«E mi ha chiesto a cosa serviva la trottola.»
«Lei mi ha detto che serviva per andare nella terra incantata, e io ho riposto che una settimana prima avrei affermato che eravamo pazzi… lei per avere detto una cosa simile, e io per averla ascoltata.»
«Però, prima che io entrassi, lei aveva fatto girare la trottola. Mi dica, Crawford, perché l’aveva fatto?»
«Avanti,» insistette il banchiere. «Glielo dica.»
«L’ho detto,» disse Crawford. «Le ho appena detto una ragione.»
Dietro Vickers si aprì una porta. Girò la testa e vide una segretaria che chiamava Crawford con un cenno.
In perfetto orario, pensò. Funzionava tutto come per magia. Ann era al telefono e Crawford veniva chiamato fuori dalla sala, per parlare con lei. Tutto secondo i suoi piani, perché se Crawford era presente il progetto sarebbe stato irrealizzabile.
«Signor Vickers,» disse il banchiere, «la faccenda della trottola m’incuriosisce. Che rapporto può esistere tra una trottola e il problema con cui ci troviamo alle prese?»
«Una specie di analogia,» rispose Vickers. «Vi sono certe differenze fondamentali tra i normali e i mutanti, e io posso spiegarle meglio servendomi di una trottola. Ma prima, vorrei mostrarvi il filmato. Poi vi spiegherò tutto, e voi mi comprenderete meglio. È necessario comprendere totalmente gli aspetti del problema, e la trottola rappresenta, in un certo senso, la migliore analogia e anche il metro di valutazione più esatto.» Lo ascoltavano, curiosi, in parte sconcertati. Erano decisi ad ascoltarlo, perché per la prima volta un mutante veniva a parlare con loro, e malgrado il loro odio e la loro paura non volevano perdere un’occasione che non si sarebbe ripresentata. Il loro dito era metaforicamente puntato sul bottone che avrebbe scatenato la guerra, e non avevano fretta di premere quel bottone, per lo meno pensavano di avere il tempo per premerlo dopo avere ascoltato.
Li aveva incuriositi, dapprima con la sua presenza inattesa, poi con le strane cose che aveva fatto… la proposta di proiettare un film, e l’esibizione di una trottola. Erano curiosi, e la curiosità era il primo, necessario elemento sul quale lui poteva e doveva contare.
«Una volta compreso il problema, la soluzione che porto vi sarà chiarissima. Con il vostro permesso, signori.»
E prese l’astuccio dal tavolo.
«Ma certo,» disse il banchiere. «Faccia pure.»
La sala era attrezzata. Crawford gli aveva indicato la scaletta che portava nella cabina di proiezione, e Vickers la salì, e aprì la porta, prima di entrare.
Il proiettore era pronto. La cabina era attrezzata con strumenti complicatissimi, ma il proiettore era, semplicemente, quello che lui desiderava, e andava bene.
Ora doveva agire in fretta e con sicurezza, perché Ann non avrebbe potuto trattenere molto a lungo Crawford all’apparecchio, e doveva tenerlo fuori dalla sala delle riunioni per almeno cinque minuti. Ann aveva chiesto di lui, e Crawford era stato avvertito della chiamata, e naturalmente era andato a rispondere personalmente, per scoprire che cosa volesse Ann, forse sospettoso di qualche piano dei mutanti… anche se neppure Crawford avrebbe potuto realmente diffidare di un uomo solo che si presentava, disarmato, con una proposta di accordo, nel cuore dell’organizzazione che gli dava la caccia e che combatteva per non permettere a lui e ai suoi simili di prendere, mai, il sopravvento sulla Terra numero Uno.
Cinque minuti, per giocare la sua carta.
Sistemò la pellicola nel rullo, e la fece passare tra le lenti con dita tremanti, l’inserì nella bobina inferiore e poi controllò rapidamente il lavoro svolto.
Sembrava tutto a posto.
