Specialmente quando si ha ragione. Non si può semplicemente entrare in uno schermo cinematografico come Mia Farrow in La rosa purpurea del Cairo e prendere il posto di Virginia Gibson. Non si può attraversare uno specchio come Charlotte Henry e ritrovarsi a ballare con Fred Astaire.
Anche se si può dare l’impressione di farlo. È un gioco di luci, tutto qui, e trucco, e troppo liquore, troppo klieg; e l’unica cura possibile era seguire gli ordini di Hedda, pisciare, bere un sacco d’acqua, cercare di dormire.
— Three Sailors and a Girl — dissi, e aspettai che qualcuno mi svelasse il trucco.
Movimento lento di macchina dallo schermo del computer all’orologio, che segna le 4.58, poi di nuovo primo piano del computer. Sullo schermo ballano marinai. Movimento lento fino all’orologio che segna le 7.22.
— Ti senti meglio? — chiese Hedda. Era seduta sul letto, con un bicchiere d’acqua in mano. — Te l’avevo detto che il ridigaine è duro.
— Vero. — Dovetti chiudere gli occhi al bagliore della luce riflessa dal bicchiere.
— Bevi questa — disse lei, e mi infilò una cannuccia in bocca — Come va la voglia di alcol? Brutta?
Non mi andava di bere niente, acqua compresa.
— No.
— Sicuro? — Hedda era sospettosa.
— Sono sicuro. — Riaprii gli occhi, e, visto che non succedeva niente, cercai di mettermi a sedere.
— Perché ci hai messo tanto?
— Dopo avere trovato Cenerentola a Parigi sono andata a parlare con un dirigente dell’ILMGM. Avevi ragione, Mayer non c’entra. Ha giurato di smetterla con le squinzie. Sta cercando di convincere Arthurton di essere il tipo più a posto di questo mondo.
Mi infilò di nuovo la cannuccia sotto il naso. — Ho parlato anche con uno dei techno. Dice che è impossibile inserire scene live nella roba che passa sul cavo senza avere gli accessi. Dice che ci sono un sacco di blocchi e crittografie e chiavi d’identificazione. Dice che sono così tante che nessuno, nemmeno il più in gamba dei techno, riuscirebbe ad aggirarle.
— Lo so. — Appoggiai la testa alla parete. — È impossibile.
— Ti senti in condizione di guardare il disco?
Non mi ci sentivo, ed era del tutto inutile, ma Hedda inserì il disco e guardammo Fred ballare in cerchio a Parigi, attorno ad Audrey Hepburn.
Comunque, il ridigaine a qualcosa serviva. Fred eseguiva piroette a tempo di swing, batteva i piedi con la massima naturalezza, a braccia tese, ma io non avvertivo nemmeno il più vago sintomo di flash o di sfocatura. Mi faceva ancora male la testa, però non sentivo più rimbombi cupi nel cranio. Erano stati sostituiti da un cupo silenzio che pareva il residuo di un flash e possedeva la stessa indiscutibile nettezza, la stessa chiarezza fotografica.
Ero certo che Alis non avrebbe mai ballato in quel film, fatto di passi moderni e numeri a due con le minuziose coreografie studiate da Fred per dare l’impressione che Audrey Hepburn fosse una ballerina migliore di quel che era. Di sicuro, quando fosse apparsa Virginia Gibson sarebbe stata Virginia Gibson, che somigliava tanto ad Alis.
Ed ero certo che se avessi richiamato Un giorno a New York e Tè per due e Cantando sotto la pioggia avrei ritrovato Alis. Per quanto il cavo a fibre ottiche potesse essere sicuro, per quanto fosse impossibile.
Spuntò Virginia Gibson. Indossava un vestito da morire dalle risate: l’idea di Hollywood dell’abito di alta sartoria. — Non la vedi, eh? — chiese Hedda, ansiosa.
— No — risposi, guardando Fred.
— Questa Virginia Gibson somiglia davvero molto ad Alis — disse Hedda. — Vuoi riprovare con Sette spose per sette fratelli , tanto per rassicurarti?
— Sono già sicuro.
