Be’, quello tagliava la testa al toro. Quando il tribunale avesse deciso che era lecito fare a pezzettini Russ Tamblyn, io sarei stato libero dalla chocha e in grado di vedere una ragazza che semplicemente somigliava ad Alis, o nemmeno quello. Un giochetto di luci e trucco.
Ed era inutile strascicare i piedi in un altro pantano di musical per metterci una pietra sopra. Ogni somiglianza era puramente alcolica, e io dovevo fare quel che consigliava Doc Hedda, sdraiarmi e aspettare che passasse. E poi ricominciare a farmi a pezzettini, Dovevo richiamare Notorious e farla finita con quello.
— Tè per due — dissi.
Tè era un film con Doris Day. Mi chiesi se Doris fosse sull’elenco di cattive ballerine di Alis. Se lo sarebbe meritato. Se la cavicchiava a stento, tutta sorrisi a trecentosessanta gradi, in una routine di tip tap con Gene Nelson; se ne stava in una sala prove per la quale Alis avrebbe ucciso: un’enorme quantità di spazio libero e specchi e niente banchi accatastati. C’era una terribile versione in stile latino di Crazy Rhythm , Gordon MacRae che cantava I Only Have Eyes for You , e poi il grande numero di Virginia Gibson.
Ed era del tutto indiscutibile che non fosse Alis. Coi capelli sciolti, non le somigliava nemmeno più di tanto. O forse il ridigaine stava facendo effetto.
Il numero incarnava l’idea hollywoodiana del balletto: altro chiffon e una quantità di piroette, non certo il tipo di cosa che avrebbe potuto interessare ad Alis. “Se” avesse studiato balletto a Meadowville, non solo jazz e tip tap, ma non lo aveva studiato, e invece Virginia evidentemente sì, quindi Alis non era Virginia, e io non ero più sbronzo, e dovevo ricominciare a mettermi all’opera sulle bottiglie.
— Avanti a 64 al secondo — dissi, e guardai Doris sorridere per tutto il numero che dava il titolo al film, con una ripetizione superflua. Il numero successivo era di quelli di lusso, con un sacco di ballerini. Virginia non c’era, così cominciai con l’avanti veloce e poi mi fermai.
— Torna all’inizio della musica — dissi, e guardai il numero, tenendo il conto dei fotogrammi. Una coppia di biondi si portò avanti, eseguì una serie di passi, e indietreggiò, e un tizio coi capelli neri e una rossa in gonna a scacchi si fecero avanti e si lanciarono in un charleston, affiancati. Lei aveva capelli ricci e una camicetta coi bottoni sul davanti. I due appoggiarono le mani sulle ginocchia ed eseguirono i loro frenetici movimenti. — Fotogramma 75-005, avanti a 12 al secondo — dissi, e guardai la routine al rallentatore.
— Ingrandisci quadrante 2 — e vidi la rossa riempire lo schermo, per quanto non ci fosse alcun bisogno dell’ingrandimento, o nemmeno del rallentatore. Nessun dubbio sulla sua identità.
L’avevo saputo nell’istante in cui l’avevo vista, come mi era successo con la scena della costruzione del fienile, e non era l’alcol (che mi sarebbe rimasto in corpo come minimo per altri quindici minuti) o il klieg, o una vaga somiglianza sottolineata dalla cipria e dalla matita per gli occhi. Era Alis. Il che era impossibile.
— Ultimo fotogramma — dissi, ma quelli erano i Cari Vecchi Giorni: le ballerine di fila non comparivano nei titoli, e la data del copyright andava decifrata. MCML. 1950.
Tornai indietro per l’intero film, fermando i fotogrammi e chiedendo l’ingrandimento tutte le volte che intravedevo capelli rossi, ma non la rividi. Diedi l’avanti veloce fino al charleston e guardai di nuovo, cercando di formulare una teoria.
Okay. Il techno l’aveva spedita nel 1950 (no, sbagliato; la data del copyright era quella della distribuzione del film; l’aveva spedita nel 1949) e lei aveva atteso quattro anni, facendo la ballerina di fila e ingraziandosi Virginia Gibson, aspettando l’occasione buona per tirarle un colpo alla testa, nasconderla dietro il set e prendere il suo posto in Sette spose. Per poter talmente colpire il produttore di Cenerentola a Parigi con le sue doti di ballerina da spingerlo a offrirle una parte, e finalmente era riuscita a ballare con Fred, anche se magari in un numero da due soldi.