Trovò gli interruttori e li accese, e il cono di luce si avventò al di sopra del tavolo delle conferenze, e sullo schermo apparve una trottola dai colori vivaci, che roteava, con le strisce che salivano e sparivano, salivano e sparivano…
Il commento del filmato disse: Ecco una trottola, un giocattolo molto semplice che tuttavia presenta una delle illusioni più sconcertanti…
Le parole erano quelle esatte, Vickers lo sapeva. Gli esperti robot avevano scelto le parole esatte, intessendole in rapporti esatti, con l’esatta inflessione, in modo da conferire loro il massimo valore semantico. Le parole avrebbero incatenato gli spettatori, fissando la loro attenzione sulla trottola, mantenendovela dopo pochi secondi.
Vickers scese lentamente le scale e si accostò alla porta. Se Crawford fosse tornato, avrebbe potuto trattenerlo fino a quando il lavoro si fosse compiuto.
Il commento disse: Ora, se osservate attentamente, vedrete che le linee colorate sembrano salire su per il corpo della trottola e scomparire. Un bambino, guardando le linee colorate, potrebbe chiedersi dove vanno a finire, e potrebbe chiederselo chiunque…
Cercò di contare i secondi: parevano trascinarsi, interminabili.
La colonna sonora disse: Osservate attentamente, adesso… osservate attentamente… salgono e spariscono… salgono e spariscono… salgono e spariscono…
C’erano meno uomini intorno al tavolo, adesso, soltanto due o tre, e osservavano così attentamente che non avevano visto sparire gli altri. Forse quei due o tre sarebbero rimasti. Tra tutti, quei due o tre erano i soli che non erano dei mutanti ignari.
Vickers aprì la porta, senza fare rumore, sgattaiolò fuori e chiuse la porta alle sue spalle.
L’uscio smorzò la voce sommessa del commento: salgono e spariscono… osservate attentamente… salgono e spariscono…
Crawford stava avanzando pesantemente nel corridoio.
Vide Vickers là fuori, che lo aspettava, e si fermò. Nei suoi occhi apparve immediatamente una luce di allarme.
«Che cosa vuole?» domandò. «Perché è qui fuori?»
«Voglio rivolgerle una domanda,» disse Vickers. «Quando eravamo là dentro, lei non mi ha risposto. Forse mi risponderà adesso. Perché ha fatto girare la trottola, quella notte?»
Crawford scrollò il capo.
«Non capisco, Vickers. Non ha senso, ma una volta anch’io sono entrato in quella terra incantata. Proprio come lei, quand’era bambino. L’ho ricordato dopo avere parlato con lei. Forse proprio perché avevo parlato con lei. Ho ricordato che una volta mi ero seduto sul pavimento, a guardare la trottola che girava, e mi chiedevo dove andavano a finire le strisce… che salgono e spariscono, salgono e spariscono, e poi un’altra sale e sparisce, e così via. Mi chiedevo dove finivano, e me lo chiedevo con tanta intensità, ero così interessato, che devo averle seguite, perché all’improvviso mi sono trovato in una terra incantata, e c’erano tanti fiori; e ho colto un fiore, e quando sono tornato indietro avevo ancora il fiore, e così ho capito che ero stato davvero nella terra incantata. Vede, era inverno e non c’erano fiori, e quando ho mostrato il fiore a mia madre…»
«Basta così,» l’interruppe Vickers. C’era un’euforia improvvisa, un’attonita esultanza, nella sua voce. «Mi basta. Non dica altro.»
Crawford lo fissò.
«Non mi crede? Dopotutto, è capitato anche a lei. Non so… forse è questo uno dei motivi che mi hanno indotto a risparmiarla, Vickers. Questo strano ricordo che mi ha fatto ritornare alla mente… forse per questo ho dato l’ordine di usare i gas, e di non ucciderla, e…»
«Non c’è bisogno che lei mi spieghi altro,» disse Vickers. «Le credo.»
«Che cosa le succede, Vickers?»
«Niente,» fece Vickers. «Niente, niente.»
Non era Ann Carter, dunque!
Lui e Flanders e Crawford… erano loro i tre che avevano preso vita dal corpo di Jay Vickers!
E Ann?
Ann aveva in sé la vita di quella ragazza che aveva passeggiato nella valle insieme a lui… la ragazza che lui ricordava come Kathleen Preston, ma che aveva avuto un altro nome. Perché Ann ricordava la valle, ricordava di avere passeggiato nella valle, in primavera, con qualcuno al suo fianco.
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