— Bene. — Lei si alzò, decisa. — La cosa più importante da fare adesso che ti sei ripulito dall’alcol è tenerti occupato, così non penserai alla voglia di bere, e comunque devi darti da fare con l’elenco di Mayer prima che lui torni, e stavo pensando che magari potrei darti una mano. Ho guardato un sacco di film, e potrei dirti quali contengono sostanze che danno assuefazione e in quali punti si trovano. Il colore viola ha una scena con un locale dove…
— Hedda — dissi.
— E “dopo” che avrai finito con quella lista, magari tu e io potremmo farci assegnare da Mayer un vero remake. Adesso che siamo puliti tutti e due. Una volta mi hai detto che potrei essere una grande assistente ai set, e ho guardato un sacco di film. Saremmo una grande squadra. Tu potresti provvedere alla CG…
— Devi fare una cosa per me — le dissi. — C’era un dirigente della ILMGM che veniva sempre ai party e usava il viaggio nel tempo come trucco per abbordare squinzie. Devi scoprire come si chiama.
— Viaggio nel tempo? — ripeté Hedda, perplessa.
— Ha detto che erano vicini “così” a scoprire il viaggio nel tempo. Continuava a parlare di linee temporali parallele.
— Hai detto che non era lei in Cenerentola a Parigi. — Voce lenta, parole strascicate.
— Quello continuava a parlare di un remake di L’uomo venuto dall’impossibile.
Lei era ancora stupefatta. — Pensi che Alis sia tornata indietro nel tempo?
— Non lo “so” — dissi, e l’ultima parola fu un urlo. — Forse ha trovato un paio di babbucce magiche, forse è entrata nello schermo come Buster Keaton in Calma, signori miei! Non lo “so”!
Gli occhi di Hedda erano gonfi di lacrime. — Però continuerai a cercarla, vero? Anche se è impossibile — disse, amareggiata. — Come John Wayne in Sentieri selvaggi.
— E ha trovato Natalie Wood, no? Non l’ha trovata? — Ma Hedda era già uscita.
SCENA DI MONTAGGIO: Niente colonna sonora. L’EROE, seduto al computer col mento sulla mano, ripete “Il prossimo, per favore” e i numeri di ballo sullo schermo cambiano. Hula, ritmo latino, picnic in riva al mare, l’idea di Hollywood di un balletto, ballo di barboni, ballo acquatico, bambole che ballano.
L’alcol non era ancora stato eliminato del tutto dal mio corpo. Mezz’ora dopo l’uscita di Hedda, l’emicrania tornò più feroce di prima. Richiamai Due marinai e una ragazza (o era Due ragazze e un marinaio ?) e dormii per due giorni di fila.
Quando mi alzai espulsi diversi litri di piscio, poi controllai se Hedda mi avesse chiamato. No. Tentai di chiamarla io, poi provai con Vincent, e ricominciai coi lilm.
Alis era in I Love Melvin e interpretava, ovviamente, la parte della ballerina di fila che cerca di sfondare nel cinema, e in Torna con me e Due settimane d’amore. La trovai in due film di Vera-Ellen, che guardai due volte, convinto che mi stesse sfuggendo un indizio importante, e in Femmine bionde , di nuovo al posto di Virginia Gibson in un numero di tip tap con Gene Nelson e Virginia Mayo.
Rintracciai Vincent e gli chiesi cosa fossero le linee temporali parallele. — È per Sol levante ? — domandò lui, sospettoso.
— L’uomo che visse nel futuro. Paul Newman e Julia Roberts. “Cos’è” una linea temporale parallela? — e ottenni un diluvio di probabilità e causalità e universi paralleli.
— Ogni evento ha dieci, cento, mille possibili risultati finali — disse Vincent. — La teoria è che esista un universo nel quale ogni possibile risultato si è concretizzato.
Un universo nel quale Alis riesce a ballare nei film, pensai. Un universo nel quale Fred Astaire è ancora vivo e la rivoluzione CG non c’è mai stata.
Avevo controllato esclusivamente i musical girati negli anni Cinquanta. Ma se esistevano linee temporali parallele, e se Alis aveva trovato modo di entrare e uscire da quegli altri universi, non c’era motivo di non poterla trovare in musical realizzati dopo. O prima.
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