Non me la sarei bevuta nemmeno se fossi stato pieno di chocha. Ma era lei, quindi doveva esserci una spiegazione. Forse tra un numero di fila e l’altro Alis era stata scritturata come corpocaldo. A quei tempi succedeva. Le chiamavano controfigure, e magari lei era diventata la controfigura di Virginia Gibson perché si assomigliavano, e Alis aveva pagato Virginia perché le lasciasse prendere il suo posto per un solo numero, o aveva fatto in modo che Virginia quel certo giorno non si presentasse alle riprese. Anne Baxter in Eva contro Eva. O magari Virginia aveva problemi con l’alcol, e quando si era presentata ubriaca Alis aveva dovuto sostituirla.
Non era una teoria molto migliore. Richiamai il menu. Se Alis aveva ottenuto una scrittura come ballerina di fila, poteva averne ottenute altre. Passai in rassegna i musical, cercando di ricordare quali avessero numeri con ballerine di fila. Cantando sotto la pioggia ne aveva uno. La scena del party dalla quale avevo tolto tutto lo champagne.
Richiamai il registro dei cambiamenti per trovare il numero del fotogramma e corsi in avanti veloce nella completa assenza di champagne, fino al punto in cui Donald O’Connor diceva: “A un party bisogna proiettare un film. È la legge di Hollywood”. Arrivai all’inizio del numero con le ballerine.
Ragazze in gonne rosa e cappello si precipitavano in primo piano accompagnate dalla musica di You Are My Lucky Star e da un pessimo angolo di ripresa. Avrei dovuto chiedere un ingrandimento per vedere bene le facce. Ma non ce n’era alcun bisogno. Avevo trovato Alis.
Ed era possibile che avesse comprato coi soldi la complicità di Virginia Gibson. Poteva anche essere riuscita a nascondere lei e la rossa di Tè per due dietro i rispettivi set. Ma Debbie Reynolds non aveva problemi con l’alcol, e se Alis avesse infilato lei dietro un set, “qualcuno” se ne sarebbe accorto.
Non era il viaggio nel tempo. Era chissà quale tipo di illusione tecnologica che in un modo o nell’altro le aveva permesso di ballare nei film. Nel qual caso, Alis non era svanita per sempre nel passato. Era ancora a Hollywood. E io l’avrei ritrovata.
— Spegniti — dissi al computer. Afferrai la giacca e mi precipitai fuori dalla stanza.
CLICHÉ CINEMATOGRAFICO N. 419: La fuga impedita. L’Eroe/l’Eroina fuggono, riescono quasi a sottrarsi ai cattivi, a eluderli, sono quasi arrivati sani e salvi a casa, poi all’improvviso arriva il cattivaccio e chiede: “Stai andando da qualche parte?”.
VEDERE: La grande fuga , L’Impero colpisce ancora , Intrigo internazionale , Il club dei trentanove.
Hedda era appostata davanti alla porta. Teneva le braccia incrociate e batteva il piede. Rosalind Russell nella parte della madre superiora in Guai con gli angeli.
— Tu dovresti stare a letto — disse.
— Mi sento bene.
— Solo perché l’alcol non è ancora stato espulso del tutto dal tuo corpo. Certa gente impiega più tempo di altra. Hai fatto la pipì?
— Sì — risposi. — A catini. Adesso se vuole scusarmi, infermiera Ratchet…
— Non so dove tu voglia andare, ma di qualunque cosa si tratti può aspettare finché non ti sarai ripulito. — Hedda mi bloccò la strada. — Dico sul serio. Col ridigaine non si scherza. — Mi riportò in stanza. — Tu devi restare qui a riposarti. E comunque, dove stavi andando? A cercare Alis? Perché se fosse così, lei non c’è. Ha smesso di frequentare tutti i corsi e ha lasciato la casa dello studente.
E si è trasferita dal boss di Mayer. Quello Hedda non lo disse. — Non andavo da Alis.
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