Connie Willis - Strani occhi

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Se avete una bella faccia, o un bel paio di gambe, o un seno rifatto, potete entrare nel grande show del 2000. Se avete umiltà e pazienza potete prestare la vostra bocca — o qualunque altra parte del corpo — agli attori famosi del passato, e partecipare al remke elettronico di un capolavoro del cinema. Ma attenti! A Hollywood non interessano gli attori vivi. La loro specialità sono i fantasmi elettronici e i corpi caldi sono in pericolo…
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1996.

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— “Dove” andavi?

Mentire a Hedda è inutile, ma ci provai lo stesso. — In Cenerentola a Parigi c’era Virginia Gibson. Volevo cercare di trovarne una copia.

— Perché non te la fai arrivare via cavo?

— Ci recita Fred Astaire. Per questo ti ho chiesto se la causa sul suo copyright era chiusa. — Le lasciai digerire l’idea per un paio di fotogrammi. — Hai detto che poteva essere una semplice somiglianza. Volevo controllare se sia davvero Alis o solo qualcuno che le assomiglia.

— Allora volevi uscire in cerca di una copia pirata? — Pareva quasi che Hedda mi credesse. — Non mi hai detto che compare in sei musical? Non saranno mica tutti bloccati per dispute legali, no?

— Non ci sono primi piani in Athena e le sette sorelle — le risposi, e pregai che non mi chiedesse perché non avevo fatto un ingrandimento. — E lo sai cosa pensa di Fred Astaire. Se Alis ha ballato in un film, deve avere ballato in Cenerentola a Parigi.

Tutti quei discorsi non avevano senso, visto che in teoria l’idea era trovare qualcosa in cui apparisse Virginia Gibson, non Alis, ma Hedda annuì quando feci il nome di Fred Astaire. — Posso fartene avere una copia io — disse.

— Grazie. Non c’è bisogno che sia digitalizzata. Va bene anche un nastro. — La accompagnai alla porta. — Io resto qui e mi corico e lascio lavorare il ridigaine.

Lei intrecciò di nuovo le braccia.

— Giuro — dissi. — Ti do la mia chiave. Puoi chiudermi dentro.

— Ti metterai a letto?

— Promesso — mentii.

— Non lo farai — disse lei — e lo rimpiangerai. — Sospirò. — Per lo meno non prenderai lo scivolo. Dammi la chiave.

Le passai la tessera.

— Tutte e due — disse lei. Le passai l’altra tessera.

— Sdraiati — disse Hedda, e uscì e mi chiuse dentro.

CLICHÉ CINEMATOGRAFICO N. 86: Chiuso sotto chiave.

Vedere: Giglio infranto , Cime tempestose , Phantom Foe , Ritrovarsi , L’uomo dal braccio d’oro , Il collezionista.

Okay, in ogni caso mi occorrevano altre prove prima di affrontare Alis, e cominciavo a sentire sul serio il mal di testa sul quale avevo bluffato con Hedda. Andai in bagno, eseguii gli ordini, poi mi sdraiai sul letto e richiamai Cantando sotto la pioggia.

Non c’erano indizi rivelatori di trasparenti o ombre di pixel fraudolenti, e il controllo della colonna sonora non svelò livelli irregolari di degradazione. Il che non dimostrava nulla. Io stesso ero in grado di eseguire incollaggi non rilevabili, quando avevo in corpo un quinto del liquore trangugiato dall’ Uomo Ombra di William Powell.

Avevo bisogno di altri dati. Preferibilmente qualcosa di lungo, riprese e inquadrature uniche, ma Fred era ancora conteso in tribunale. Richiamai l’elenco dei musical. Il giorno che ero andato a trovarla, Alis indossava un vestito a gonna larga, un costume d’epoca. Non Meet Me in St. Louis. Aveva detto che in quel film non c’era ballo. Showboat , forse. O Gigi.

Me li guardai tutti e due con l’avanti veloce, in cerca di parasoli e capelli illuminati da dietro, ma impiegai un’eternità, e i fotogrammi accelerati mi davano il capogiro.

— Ricerca globale — dissi, premendomi la mano sugli occhi. — Tutte le routine di ballo. — Poi passai dieci minuti a spiegare al computer cosa fosse una routine di ballo. — Avanti a 40 al secondo — dissi, e partii con Carousel.

Il programma funzionava bene, ma avrebbe sempre richiesto una vita. Mi chiesi se fosse il caso di eliminare il balletto, poi decisi che il computer non poteva sapere cosa fosse il balletto, non più di quanto lo sapesse Hollywood. Così inserii un override.

