollaggio, doveva risultare nei loro archivi.
Chiamai i file della SSF e chiesi i dati su Sette spose.
Leguleio. Mi ero dimenticato che c’era una causa in corso. — Cantando sotto la pioggia — dissi.
C’erano le cancellazioni che avevo fatto alla scena del party, assieme a un’altra che non era opera mia. — Fotogramma 9-106 — c’era scritto, con le coordinate e i dati. Il bocchino di Jean Hagen. Lo aveva fatto scomparire la Lega Antifumo.
— Tè per due. — Tentai di ricordare i numeri di fotogramma della scena del charleston, ma era superfluo. Sullo schermo non c’era scritto niente.
Col che restava il viaggio nel tempo. Mi rimisi al lavoro sui musical, ripetendo: — Il prossimo, per favore — ai numeri di conga e alle file di ballerini e a un orribile numero con un bianco che aveva faccia e mani tinte di nero. Incredibile che nessuno lo avesse ancora cancellato. Alis era in Cancan e in Susanna agenzia squillo , entrambi girati nel 1960. Non mi aspettavo di trovare molto dopo quella data. In quegli anni, il musical era diventato una faccenda da grandi budget, il che significava acquistare i diritti degli spettacoli di Broadway e farli interpretare sullo schermo da campioni d’incasso come Audrey Hepburn e Richard Harris, cioè gente che non sapeva né cantare né ballare, e per nascondere quella verità i numeri musicali venivano semplicemente eliminati. Dopo di che, il musical si era dedicato alle grandi questioni sociali. Come se fosse stato necessario piantare qualche altro chiodo sulla bara.
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