— All’ordine “Il prossimo, per favore” passa immediatamente alla routine successiva. — E richiamai Vecchia America.

Era un altro festival della dentatura di Doris Day, quindi anche con l’override ci impiegai troppo tempo, ma se non altro potevo dire: “Il prossimo, per favore” appena mi accorgevo che non c’erano vestiti a gonne larghe.

La storia di Vernon e Irene Castle — dissi. No, era un film con Fred Astaire. Le ragazze di Harvey ?

Un’altra scritta in leguleio. Ma tutti quanti si stavano facendo causa? Richiamai il menu e gli diedi un’altra scorsa.

I fidanzati sconosciuti — dissi, e me ne pentii subito. Era un Judy Garland, e Alis aveva ragione, non c’era vero ballo nei film di Judy Garland. Cercai di ricordare che altro avesse detto Alis quella sera nella mia stanza e quali film avesse chiesto. Un giorno a New York.

Nessuno aveva portato quello in tribunale. Però c’era la nemesi di Alis, Gene Kelly, che salterellava in uniforme da marinaio e faceva sembrare tutto così faticoso. — Il prossimo, per favore — dissi, e Ann Miller apparve in un vestito scollato, guance rosee e fisico da Marilyn. Ballava il tip tap in mezzo a scheletri di dinosauro. Sarebbe stato impossibile prenderla per Alis anche col trucco e coi ritocchi digitali, e avevo la sensazione che quella fosse una cosa importante, ma i colpi secchi delle scarpe di Ann mi rimbombavano cupi in testa. Avanzai fino al numero di Meadowville che Alis aveva detto di amare: Vera-Ellen e l’esagitato Gene Kelly in scarpe morbide. Vera-Ellen aveva un fisico molto più simile a quello di Alis, portava anche un nastro nei capelli, ma nemmeno lei era Alis. — Il prossimo, per favore.

Gene Kelly eseguì uno dei suoi balletti ridondanti, Frank Sinatra e Betty Garrett ballarono il tango con un telescopio dell’Empire State Building, e poi apparve Ann Miller, in un abito ancora più scollato, e poi Vera-Ellen. Indossava il giubbetto verde e la gonna nera che Alis portava quella prima sera al party. Mi misi sul chi vive.

Vera-Ellen prese la mano di Gene Kelly e piroettò via dalla macchina da presa. — Fermo immagine — dissi. — Ingrandisci. — I capelli illuminati da dietro erano inconfondibili, e come no, quando tornò a girarsi verso me alla fine della piroetta era Alis. Tendeva la mano e sorrideva deliziata a Gene Kelly.

Chiesi il menu dei film di Vera-Ellen. — Belle of New York — dissi.

Leguleio. Fred Astaire. Idem Tre piccole parole. Alla fine ottenni Preferisco la vacca e lo studiai numero dopo numero, ma Alis non c’era. Dietro tutta la faccenda doveva esserci un altro tipo di logica. Quale? Gene Kelly? Interpretava sia Cantando sotto la pioggia che Un giorno a New York.

Due marinai e una ragazza — dissi.

Le star che affiancavano Gene erano Kathryn Grayson e Jose Iturbi, due nomi non certo famosi per l’abilità nel ballo, quindi non mi aspettavo numeri spettacolari. Non ce n’erano. Gene Kelly ballava con Frank Sinatra, con una fila di marinai, con un topo dei cartoni animati.

Un altro di quei suoi numeri ridondanti, questa volta con uno sfondo animato e Tom Jerry e una quantità di effetti speciali pre-computer grafica; però lui e Tom il Topo ballavano fianco a fianco, con mano e zampa che quasi si toccavano, e nell’insieme l’effetto era piuttosto realistico.

Chiamai Vincent, decisi che non volevo fare registrare la telefonata, annullai il numero. Avrei dato l’anima per escogitare il modo di scoprire dove si fosse appostata Hedda senza aprire la porta.

Non me ne venne in mente nessuno, ma era tutto a posto. Hedda non c’era. Chiusi la porta con la terza tessera nel caso lei fosse tornata, e scesi al party. Vincent stava dando la dimostrazione di un nuovo programma a un trio di stupefatte Marilyn.

— Dategli un ordine — disse Vincent, e indicò lo schermo. Clint Eastwood, in poncho e cappellaccio, stava seduto su una sedia, le mani abbandonate lungo i fianchi come una marionetta stanca. — Forza.

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